Cass. pen., sez. III, sentenza 16/12/2022, n. 47687

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 16/12/2022, n. 47687
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 47687
Data del deposito : 16 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da C G L, nato a Milano il 31/05/1962 avverso la sentenza del 14/12/2021 del G.i.p. Tribunale di Novara visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere G F R;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria difensiva depositata nell'interesse del ricorrente dall'avv. P B, la quale ha richiesto l'annullamento della sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 14 dicembre 2021, il G.i.p. del Tribunale di Novara ha applicato a G L C la pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, sostituita nella corrispondente pena pecuniaria di 12.000 Euro di multa, per il reato di cui all'art. 10 bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, commesso in data 31 ottobre 2019, disponendo altresì la confisca del profitto di reato nei confronti della M & Z Rubinetterie Spa o, in caso di incapienza, sui beni nella disponibilità dell'imputato sino alla concorrenza della somma di C 818.315,10. 2. Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendoo, con il primo motivo, l'illegalità della misura di sicurezza della confisca del profitto del reato, non oggetto dell'accordo. In particolare — si lamenta - il giudice non aveva specificato le ragioni della determinazione della somma da confiscare, né l'esistenza di eventuali acconti che il contribuente avesse versato o si fosse impegnato a versare, e non aveva tenuto conto del fatto che la società, a seguito di presentazione di domanda di concordato preventivo, era stata dichiarata fallita con sentenza 17 marzo 2020. 3. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole dell'erronea qualificazione giuridica del reato ritenuto in sentenza, nella cui motivazione si attesta che il fatto era consistito in "un'erronea indicazione dei dati riconducibili alla dichiarazione fiscale da cui conseguirebbe il mancato superamento delle somme dovute".

4. Il procedimento, in prima battuta assegnato alla Settima sezione di questa Corte per ritenuta inammissibilità del ricorso e trattato all'udienza dello scorso 15 luglio, è stato riassegnato a questa Terza sezione dopo che la Corte costituzionale, con sent. n. 175/2022, deposita il 14 luglio 2022, ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale della disposizione incriminatrice. La Procura generale presso questa Corte, senza considerare l'avvenuta declaratoria di legittimità costituzionale, ha chiesto respingersi il ricorso. La difesa dell'imputato, con memoria depositata, ha invece richiesto, alla luce dell'intervenuta pronuncia, l'annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sent. n. 175 del 26 maggio/14 luglio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, lett. b), d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 (recante, Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23) - nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell'art. 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, e dello stesso art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» e, in via consequenziale, dell'art. 7, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 158 del 2015, e dell'art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole «dovute o» contenute nella rubrica della disposizione.

1.1. Dopo aver ripercorso le vicende normative concernenti gli illeciti, amministrativi e penali, configurati a carico del sostituto d'imposta a partire dall'organica revisione del sistema sanzionatorio penale tributario operato con d.l. 10 luglio 1982, n. 429, conv., con modiff., dalla I. 7 agosto 1982, n. 516, la Corte costituzionale ha preso atto che, a seguito dell'intervenuta depenalizzazione delle relative condotte, con l'art. 1, comma 414, I. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il legislatore, inserendo l'art. 10 bis nel corpo del d.lgs. 74/2000, ha reintrodotto, a certe condizioni, la rilevanza penale dell'omesso versamento di ritenute d'imposta certificate, lasciando invece immuni da sanzione penale i casi di mancato versamento all'erario di ritenute che non fossero state certificate. Tale disposizione, infatti, così recitava: «È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta». A seguito della delega contenuta nell'art. 8 I. n. 23 del 2014, contenente i principi dettati con riguardo alla revisione del sistema sanzionatorio in materia di ordinamento tributario, l'art. 7, comma 1, lett. a) e b), del d.lgs. n. 158 del 2015 ha modificato la previsione di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, rispettivamente nella rubrica e nella descrizione della fattispecie, stabilendo la sanzione penale nei limiti edittali previgenti per «chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta». In sostanza, al di là dell'aumento della soglia di punibilità, il legislatore delegato del 2015 ha esteso la fattispecie di reato all'omesso versamento delle ritenute d'imposta, purché risultanti dalla dichiarazione, anche se non certificate, ciò che in precedenza costituiva invece soltanto illecito amministrativo.

1.2. Dando altresì atto del contrasto interpretativo sviluppatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità sull'originaria disposizione penale, circa la possibilità o meno di desumere la prova del rilascio delle certificazioni dalla mera dichiarazione fiscale presentata dal sostituto d'imposta, e del fatto che la relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo concernente la revisione del sistema sanzionatorio tributario attestava che l'intervento sull'art. 10-bis d.lgs. 74/2000 aveva lo scopo di chiarire la portata dell'omesso versamento delle ritenute operate dal sostituto d'imposta, la Corte costituzionale ha tuttavia ritenuto che il legislatore delegato del 2015 non avesse il potere di reintrodurre la rilevanza penale dell'omesso versamento di ritenute non certificate. Si è quindi riconosciuto il contrasto delle citate norme con gli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., non essendo la modifica - della rubrica e della fattispecie - consentita alla luce dei principi e dei criteri direttivi della delega legislativa. Nella stessa sent. n. 175/2022, la Corte costituzionale ha avuto cura di precisare, per quanto qui interessa, che «per effetto della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale viene ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché da una parte l'integrazione della fattispecie penale dell'art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate;
dall'altra il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c'è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amministrativo tributario».

2. Nella sentenza qui impugnata, all'imputato odierno ricorrente è stato contestato, successivamente alla modifica della norma incriminatrice fatta oggetto della parziale declaratoria d'illegittimità costituzionale, di aver omesso «di versare, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta, ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione relativi ad emolumenti erogati nell'anno d'imposta 2018». Come si vede, la condotta imputata è riconducibile all'ambito di operatività che la fattispecie incriminatrice aveva prima della parziale declaratoria d'illegittimità costituzionale ed è stata formulata in relazione alla lettera della disposizione penale oggi caducata con effetto ex tunc, vale a dire per un fatto non più previsto dalla legge come reato. Anche a prescindere dal giudizio sull'ammissibilità del ricorso - le cui questioni risultano assorbite - la sentenza impugnata dev'essere pertanto annullata, posto che neppure l'eventuale inammissibilità del ricorso impedisce di rilevare, ( eventualmente anche d'ufficio, la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta (cfr. Sez. 2, n. 48552 del 10/09/2018, Barsotti, Rv. 274241;
Sez. 5, n. 8735 del 05/12/2017, dep. 2018, Belgrado, Rv. 272511).
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