Cass. pen., sez. I, sentenza 30/06/2022, n. 24940
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: I O M, nato in SOMALIA il 01/10/1998 avverso la sentenza del 17/03/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di BARIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere T L;
letta la requisitoria del Procuratore generale, M D N, la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/3/2021 la Corte di Assise d'appello di Bari ha confermato la sentenza del 12/5/2020 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato I O M alla pena di anni otto e mesi otto di reclusione per il delitto ex art. 270 bis cod. pen., perché ritenuto partecipe dell'associazione con finalità di terrorismo internazio- nale denominata Daesh/Isis, in qualità di componente armato di quell'ala di tale gruppo terroristico di matrice jihadista operante nel Centro Africa (Capo A);
e per gli ulteriori delitti, avvinti in continuazione, ex art. 302 cod. pen.: istigazione a commettere delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato (capo B), con finalità di terrorismo;
delitto di cui all'art. 414, commi 3 e 4, cod. pen.: apologia di reato commessa attraverso strumenti informatici o telematici (capo C);
delitto di tentate lesioni (capo D) aggravate da finalità di terrorismo e di odio religioso. Fatti accertati in Bari e altri luoghi, quanto alla partecipazione associativa dal novembre 2016 con permanenza.
1.1. Riepilogati i caratteri distintivi del delitto ex art. 270 bis cod. pen., l'impugnata sentenza ha illustrato i tratti di concreta adesione dell'imputato all'associazione internazionale Daesh - Isis, pur connotata dalla non necessità di una esplicita accettazione del nuovo partecipe da parte del nucleo associativo centrale, né necessitante di una conoscenza diretta degli esponenti del Califfato, essendo sufficiente la dimostrazione di un "contatto operativo" dell'aderente, che si inserisca nella struttura a rete tipica di tale associazione, la quale consta di vari snodi ed articolazioni disseminati in vari Stati.
1.2. Si è dunque ritenuta provata tale partecipazione dell'I in base ai contenuti di alcune intercettazioni telefoniche in cui l'imputato, conversando con vari interlocutori, affermava che gli attentati dovevano organizzarsi in modo da non colpire persone musulmane, dunque in luoghi con presenza di soli cristiani, individuando il giorno ideale nel 25 dicembre, ed informandosi su quale fosse la Chiesa cristiana più grande al mondo. La concretezza di tali propositi emergeva dalla telefonata del 9/12/2018, rivolta ad organizzare qualcosa per il successivo 27 dicembre, anche se l'interlocutore affermava di non avere ancora preparato niente. Da altre comunicazioni dell'I emergevano le precauzioni che altri accoliti gli consigliavano di tenere, come il cambio del cellulare e la rarefazione dei contatti telefonici, accortezze che egli considerava e seguiva, a riprova della concreta partecipazione svolta in seno all'associazione, e della sua appartenenza alla Madrasa Nabi Yusuf. Inoltre, era risultato che l'imputato aveva inviato la somma di cento dollari a Nairobi, in Kenia, in favore di A Abdullahi sQr( Hassan, per partecipare ad una raccolta di fondi per pagare la cauzione per un amico arrestato, somma ingente a fronte di un reddito lavorativo di appena 300 dollari mensili. Ancora, nella chat del 15/3/2017, I aveva chiesto notizie sullo Stato Islamico in Siria ed aveva sollecitato l'interlocutore ad unirsi all'Isis, assicurando altresì che egli non avrebbe rivelato ai servizi segreti turchi di sostenere lo Stato islamico qualora lo avessero intercettato o fermato. La pianificazione di attentati era confermata dalla visione di filmati dedicati alla preparazione di ordigni esplosivi, che l'imputato aveva rinvenuto nel c.d. deep web, in un portale interamente dedicato alla raccolta di materiali propagandistici dello Stato Islamico, al quale è possibile accedere soltanto mediante un broswer TOR, con chiave di accesso informatico riservata. 1.3. È stata confermata la condanna anche per i delitti sub capi B) e C), entrambi ritenuti non assorbiti dalla fattispecie associativa, poiché posti a garanzia di differenti oggettività giuridiche, riguardando il delitto ex art. 270 bis cod. pen. la tutela della personalità dello Stato, mentre l'istigazione a delinquere di cui all'art. 302 cod. pen. e l'apologia di reato ex art. 414, commi 3 e 4, cod. pen. la tutela dell'ordine pubblico. Per entrambi i delitti si è ravvisata la certa responsabilità dell'imputato, nel primo caso desunta dall'attività di indottrina- mento svolta nei confronti di tale S M, cittadino albanese, al quale I aveva cercato di inculcare i precetti islamici per indurlo all'attivismo ideologico, con ricorso alla violenza e all'impiego della milizia combattente, il c.d. Jihad armato;
nel secondo caso si è valorizzata la pubblicazione sul profilo FB dell'imputato delle fotografie di alcuni martiri - cioè autori di attentati, morti nel loro corso - in atteggiamento sorridente, c.d. "bassamat al farah", a significare che nella morte virtuosa essi avevano visto il Paradiso musulmano. 1.4. È stata confermata la responsabilità dell'imputato anche per le tentate lesioni per finalità di terrorismo in danno di un ignoto passante, al quale I si era avvicinato armato di una bottiglia di vetro, senza riuscire a colpirlo poiché l'uomo era scappato gridando "aiuto", episodio accaduto a Bari, nei pressi della stazione ferroviaria, nelle festività natalizie tra il 2017 e il 2018. 1.5. Infine, è stata confermata l'aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 61 bis cod. pen., rilevando che detta aggravante può accedere a qualsiasi delitto (che risponda ai limiti edittali fissati dalla norma), alla cui commissione abbia contribuito un gruppo dedito ad attività criminali operante a livello internazionale. Infatti, l'imputato è originario della Somalia ed aveva collegamenti con altri soggetti aderenti all'Isis che si trovavano in Danimarca, Kenia e Somalia.
2. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. Vittorio Platì, avanzando dieci motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione, ritenuta contraddittoria con riferimento al reato di cui all'art. 270 bis cod. pen. Osserva il ricorrente che la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità dell'I in ragione del contatto operativo, ancorché flessibile, con l'organizzazione, la quale aveva consapevolezza, anche se indiretta, della sua adesione, ma tale consapevolezza indiretta non si concilia con il necessario ruolo concreto nell'organigramma criminale, né si concilia con i principi dettati dalla esegesi di legittimità in ordine al rapporto biunivoco tra singolo e struttura.
2.2. Erronea applicazione di legge penale con riferimento all'art. 270 bis cod. pen. Il ricorrente censura il ragionamento seguito dalla Corte territoriale per ritenere la partecipazione associativa, in quanto violerebbe i principi regolatori della materia, nella parte in cui è necessario che la condotta del singolo si innesti nella struttura organizzata, e sia espressiva dell'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma, con la creazione di un effettivo contatto operativo, che costi- tuisca un legame biunivoco consapevole tra la struttura ed il singolo. L'impugnata sentenza ha invece erroneamente teorizzato la sufficienza di un contatto operativo "flessibile" con l'organizzazione, e la consapevolezza "indiretta" o mediata dall'uso di strumenti informatici dell'adesione dell'imputato, così violando i canoni fissati dall'esegesi di legittimità per individuare un'adesione associativa che sia rispettosa del principio di materialità della condotta e non attribuisca rilevanza penale a meri atteggiamenti interiori o a condotte passive di informazione tramite web.
2.3. Ulteriore profilo di violazione di legge, riferito all'individuazione del delitto ex art. 270 bis in rapporto all'art. 115 cod. pen., si rileva nella valoriz- zazione del proposito dell'imputato di mettere bombe in tutte le chiese, nonché del proposito di recarsi in Siria, intenzioni che non potrebbero ritenersi rilevanti in mancanza di successivi atti idonei: invero, il mero proposito rileva solo se accompagnato dalla idoneità dell'associazione o del singolo a portare a compi- mento atti di violenza. Erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che dal contenuto intercettivo emergesse la concretezza dei propositi dell'I, essendo mancato il passaggio intermedio che - anche in un reato di pericolo presunto come quello in discorso - è necessario per adeguarsi al principio di necessaria offensività della condotta, cioè la predisposizione di mezzi idonei che siano potenzialmente in grado di concretizzare il proposito del compimento di atti di violenza connotati da finalità di terrorismo o di eversione.
2.4. Violazione di legge per erronea applicazione dell'aggravante ex art.61 bis cod. pen. L'impugnata sentenza ha individuato detta aggravante confondendo il contributo di un gruppo criminale transnazionale con l'operatività transfrontaliera del gruppo;
inoltre ha impropriamente valorizzato la provenienza dell'imputato dalla Somalia e la consultazione di siti dello Stato islamico al fine di realizzare i propositi di attentati a Roma. La corretta interpretazione dell'aggravante ex art. 61 bis cod. pen. risiede invece nella considerazione del contributo alla commissione del reato da parte di un gruppo transnazionale, a prescindere dalla provenienza territoriale dei partecipi, e tale contributo deve apprezzarsi in termini di concorso nel reato, secondo i criteri dell'art. 110 cod. pen.
