Cass. civ., sez. V trib., sentenza 09/11/2018, n. 28668
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la seguente SENTENZA sul ricorso 29440-2011 proposto da: PRISMA IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., elett.te dom.to in Roma, al V.LE PARIOLI, n. 43, presso lo studio dell'Avv. FRANCESCO D'AYALA VALVA che, unitamente agli Avv.ti VICTOR UCKMAR e GIUSEPE CORASANITI, la rapp.n0 e dif.no in virtù di procura speciale a margine del ricorso;- ricorrente -contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t. (C.F. 06363391001), dom.to ope legis in Roma, alla Via del Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che lo rapp. e dif.;- controricorrente - avverso la sentenza n. 113/04/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PERUGIA, depositata il 17.5.2011;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. G A C;udito il Pubblico Ministero, nella persona del Dr. T B, che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso;udito l'Avv. RAFFAELA FERRANDO per la parte controricorrente;FATTI DI CAUSA 1. In data 27.10.2008 la PRISMA IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. (d'ora in avanti, breviter, PRISMA), propose ricorso, innanzi alla C.T.P. di Perugia, avverso gli avvisi di accertamento nn. R8H30100434/2007 e R8H030100435/2007, con cui, oltre ad essere disconosciuta la deducibilità del reddito di impresa dei compensi corrisposti agli amministratori, per complessivi C 25.341,71, furono altresì recuperati ad imposizione, rispettivamente, C 55.680,00 (a titolo di maggiore Ires, Irap ed Iva per l'anno 2004), oltre interessi ed irrogazione di una sanzione amministrativa unica pari ad C 60.487,67, ed C 29.408,00 (a titolo di maggiore Ires ed Irap per l'anno 2005) oltre interessi ed irrogazione di una sanzione amministrativa unica pari ad C 47.464,57. 2. In particolare, i due avvisi di accertamento trovavano il proprio fondamento nei maggiori ricavi (calcolati sulla base delle indagini finanziare svolte sui conti correnti ex art. 32, n. 7, del d.P.R. n. 600 del 1973) che l'Agenzia delle Entrate - Ufficio Città di Castello aveva ascritto alla società predetta per la vendita a terzi, ad un prezzo apparente ritenuto non congruo Ric. 2011 n. 29440 sez. ST - ud. 05-06-2018 -2- rispetto al valore di mercato, di alcuni immobili realizzati dalla medesima PRISMA. 3. Riuniti i due giudizi, la C.T.P. accolse i ricorsi ed annullò entrambi gli atti impugnati. 4. Avverso tale decisione l'AGENZIA DELLE ENTRATE propose appello innanzi alla C.T.R. di Perugia che, con sentenza n. 113/04/11, depositata il 17.5.2011, riformò l'impugnata pronunzia, confermando la legittimità e correttezza dell'operato dell'Ufficio impositore sia (a) per quanto concerne il recupero ad imposizione dei maggiori ricavi di cui si è detto, che (b) in relazione alla ritenuta indeducibilità dei compensi agli amministratori, in assenza di apposita delibera assembleare. 5. Avverso tale sentenza la PRISMA ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a 7 motivi. Si è costituita l'AGENZIA DELLE ENTRATE. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. (in relazione al vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) per non essersi la C.T.R. pronunziata su di una specifica censura sollevata dalla PRISMA in prime cure, accolta dalla C.T.P. e riproposta in secondo grado, relativamente alla ritenuta illegittimità dell'autorizzazione conferita dalla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate dell'Umbria in favore dell'Ufficio di Città di Castello, siccome basata su di una circostanza (la notevole discrasia tra il valore di mercato ed il prezzo degli immobili compravenduti) in realtà insussistente. 2. Con il secondo motivo, la difesa della PRISMA si duole, in via subordinata rispetto al primo mezzo di impugnazione, dell'omessa motivazione, ad opera della C.T.R. (in relazione al'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.), rispetto alla Ric. 2011 n. 29440 sez. ST - ud. 05-06-2018 -3- dedotta insussistenza della notevole differenza tra il valore di mercato ed il prezzo di cessione degli immobili: il giudice di appello, cioè, avrebbe omesso "del tutto di indicare gli elementi da cui avrebbe desunto il proprio convincimento in merito alla effettiva sussistenza" (cfr. ricorso, p. 29) del presupposto fondante le indagini finanziarie sui conti correnti della società, sei soci e dei loro congiunti e di cui si è detto.
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