Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/09/2006, n. 20322
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La cognizione dell'impugnazione - nella specie, da parte dell'E.N.P.A.F. (nella sua precedente veste di ente previdenziale pubblico titolare di patrimonio immobiliare) - dei decreti ministeriali con i quali sono stati individuati gli immobili degli enti previdenziali da dismettere ai sensi dell'art. 7 d.l. 28 marzo 1997, n. 79, conv. nella legge 28 maggio 1997, n. 140, sulla scorta dell'attuazione della delega di cui all'art. 2 del d. lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché tali provvedimenti costituiscono espressione di un potere autoritativo a fronte del quale gli enti pubblici proprietari degli immobili sono titolari di interesse legittimo, ragion per cui le relative controversie non possono che essere attribuite alla giurisdizione del suddetto giudice, in relazione al disposto generale di cui all'art. 103, comma primo, Cost. .
Per effetto della nuova formulazione dell'art. 5 cod. proc. civ. (conseguente alla sua sostituzione ad opera dell'art. 2 della legge n. 353 del 1990) il momento determinativo della giurisdizione va fissato non soltanto con riguardo allo stato di fatto esistente al tempo della proposizione della domanda (come sancito dalla norma nella sua precedente versione), ma anche con riferimento alla legge vigente in quel momento, senza che possano, successivamente, rilevare i mutamenti tanto dello stato di fatto quanto delle norme (eventualmente) sopravvenute, dovendosi ritenere esteso anche allo "ius superveniens" il principio della "perpetuatio" della giurisdizione, in precedenza non applicabile ai mutamenti di diritto modificativi di essa, ovvero incidenti, in qualche misura, sui suoi criteri determinativi. Con tale previsione il legislatore ha inteso, in realtà, perseguire l'obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base alla legge applicabile al momento della proposizione della domanda giudiziale, sottraendola a successive diverse scelte legislative, senza peraltro incidere sul più generale principio dell'immediata operatività, in materia processuale, della legge sopravvenuta (pure con riguardo alla giurisdizione), quando valga invece a radicare la giurisdizione presso il giudice dinanzi al quale sia stato comunque già promosso il giudizio.
L'art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dall'art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205, contiene disposizioni relative ai "giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa", per come è desumibile dalla parte iniziale dello stesso articolo e confermato dalla rubrica del citato art. 4: esso, pertanto, non contiene norme sulla giurisdizione del giudice amministrativo (invero previste negli artt. 6 e 7 della menzionata legge n. 205 del 2000), ma disciplina un rito speciale che presuppone la sussistenza della giurisdizione amministrativa, con la conseguenza che, trattandosi di disposizione incidente sul rito processuale (e non sulla giurisdizione), da essa non può derivare alcuna modifica ai normali criteri di riparto tra le giurisdizioni.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. PRESTIPINO Giovanni - Presidente di sezione -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Ettore - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
E.N.P.A.F. - ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI FARMACISTI, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PIERLU DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell'avvocato AR PROSPERETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GI RIZZA, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
A.N.I.E. - ASSOCIAZIONE NAZIONALE INQUILINI NP, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 13, presso lo studio dell'avvocato ARTURO GIALLOMBARDO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
BE AR ANN, IN AP LA, nella qualità di erede di IN AP AR, entrambe elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell'avvocato PIETRO ANTONUCCIO, che le rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
contro
