Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/05/2012, n. 8521

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In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ove il dipendente agisca per il riconoscimento di differenze retributive correlate ad una certa qualifica, non rileva, ai fini dell'individuazione del giudice fornito di "potestas iudicandi" ex art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, l'anteriorità degli atti di inquadramento rispetto alla data del 30 giugno 1998, poiché il fatto costitutivo del diritto alla maggiore retribuzione è il possesso della qualifica corrispondente al profilo professionale. (Nella specie, un tecnico di laboratorio in servizio presso un policlinico universitario aveva agito per l'indennità di equiparazione al personale del ruolo sanitario e i giudici di merito avevano declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo in relazione al periodo precedente il 30 giugno 1998; applicando l'enunciato principio, la S.C. ha respinto il ricorso secondo il quale la giurisdizione del giudice amministrativo avrebbe dovuto dichiararsi anche per il periodo successivo al discrimine temporale in quanto la lesione sarebbe derivata per intero dai pregressi atti di inquadramento del dipendente).

Il personale universitario "strutturato" nel Servizio sanitario nazionale, pur trovandosi in rapporto di impiego con l'Università, è in rapporto di servizio con l'Azienda ospedaliera, la quale, in ragione del diretto coinvolgimento nella gestione del rapporto di lavoro entro l'assetto organizzativo delineato dal d.lgs. n. 517 del 1999, è passivamente legittimata rispetto alla domanda del dipendente universitario per l'indennità di equiparazione al personale del ruolo sanitario.

La cosiddetta "indennità De Maria", riconosciuta dall'art. 1 della legge n. 200 del 1974 per remunerare la prestazione assistenziale resa dal personale universitario non medico che opera nelle cliniche e negli istituti di ricovero e cura convenzionati con gli enti ospedalieri o gestiti direttamente dalle Università, è legittimamente determinata - in assenza di criteri di equiparazione rispetto al personale del ruolo sanitario evincibili dalla normativa primaria - sulla scorta del criterio fattuale dell'equivalenza delle mansioni, posto dalla normativa secondaria, a prescindere dall'elemento formale del titolo di studio posseduto dal dipendente.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/05/2012, n. 8521
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8521
Data del deposito : 29 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. L M G - Presidente Sezione -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. M U - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 20620-2010 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO GETANO MARTINO, in persona del Direttore Generale pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell'avvocato V R, rappresentata e difesa dall'avvocato L G, per delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA, in persona del Rettore pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

A A, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato R F, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 835/2010 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 01/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2012 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

uditi gli avvocati Giuseppe LOSI, Fernando RIZZO, Verdiana FEDELI dell'Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso principale, rimessione per il resto alla sezione lavoro. RITENUTO IN FATTO
1.- Armando Arezio ricorreva al Tribunale di Messina, giudice del lavoro, con atto depositato il 26 settembre 2002, esponendo di essere stato dipendente dell'Università di Messina, in servizio presso il Policlinico universitario (poi Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico "Gaetano Martino"), in qualità di collaboratore professionale tecnico di laboratorio, inquadrato nella settima qualifica funzionale, e lamentando che l'Università nell'effettuare la equiparazione con il personale sanitario - ai sensi del D.P.R. n.761 del 1979 - non gli aveva riconosciuto il corretto inquadramento
nell'ex nono livello, poi divenuto primo livello dirigenziale a seguito della intervenuta contrattazione collettiva. Domandava, perciò, la condanna dell'Università e dell'Azienda Ospedaliera Universitaria al pagamento delle relative differenze dal i novembre 1994. L'Università si costituiva e resisteva alla pretesa, eccependo altresì, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva;

