Cass. civ., sez. I, sentenza 26/04/2005, n. 8603
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In tema di equo indennizzo ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, nel novero del danno patrimoniale da violazione del termine di durata ragionevole del processo non rientrano le poste che costituiscono oggetto del giudizio, pendente o concluso, protrattosi eccessivamente. Infatti il danno patrimoniale può essere ricollegato al ritardo nella definizione del processo solo se sia l'effetto immediato di tale ritardo e a condizione che vi si riconnetta sulla base di una normale sequenza causale, restando a carico della parte che agisce per il suo riconoscimento l'onere di dimostrare rigorosamente il pregiudizio (patrimoniale) lamentato.
In tema di diritto ad un'equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 rileva solamente il periodo eccedente il suddetto termine, essendo sul punto vincolante il criterio chiaramente stabilito dall'art. 2 comma terzo di detta legge. Questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata "ordinario" e "ragionevole", valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, non esclude la complessiva attitudine della legge n.89 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n.36813/97.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. B G M - Consigliere -
Dott. S L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G G, elettivamente domiciliata in ROMA VIA MARIA CRISTINA 8, presso l'avvocato G L, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso il decreto della Corte d-Appello di TRENTO, depositato il 01/06/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 01/03/2005 dal Consigliere: Dott. L S;
udito il P.M. in perdona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M V che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G G, con ricorso depositato il 17 aprile 2002, adiva la Corte d'appello di Trento chiedendo che fosse accertata la violazione del termine di ragionevole durata del processo (art. 6, paragrafo 1/ della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di seguito CEDU) in riferimento ad un giudizio da lei promosso nei confronti della s.p.a. Lloyd Adriatico e che, quindi, fosse accertato il suo diritto ad una equa riparazione, con condanna del Ministero della giustizia a pagare la somma di euro 24.490, a titolo di risarcimento dei danni materiali e di euro 11.000 per i danni non patrimoniali.
Il Ministero della giustizia, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda e, in linea gradata, la liquidazione dei danni in applicazione dei parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Instauratosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Trento, con decreto del 21 maggio- 1 giugno 2002, riteneva l'esistenza di "una abnorme ed irragionevole durata del processo, protrattosi, ad onta della modesta complessità del thema decidendum per anni quattro, e dovuta alle notorie carenze organizzative e funzionali dell'Ufficio giudiziario".La Corte territoriale reputava tuttavia che la ricorrente non aveva dimostrato la sussistenza dei danni patrimoniali e, in riferimento al danno non patrimoniale, dopo avere richiamato i principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, riteneva congruo liquidarli nella misura di 250 euro "per ciascun anno dei quattro anni dell'irragionevole durata del processo di merito", condannando il Ministero della giustizia a pagare a G G la somma di euro 1.000, oltre al rimborso delle spese del procedimento.
Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso G G, affidato a due motivi;
ha resistito con controricorso il Ministero della giustizia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - G G, con il primo motivo, denuncia "errore di calcolo con conseguenze decisive sull'esito della controversia", deducendo che la Corte d'appello ha ritenuto irragionevole la durata del giudizio iniziato nell'ottobre del 1994, non ancora definito nel 2003, in quanto trattenuto in decisione il 21 febbraio 2002. Pertanto alla data del deposito del ricorso (17 aprile 2002) il giudizio pendeva da 7 anni e 7 mesi, non già da quattro anni, che è il periodo per il quale è stata accolta la domanda.
La ricorrente, con il secondo motivo, denuncia "violazione di legge:
art. 2 L. 89/2001, art.
6.1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, art. 112 c.p.c: omesso esame, insufficiente e contraddittoria motivazione su un aspetto decisivo della controversia", deducendo che la corte territoriale ha ritenuto eccessiva la durata del giudizio, ma ha liquidato, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, soltanto la somma di euro 1.000, pari a euro 10,99 per ciascun mese, che, a suo avviso, non può considerarsi un'equa riparazione, tenuto conto che la Corte europea, per un grado di giudizio durato 91 mesi ha liquidato sino a 10.000 euro ed il giudizio ancora non è stato definito. La ricorrente sostiene, infine, che neppure è necessario attendere la decisione definitiva per richiedere il risarcimento dei danni patrimoniali, avendo peraltro la stessa Corte d'appello affermato che l'eccessiva durata del giudizio è ascrivibile alla "generalizzata situazione di paralisi delle cause civili".
2. - I due motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto logicamente e giuridicamente connessi, sono in parte fondati e vanno accolti per quanto di ragione, entro i limiti di seguito precisati. 2.1. - La ricorrente, nonostante con il primo motivo abbia formalmente denunciato un "errore di calcolo", ha in realtà chiaramente inteso dedurre che la Corte territoriale non avrebbe correttamente applicato il criterio stabilito dalla legge n. 89 del 2001 per la determinazione dell'equa riparazione.
Sul punto occorre, quindi, osservare che il decreto impugnato precisa che il giudizio è stato promosso con citazione notificata il 1 luglio 1994 (pg. 2) e la causa è stata "trattenuta per la decisione" all'udienza del 21 febbraio 2002 (pg. 3). Il provvedimento, dopo avere ritenuto che "si è in presenza di una abnorme ed irragionevole durata del processo", ha liquidato come danno non patrimoniale la somma di euro 250 "per ciascun anno dei quattro anni dell'accertata irragionevole durata del processo di merito" (pg. 8). Anche in mancanza di