ASSOCIAZIONE DEGLI ENTI PREVIDENZIALI PRIVATIZZATI, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 79, presso lo studio dell'avvocato OB CIOCIOLA, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
nonché contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, MINISTERO DEECONOMIA E DELLE FINANZE, MIGLIAZZA, VA IA, AZ NA NN, CO VE, MA AU, NE LU, DI FA GI, GR LU, VI DO, SS PA, AR AD, NA LI, IN RA, AN UM, TT AU, DO DEAC SUSNN, AN VA, RU RO, AN VI, RG ER, INCERTI AR AR, AL FA, MA DO, AL CE, CNNSIO RI, JÀ AN VA, CA TI, CA AR, FO LV, LI GA, UC OB, TI NT, TI IA IS, MA ER, SI GI, CONFALONIERI AN, ER IA, OL GI, AN RA, ER AU, IE RI, RA RU, OI AN FL, TA EO, DE EP, FA CO, AZ IS, FO FU, TA CH, BA NI, SA IA, LO, AN OB, OR IV, ZO IA ND, DA CONSEICAO VA AR IA, SE.ST.RI. S.R.L., MHMYWAY S.R.L., VIOLA OSCAR, NA IN, LA RI, NA CO, RE AD, SIA S.R.L., S.R.D. S.R.L., ADAMS S.R.L., RIGEST S.R.L.;
- intimati -
avverso la decisione n. 3268/03 del Consiglio di Stato di ROMA, depositata il 06/06/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/06/06 dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni;
uditi gli avvocati Marco PROSPERETTI, Roberto CIOCIOLA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso, A.G.A. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L'E.N.P.A.F. (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Farmacisti) con ricorso del 20 dicembre 2000 impugnava per vizi di legittimità dinanzi al TAR per il Lazio i decreti del 16 marzo 2000 e del 27 settembre 2000 con i quali il Ministro del Lavoro ed il Ministro del Tesoro avevano individuato gli immobili degli enti previdenziali da dismettere ai sensi del D.L. 28 marzo 1997, n.79, art. 7, conv. in L. 28 maggio 1997, n. 140, nonché il D.M. 19 ottobre 2000, con cui era stato approvato il disciplinare per
l'espletamento delle gare e lo schema tipo del contratto di vendita, ed anche, con motivi aggiunti, il D.M. del 31 gennaio 2001 con cui era stato approvato l'avviso d'asta per l'alienazione
degli immobili.
L'adito TAR, con sentenza n. 2527 del 16 ottobre 2001, respingeva il ricorso.
2. L'NP proponeva appello.
L'Associazione degli enti previdenziali privatizzati (AdEPP) svolgeva intervento adesivo in appello.
L'Associazione nazionale degli inquilini NP (IE) proponeva appello incidentale per essere stato dichiarato inammissibile il suo intervento in primo grado.
Si costituivano anche alcuni inquilini dell'NP. Con sentenza n. 3268 del 6 maggio 2003-8 giugno 2003 il Consiglio di Stato, sez. VI, ha respinto l'appello. In particolare ha affermato che sussisteva la giurisdizione amministrativa perché l'individuazione degli immobili degli enti previdenziali da dismettere, i procedimenti da seguire ed i criteri applicabili costituivano esercizio del potere autoritativo e discrezionale dei Ministri competenti e quindi la posizione soggettiva dell'NP era di interesse legittimo. Osservava poi ancora il Consiglio di Stato che i decreti del 16 marzo e del 27 settembre 2000 erano stati emessi prima della trasformazione dell'NP (avuto riguardo al provvedimento di approvazione del suo statuto emesso dal Ministero del Lavoro di concerto con il Ministro del Tesoro) in fondazione, e quindi esso aveva ancora la natura di ente previdenziale pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994. Considerava poi il Consiglio di Stato che lo jus superveniens, costituito dal D.L. n. 351 del 2001, conv. in L. n. 410 del 2001, non riguardava l'NP e non aveva inciso sulla previgente disciplina, come emergeva dal suo art. 3, comma 20, che aveva mantenuto ferme le precedenti disposizioni da cui erano sorti i rapporti giuridici in questione.
Osservava ulteriormente che in precedenza il D.Lgs. n. 104 del 1996 e la L. n. 140 del 1997 non avevano attribuito alcuna
rilevanza alla trasformazione in persona giuridica privata degli enti previdenziali pubblici successiva a i provvedimenti di dismissione dei loro beni, mentre la citata normativa del 2001 era inapplicabile perché i destinatari erano gli enti ancora previdenziali e non quelli nel frattempo trasformati in privati.
3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'NP con due motivi, illustrati anche con memoria.
Resiste l'IE (Associazione nazionale inquilini EMPAF) con controricorso.
