Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/02/2005, n. 4005

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Massime1

La autonomia dei due distinti istituti della causa di servizio e della malattia professionale, e dei relativi accertamenti (le cui differenze, peraltro, si sono attenuate dopo l'inserimento del danno biologico nell'oggetto dell'assicurazione obbligatoria ad opera dell'art. 13 D.Lgs. n. 38 del 2000 e per l'evoluzione in tema di nesso causale nelle malattie professionali) non esclude che nella pratica si possa realizzare una vasta area di coincidenza del nesso causale della patologia con l'attività lavorativa sia ai fini dell'equo indennizzo che della malattia professionale. Pertanto il giudice del merito non può fondare la propria statuizione di rigetto della domanda di rendita per malattia professionale sulla mera affermazione della non identificabilità di questa con l'infermità già riconosciuta come derivante da causa di servizio; sicché le circostanze di fatto accertate al fine di uno dei due benefici non possono essere ignorate ai fini dell'altro. (Nella fattispecie la Corte, ribadendo la applicabilità del principio di equivalenza causale nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza, che aveva escluso il diritto alla rendita per malattia professionale, senza esaminare il carattere concausale dell'attività lavorativa affermato nel precedente accertamento ai fini della causa di servizio).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/02/2005, n. 4005
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 4005
Data del deposito : 25 febbraio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S S - Presidente -
Dott. D'

AGOSTINO

Giancarlo - Consigliere -
Dott. D M A - rel. Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P A, elettivamente domiciliato in

ROMA VIALE MAZZINI

6, presso lo studio dell'avvocato R M, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n. 01481/03 proposto da:
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA - già FERROVIE DELLO STATO SOCIETÀ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI, presso lo studio dell'avvocato A M, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

- ricorrente incidentale -
contro
P A;



- intimato -


avverso la sentenza n. 23/02 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 31/01/02 - R.G.N. 1938/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/04 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDI

Vincenzo che ha concluso previa riunione dei due ricorsi rigetto di entrambi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 13 aprile 2001 il Tribunale di Trani, decidendo sul ricorso proposto dal sig. Porcelli Angelo il 15 novembre 1993, lo ha dichiarato affetto da malattia professionale e ha condannato la s.p.a. Ferrovie dello Stato al pagamento della relativa rendita nella misura da accertarsi in separata sede.
La Corte d' Appello di Bari, con sentenza 17/31 gennaio 2002 n. 23, ha rigettato la domanda del Porcelli. Il giudice d'appello ha rilevato che la malattia dedotta non è tabellata;
che la C.T.U. espletata in primo grado ha escluso che la malattia denunciata dal Porcelli abbia natura professionale;
che il primo giudice si è discostato da tale parere, ritenendo il nesso causale provato dall'avvenuto riconoscimento, da parte del datore di lavoro, della causa di servizio delle patologie denunciate, ascritte nella tab A ed altre nella tab. B annesse al d.p.r. 834/1981. Il giudice d'appello ha osservato che, trattandosi di malattie non tabuliate, l'onere probatorio gravante sul ricorrente del nesso eziologico tra dette malattie e l'attività espletata non poteva ritenersi assolto con l'avvenuto riconoscimento, in via amministrativa, della dipendenza da causa di servizio delle patologie, data la diversità dei due istituti;
che le conclusioni del C.T.U., secondo cui le sollecitazioni funzionali di carattere statico - dinamico (sforzi, traumi, microtraumi) hanno il significato di episodio rivelatore finale di una situazione patologica preesistente non sono state specificamente censurate dall'appellato (il quale si è limitato, in sede di gravame a chiedere
"all'occorrenza" nuova C.T.U. per la verifica dello stato di salute), di tal che la Corte non ha motivo di disattendere gli esiti della consulenza. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Porcelli, con due motivi.
La intimata Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. si è costituita con controricorso, resistendo;
ha proposto ricorso incidentale condizionato per la declaratoria del suo difetto di legittimazione passiva, in favore dell'Inail.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si deve esaminare per primo il ricorso incidentale condizionato, con cui la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. censura la sentenza impugnata per avere rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione passiva. Il motivo è infondato.
L'art. 2, comma 13, D.L. 1^ ottobre 1996, n. 510, convertito in L. 28 novembre 1996, n. 608, ha stabilito che "A decorrere dal 1^ gennaio
1996 il personale ferroviario in attività di servizio è assicurato all'INAIL secondo la normativa vigente e l'Ente ferrovie s.p.a. è tenuto al versamento dei relativi premi in base alla tariffa approvata con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 30 marzo 1994. Dalla medesima data sono poste a carico dell'INAL" tutte le rendite e tutte le altre prestazioni, comprese quelle relative agli eventi infortunistici e alle manifestazioni di malattie professionali verificatisi entro il 31 dicembre 1995 e non ancora definiti entro tale data". Bisogna tenere distinti gli effetti sostanziali che discendono da tale disposizione da quelli processuali. Sul piano processuale, il trasferimento all'I.N.A.I.L. o all'I.P.S.E.M.A. (a seconda che si tratti di personale ferroviario o navigante) della titolarità dei rapporti aventi per oggetto gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei lavoratori dipendenti della società Ferrovie dello Stato non incide nei giudizi in corso, in relazione ad eventi verificatisi entro il 31 dicembre 1995 e ancora non definiti entro tale data, sulla preesistente legittimazione processuale della suddetta società, dovendosi ritenere realizzata una ipotesi di successione "ex lege" nel diritto controverso analoga a quella prevista dall'art. 111 c.p.c., implicante la prosecuzione del processo tra le parti originarie, salvi gli effetti della pronuncia giudiziale secondo la disciplina sostanziale, e salva la possibilità dell'intervento in causa dell'I.N.A.I.L. o dell'I.P.S.E.M.A. (Cass. 17 agosto 2000 n. 10916;
Cass. 9 marzo 1999 n. 2030;
Cass. 4 giugno
2003 n. 8884
). Con il primo motivo il ricorrente principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 134 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, come novellati dalla sent. Corte Costituzionale 179/1988;