l'Azienda Ospedaliera, costituendosi in giudizio, a sua volta eccepiva il difetto di legittimazione, nonché la carenza di giurisdizione del giudice ordinario, oltre che l'infondatezza della pretesa nel merito.
2.- Con sentenza del 30 marzo 2006 il Tribunale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione per le pretese relative al periodo precedente al 30 giugno 1998 e, per il resto, accoglieva la domanda condannando le convenute, in solido, alla corresponsione delle differenze di retribuzione.
3.- Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Messina, che, con la sentenza qui impugnata, respingeva il gravame proposto dall'Università e dall'Azienda Ospedaliera (nonché, relativamente alla entità del credito, quello incidentale dell'Arezio, accolto solo in relazione al rimborso delle spese di c.t.u. contabile). In particolare, la Corte di merito rilevava: che la giurisdizione del giudice ordinario in relazione al periodo successivo al 30 giugno 1998 conseguiva al carattere della pretesa, diretta ad ottenere differenze di retribuzione a prescindere dalla impugnazione dei pregressi inquadramenti;
che la legittimazione di entrambe le convenute si fondava sulla qualità rispettiva di datrice di lavoro formalmente obbligata - l'Università degli Studi - e di gestore del personale - l'Azienda Ospedaliera -;
che, nel merito, dall'applicazione del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, espressamente richiamato dall'art. 51 del c.c.n.l. 1998-2001, derivava l'efficacia incontrovertibile della tabella di equiparazione di cui al D.I. 9 gennaio 1982, in base alla quale l'Arezio, inquadrato nel settimo livello universitario, doveva essere equiparato, in modo automatico, al dipendente del Servizio sanitario nazionale inquadrato come assistente tecnico, restando ininfluente la mancanza del titolo di studio in presenza della perfetta equivalenza delle mansioni. 3.- Contro questa decisione ha proposto ricorso in cassazione l'Azienda Ospedaliera, mentre l'Università degli Studi e l'Arezio hanno proposto, con rispettivi controricorsi, precisati con successiva memoria, distinte impugnazioni in via incidentale. CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Il ricorso dell'Azienda Ospedaliera si articola in quattro motivi.
1.1 - Col primo motivo si deduce la violazione dell'art. 37 c.p.c., per non avere la Corte territoriale considerato che la lesione dedotta derivi, anche per le pretese riguardanti il periodo successivo al 30 giugno 1998, dai precedenti atti di inquadramento, così derivandone la giurisdizione del giudice amministrativo anche per tale periodo, alla stregua del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7. 1.2.- Con il secondo motivo, denunciando la violazione del D.P.R. n.761 del 1979, art. 31, si ribadisce l'eccezione di difetto di
legittimazione passiva, in ragione del fatto che obbligata alla corresponsione delle differenze retributive - derivanti dalla equiparazione al personale del S.S.N. - era soltanto l'Università, e non anche l'Azienda Ospedaliera. Si aggiunge che, in ogni caso, alla equiparazione con il nono livello del personale del S.S.N. osta la mancanza del titolo di studio, che, secondo la più corretta interpretazione del dato normativo, rappresenta un elemento costitutivo della attribuzione di tale inquadramento. 1.3.- Col terzo motivo si deduce vizio di motivazione. Si rileva che la sentenza impugnata abbia affermato la rilevanza esclusiva, ai fini della equiparazione al personale del S.S.N., della qualifica posseduta, mentre, in maniera contraddittoria, abbia poi considerato la decisività delle mansioni effettivamente espletate, così finendo per omettere l'enunciazione di un criterio logico per la individuazione del corretto inquadramento.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, ulteriormente, la violazione dell'art. 31 cit., sotto il profilo che l'affermazione della equivalenza delle mansioni del collaboratore tecnico universitario e di quelle dell'ex nono livello del personale del S.S.N. è in contrasto con le previsioni normative delle rispettive connotazioni professionali.
2.- Il ricorso incidentale dell'Università degli Studi comprende due motivi.
2.1.- Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 31 cit., si rileva che l'equiparazione fra le diverse figure professionali - del personale universitario e di quello del S.S.N. - deve avvenire mediante valutazione delle effettive mansioni, sì che, nella specie, doveva essere esclusa la corrispondenza delle mansioni dell'Arezio a quelle proprie del profilo professionale compreso nell'ex nono livello del personale S.S.N..
2.2.- Con il secondo motivo si censura la decisione impugnata, ancora in relazione al citato art. 31, per avere erroneamente escluso la rilevanza del titolo di studi ai fini della equiparazione al predetto livello professionale.
3.- L'unico motivo del ricorso incidentale dell'Arezio censura la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d'appello, che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto considerare l'esito del gravame, interamente a lui favorevole, nonché la rilevanza delle questioni, sì che gli onorari dovevano essere calcolati nella misura massima, mentre, al contrario, la liquidazione censurata è incorsa nella violazione dei minimi della tariffa professionale. 4.- Il primo motivo del ricorso principale, riguardante la giurisdizione, non è fondato. E infatti, nelle controversie relative a rapporti di impiego pubblico contrattualizzato, la individuazione del giudice fornito di potestas judicandi, in relazione alla previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, discende dal perfezionamento della fattispecie attributiva della pretesa fatta valere in giudizio. In base a tale criterio, anche in controversie analoghe a quella in esame, la cognizione è stata devoluta al giudice amministrativo, ovvero al giudice ordinario, a seconda che il diritto fosse, o meno, riferito alla illegittimità di atti della pubblica amministrazione, emessi in epoca anteriore alla "privatizzazione" del rapporto, e, in particolare, a provvedimenti di inquadramento in una determinata qualifica o area professionale (cfr. Cass., sez. un., n. 750 del 2007;
n. 14611 del 2010;
n. 12894 del 2011;
n. 6104 e 6105 del 2012
). Nella specie, la domanda del dipendente è diretta al riconoscimento di differenze di retribuzione in conseguenza della equiparazione al personale del ruolo sanitario (cd. indennità di equiparazione) e, dunque, non rilevano, in via diretta, gli atti di inquadramento precedenti, poiché il fatto costitutivo del diritto alla maggiore retribuzione si identifica nel possesso - incontestato - di una certa qualifica, corrispondente al profilo professionale del ruolo del S.S.N. (cfr.

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