Cass. pen., sez. II, sentenza 23/01/2023, n. 02677
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Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C A nato a Acireale il 24/07/1972 avverso la sentenza del 30/01/2019 della Corte di Appello di Messina. visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere E C;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore G R che chiesto l'annullamento senza rinvio per sopravvenuta prescrizione. RITENUTO IN FATTO 1. A C, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Messina, in data 30 gennaio 2019, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 7 aprile 2016, dal Tribunale di Messina, ha dichiarato l'estinzione del reato di cui all'art. 640 cod. pen. per sopravvenuta prescrizione e condannato il C alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in relazione al reato di cui all'art. 648 cod. pen. 2. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo di impugnazione, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., l'erronea applicazione degli artt. 648 cod. pen., 192 e 530 cod. proc. pen. nonché la carenza assoluta di motivazione in ordine alla commissione da parte dell'imputato del reato di ricettazione. Secondo il ricorrente la Corte territoriale ha ignorato la doglianza avanzata con i motivi di appello secondo cui manca la prova che l'imputato abbia mai consegnato un assegno di provenienza delittuosa alla persona offesa, in quanto detto titolo di credito non è mai stato acquisito agli atti né risulta mai denunciato o smarrito. Anche l'ulteriore doglianza addotta con l'atto di appello (impossibilità di ricollegare i beni venduti dalla persona offesa all'imputato desumibile dal fatto che la merce è stata consegnata a tale MARLETTA Carmine e dal fatto che la fattura è stata intestata a MESSINA Rosario) non è stata tenuta in conto dalla Corte di merito. I giudici di appello non hanno valutato e confutato le doglianze difensive limitandosi ad affermare in modo apodittico la penale responsabilità del C ed hanno, inoltre, travisato i motivi di appello affermando che la difesa non avrebbe contestato la ricostruzione del fatto, affermazione che trova smentita nella mera lettura della pagina 4 dell'atto di appello. La motivazione è erronea laddove afferma che la mancata acquisizione agli atti dell'assegno asseritamente consegnato alla persona offesa è «irrilevante», affermazione del tutto illogica in quanto in assenza del titolo di credito non può parlarsi di alcuna condotta di ricettazione. 3. Il ricorrente lamenta, con il secondo motivo di impugnazione, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., l'erronea applicazione degli artt. 648, comma 2, cod. pen., 516 e 521 cod. proc. pen. nonché la carenza assoluta di motivazione in ordine alla richiesta di riqualificazione giuridica della condotta nella fattispecie attenuata di cui all'art. 648, comma 2, cod. pen. I giudici di appello non hanno valutato e confutato in alcun modo il motivo di appello con cui la difesa richiedeva detta riqualificazione in considerazione della mancanza di prova del danno subito dalla persona offesa non costituitasi parte civile.
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