omesso esame di punti decisivi della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata per avere escluso il nesso causale sulla base della solo differenza tra malattia professionale e infermità per causa di servizio. Il motivo è fondato per le ragioni che seguono. Vengono in rilievo i seguenti principi enunciati da questa Corte.
La causa di servizio è istituto tipico del pubblico impiego, previsto in via generale per i pubblici dipendenti dall'art. 68 d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3, e specificamente per i dipendenti
dell'allora azienda ferroviaria dall'art. 38 d.m. 19 dicembre 1958, n. 2716, emanato in forza dell'art. 208 L. 26 marzo 1958, n. 425
(Cass. 16 luglio 1992, n. 8604) . Esso è stato conservato a favore dei ferrovieri ora lavoratori privati, dall'art. 21, comma 4, L. 210/1985. L'infermità da causa di servizio, se rientrante tra quelle indicate in apposite tabelle, da diritto all'equo indennizzo. La natura dell'equo indennizzo è stata definita prevalentemente in negativo, nel senso che non integra un trattamento di natura previdenziale. Trattasi di giurisprudenza consolidata, anche se formatasi in tema di giurisdizione (Cass. sez. un., 10 maggio 1992, n. 5988), di competenza funzionale del giudice del lavoro, nonché di applicabilità della rivalutazione monetaria e degli interessi legali ex art. 429 cod. proc. civ. (Cass. 11 febbraio 1992, n. 1521;
Cass. 27 aprile 1992, n. 5007;
Cass. 23 febbraio 1993, n. 2202;
Cass. 1^
giugno 1993, n. 6082
). Il relativo credito è stato ricondotto fra quelli di lavoro, ed a tale titolo (non ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1991, relativa ai crediti previdenziali) suscettibile di rivalutazione ai sensi dell'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ. (Cass. 19 aprile 2000 n. 5160).
La differenza tra l'infermità dipendente da causa di servizio e la malattia professionale è stata individuata in due elementi essenziali, una relativa all'oggetto della rispettiva tutela, l'altra alla intensità del nesso causale (Cass. 14 febbraio 1997 n. 1356). La differenza di presupposti giustifica il concorso fra le due forme d'intervento (Cass. 15 settembre 1997 n. 9165;
Cass. 24 novembre 1999 n. 13094, che non è sospettabile di illegittimità costituzionale (Cass. 14 aprile 1987, n. 3706). Mentre per l'equo indennizzo rileva la "perdita permanente dell'integrità fisica", la rendita Inail aveva riguardo, prima del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, all'incidenza della malattia sulla capacità di lavoro (Cass. 24 novembre 1999 n. 13094). Sotto il profilo causale, la causa di servizio compensa menomazioni fisiche comunque connesse al servizio, mentre la malattia professionale richiede che sia contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione svolta (Cass. 5 febbraio 1998 n. 1196). Entrambe le differenze si sono attenuate dopo l'inserimento del danno biologico nell'oggetto dell'assicurazione obbligatoria infortuni, ad opera dell'art. 13 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, e per l'evoluzione in tema di nesso causale nelle malattie professionali. L'equo indennizzo è definito, dall'art. 68, comma 7, del D.P.R. 3/1957 n. 3 cit., come indennizzo per la perdita della integrità
fisica eventualmente subita dall'impiegato, quale conseguenza di infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio;
dall'art. 48, D.P.R., 3 maggio 1957, n. 686 (regolamento di attuazione del
D.P.R. 3/1957), come menomazione dell'integrità fisica ascrivibile ad una delle categorie di cui alle tabelle A e B annesse alla legge 10 agosto 1950, n. 648. Tale definizione è riduttiva. In realtà, come risulta proprio dalle tabelle allegate alla l. 648/1950, esso tutela l'integrità psicofisica, anche nei riflessi relazionali. Infatti le tabelle A e B comprendono menomazioni anche di carattere psichico (tab. A Prima categoria: voce n. 7: Tutte le alterazioni delle facoltà mentali (schizofrenia e sindromi schizofreniche, demenza paralitica, demenze traumatiche, demenza epilettica, distimie gravi, ecc.), che rendano l'individuo incapace a qualsiasi attività.

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