Resistono BE BA AN e ET AP RL, nella qualità di erede di ET AP RL, entrambe parti appellate nel giudizio innanzi al Consiglio di Stato unitamente a numerosi altri conduttori di immobili dell'NP.
Resiste l'Associazione degli enti previdenziali privatizzati aderendo al ricorso dell'NP ed ha altresì presentato memoria. I Ministeri intimati non hanno svolto difesa alcuna. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in due motivi.
Con il primo motivo l'NP denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 2, all. E, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 26 e 48, e L. 6 dicembre 1971, n.1034, art. 36, deducendo che il petitum sostanziale
dell'originario ricorso introduttivo del giudizio innanzi al T.A.R. per il Lazio era la sottrazione del patrimonio immobiliare alle procedure di dismissione e quindi l'assoluta carenza di potere della p.a. Inoltre sostiene non sussistere la giurisdizione esclusiva di cui alla L. n. 205 del 2000, art. 4, riguardante i procedimenti di dismissione o privatizzazione di imprese. Con il secondo motivo denuncia ulteriormente la violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 2, all. E, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 26 e 48, e L. 6 dicembre 1971, n.1034, art. 36, nonché dei principi sul procedimento
amministrativo.
Deduce che con il D.L. n. 351 del 2001, conv. in L. n. 410 del 2001, è stato ridisegnato il sistema delle dismissioni del
patrimonio immobiliare degli enti pubblici nel senso che gli immobili ricompresi nei programmi di dismissione straordinaria di cui alla L. n. 140 del 1997, art. 7, e gli immobili invenduti fino al 31 ottobre 2001 sono alienati con le modalità indicate nel decreto (art. 3, comma 10), in attuazione del quale è stato emanato il D.M. 30 novembre 2001, dal cui allegato si evince che l'NP, a quella data ormai privatizzato, non era tra gli enti ivi individuati;
conseguentemente l'NP non aveva obblighi di dismissione, neppure del patrimonio invenduto al 31 ottobre 2001 e compreso nel programma straordinario. Pertanto - ritiene il ricorrente - non sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo per abrogazione implicita della precedente normativa che fondava il potere della p.a. con conseguente venir meno degli obblighi dismissivi.
2. Il primo motivo di ricorso, pur nella sua assoluta ermeticità, contiene due profili espressi nelle due uniche brevi proposizioni di cui si compone.
Con la prima sintetica affermazione l'ente ricorrente sostiene che il petitum sostanziale dell'originario ricorso al T.A.R. era la sottrazione del patrimonio immobiliare dell'NP alle procedure di dismissione "e quindi la denuncia di una radicale carenza di potere dell'Amministrazione". Erroneamente pertanto - prosegue la difesa del ricorrente - il Consiglio di Stato ha ritenuto che la questione avesse ad oggetto interessi legittimi dell'ente. Si sostiene in sostanza che gli atti impugnati (i quattro decreti ministeriali sopra citati) erano da considerare - non già meramente illegittimi - bensì, più radicalmente, emessi in assoluta carenza di potere nella parte in cui si riferivano agli immobili dell'NP. La conseguenza quindi sarebbe che il giudice amministrativo, privo di giurisdizione in situazioni di assoluta carenza di potere, male avrebbe fatto a pronunciarsi nel merito della legittimità degli impugnati decreti ministeriali laddove avrebbe dovuto invece riconoscere la denunciata situazione di assoluta carenza di potere e quindi declinare la sua giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario.
3. Va preliminarmente rilevato che il motivo di ricorso, quanto a questo primo profilo, è ammissibile.
È vero che dalla stessa narrativa dell'impugnata sentenza del Consiglio risulta che con l'iniziale ricorso al T.A.R. per il Lazio l'ente ricorrente ha dedotto - non già l'assoluta carenza di potere - bensì l'illegittimità dei decreti ministeriali per violazione di legge ed eccesso di potere. Ed anche nell'atto d'appello l'ente ricorrente ha contestato l'esattezza della valutazione del TAR per il Lazio che aveva rigettato il ricorso, ma non ha dedotto innanzi al Consiglio di Stato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ossia di quel giudice che l'ente