2.5. Vizio di motivazione, ritenuta mancante in relazione agli artt. 270 bis e 270 sexies cod. pen., per essere stata omessa la trattazione dell'elemento soggettivo del reato, con riguardo al contenuto specificante dell'art. 270 sexies cod. pen., che ha chiarito che la finalità
udita la relazione svolta dal Consigliere T L;
letta la requisitoria del Procuratore generale, M D N, la quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17/3/2021 la Corte di Assise d'appello di Bari ha confermato la sentenza del 12/5/2020 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato I O M alla pena di anni otto e mesi otto di reclusione per il delitto ex art. 270 bis cod. pen., perché ritenuto partecipe dell'associazione con finalità di terrorismo internazio- nale denominata Daesh/Isis, in qualità di componente armato di quell'ala di tale gruppo terroristico di matrice jihadista operante nel Centro Africa (Capo A);
e per gli ulteriori delitti, avvinti in continuazione, ex art. 302 cod. pen.: istigazione a commettere delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato (capo B), con finalità di terrorismo;
delitto di cui all'art. 414, commi 3 e 4, cod. pen.: apologia di reato commessa attraverso strumenti informatici o telematici (capo C);
delitto di tentate lesioni (capo D) aggravate da finalità di terrorismo e di odio religioso. Fatti accertati in Bari e altri luoghi, quanto alla partecipazione associativa dal novembre 2016 con permanenza.
1.1. Riepilogati i caratteri distintivi del delitto ex art. 270 bis cod. pen., l'impugnata sentenza ha illustrato i tratti di concreta adesione dell'imputato all'associazione internazionale Daesh - Isis, pur connotata dalla non necessità di una esplicita accettazione del nuovo partecipe da parte del nucleo associativo centrale, né necessitante di una conoscenza diretta degli esponenti del Califfato, essendo sufficiente la dimostrazione di un "contatto operativo" dell'aderente, che si inserisca nella struttura a rete tipica di tale associazione, la quale consta di vari snodi ed articolazioni disseminati in vari Stati.
1.2. Si è dunque ritenuta provata tale partecipazione dell'I in base ai contenuti di alcune intercettazioni telefoniche in cui l'imputato, conversando con vari interlocutori, affermava che gli attentati dovevano organizzarsi in modo da non colpire persone musulmane, dunque in luoghi con presenza di soli cristiani, individuando il giorno ideale nel 25 dicembre, ed informandosi su quale fosse la Chiesa cristiana più grande al mondo. La concretezza di tali propositi emergeva dalla telefonata del 9/12/2018, rivolta ad organizzare qualcosa per il successivo 27 dicembre, anche se l'interlocutore affermava di non avere ancora preparato niente. Da altre comunicazioni dell'I emergevano le precauzioni che altri accoliti gli consigliavano di tenere, come il cambio del cellulare e la rarefazione dei contatti telefonici, accortezze che egli considerava e seguiva, a riprova della concreta partecipazione svolta in seno all'associazione, e della sua appartenenza alla Madrasa Nabi Yusuf. Inoltre, era risultato che l'imputato aveva inviato la somma di cento dollari a Nairobi, in Kenia, in favore di A Abdullahi sQr( Hassan, per partecipare ad una raccolta di fondi per pagare la cauzione per un amico arrestato, somma ingente a fronte di un reddito lavorativo di appena 300 dollari mensili. Ancora, nella chat del 15/3/2017, I aveva chiesto notizie sullo Stato Islamico in Siria ed aveva sollecitato l'interlocutore ad unirsi all'Isis, assicurando altresì che egli non avrebbe rivelato ai servizi segreti turchi di sostenere lo Stato islamico qualora lo avessero intercettato o fermato. La pianificazione di attentati era confermata dalla visione di filmati dedicati alla preparazione di ordigni esplosivi, che l'imputato aveva rinvenuto nel c.d. deep web, in un portale interamente dedicato alla raccolta di materiali propagandistici dello Stato Islamico, al quale è possibile accedere soltanto mediante un broswer TOR, con chiave di accesso informatico riservata. 1.3. È stata confermata la condanna anche per i delitti sub capi B) e C), entrambi ritenuti non assorbiti dalla fattispecie associativa, poiché posti a garanzia di differenti oggettività giuridiche, riguardando il delitto ex art. 270 bis cod. pen. la tutela della personalità dello Stato, mentre l'istigazione a delinquere di cui all'art. 302 cod. pen. e l'apologia di reato ex art. 414, commi 3 e 4, cod. pen. la tutela dell'ordine pubblico. Per entrambi i delitti si è ravvisata la certa responsabilità dell'imputato, nel primo caso desunta dall'attività di indottrina- mento svolta nei confronti di tale S M, cittadino albanese, al quale I aveva cercato di inculcare i precetti islamici per indurlo all'attivismo ideologico, con ricorso alla violenza e all'impiego della milizia combattente, il c.d. Jihad armato;
nel secondo caso si è valorizzata la pubblicazione sul profilo FB dell'imputato delle fotografie di alcuni martiri - cioè autori di attentati, morti nel loro corso - in atteggiamento sorridente, c.d. "bassamat al farah", a significare che nella morte virtuosa essi avevano visto il Paradiso musulmano. 1.4. È stata confermata la responsabilità dell'imputato anche per le tentate lesioni per finalità di terrorismo in danno di un ignoto passante, al quale I si era avvicinato armato di una bottiglia di vetro, senza riuscire a colpirlo poiché l'uomo era scappato gridando "aiuto", episodio accaduto a Bari, nei pressi della stazione ferroviaria, nelle festività natalizie tra il 2017 e il 2018. 1.5. Infine, è stata confermata l'aggravante della transnazionalità, prevista dall'art. 61 bis cod. pen., rilevando che detta aggravante può accedere a qualsiasi delitto (che risponda ai limiti edittali fissati dalla norma), alla cui commissione abbia contribuito un gruppo dedito ad attività criminali operante a livello internazionale. Infatti, l'imputato è originario della Somalia ed aveva collegamenti con altri soggetti aderenti all'Isis che si trovavano in Danimarca, Kenia e Somalia.
2. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore, avv. Vittorio Platì, avanzando dieci motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione, ritenuta contraddittoria con riferimento al reato di cui all'art. 270 bis cod. pen. Osserva il ricorrente che la Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità dell'I in ragione del contatto operativo, ancorché flessibile, con l'organizzazione, la quale aveva consapevolezza, anche se indiretta, della sua adesione, ma tale consapevolezza indiretta non si concilia con il necessario ruolo concreto nell'organigramma criminale, né si concilia con i principi dettati dalla esegesi di legittimità in ordine al rapporto biunivoco tra singolo e struttura.
2.2. Erronea applicazione di legge penale con riferimento all'art. 270 bis cod. pen. Il ricorrente censura il ragionamento seguito dalla Corte territoriale per ritenere la partecipazione associativa, in quanto violerebbe i principi regolatori della materia, nella parte in cui è necessario che la condotta del singolo si innesti nella struttura organizzata, e sia espressiva dell'assunzione di un ruolo concreto nell'organigramma, con la creazione di un effettivo contatto operativo, che costi- tuisca un legame biunivoco consapevole tra la struttura ed il singolo. L'impugnata sentenza ha invece erroneamente teorizzato la sufficienza di un contatto operativo "flessibile" con l'organizzazione, e la consapevolezza "indiretta" o mediata dall'uso di strumenti informatici dell'adesione dell'imputato, così violando i canoni fissati dall'esegesi di legittimità per individuare un'adesione associativa che sia rispettosa del principio di materialità della condotta e non attribuisca rilevanza penale a meri atteggiamenti interiori o a condotte passive di informazione tramite web.
2.3. Ulteriore profilo di violazione di legge, riferito all'individuazione del delitto ex art. 270 bis in rapporto all'art. 115 cod. pen., si rileva nella valoriz- zazione del proposito dell'imputato di mettere bombe in tutte le chiese, nonché del proposito di recarsi in Siria, intenzioni che non potrebbero ritenersi rilevanti in mancanza di successivi atti idonei: invero, il mero proposito rileva solo se accompagnato dalla idoneità dell'associazione o del singolo a portare a compi- mento atti di violenza. Erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che dal contenuto intercettivo emergesse la concretezza dei propositi dell'I, essendo mancato il passaggio intermedio che - anche in un reato di pericolo presunto come quello in discorso - è necessario per adeguarsi al principio di necessaria offensività della condotta, cioè la predisposizione di mezzi idonei che siano potenzialmente in grado di concretizzare il proposito del compimento di atti di violenza connotati da finalità di terrorismo o di eversione.
2.4. Violazione di legge per erronea applicazione dell'aggravante ex art.61 bis cod. pen. L'impugnata sentenza ha individuato detta aggravante confondendo il contributo di un gruppo criminale transnazionale con l'operatività transfrontaliera del gruppo;
inoltre ha impropriamente valorizzato la provenienza dell'imputato dalla Somalia e la consultazione di siti dello Stato islamico al fine di realizzare i propositi di attentati a Roma. La corretta interpretazione dell'aggravante ex art. 61 bis cod. pen. risiede invece nella considerazione del contributo alla commissione del reato da parte di un gruppo transnazionale, a prescindere dalla provenienza territoriale dei partecipi, e tale contributo deve apprezzarsi in termini di concorso nel reato, secondo i criteri dell'art. 110 cod. pen.
2.5. Vizio di motivazione, ritenuta mancante in relazione agli artt. 270 bis e 270 sexies cod. pen., per essere stata omessa la trattazione dell'elemento soggettivo del reato, con riguardo al contenuto specificante dell'art. 270 sexies cod. pen., che ha chiarito che la finalità
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