Cass. civ., sez. I, sentenza 18/04/1970, n. 1125
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Il principio del contraddittorio deve essere osservato anche nei giudizi davanti alle commissioni tributarie, in considerazione del loro carattere giurisdizionale. Tuttavia, per quanto concerne in particolare il giudizio innanzi alla commissione centrale, tale contraddittorio si esaurisce nella presentazione del ricorso e dell'(eventuale) controricorso, non essendo prevista una fase del procedimento corrispondente a quella che - davanti al giudice ordinario - e costituita dalla cosiddetta discussione orale della causa. Dall'art 48 del RDL 8 luglio 1937, n 1516 si ricava invero che i giudizi avanti la commissione centrale si svolgono 'senza intervento ne della parte ne del rappresentante della finanza' che la segreteria della commissione non ha l'Obbligo di comunicare alle parti la data di discussione del ricorso che il periodo di tempo che deve intercorrere fra l'eventuale presentazione di memorie aggiunte e la data di esame del ricorso, affinche dette memorie possano (e non gia debbano) essere prese in esame dalla commissione, mira unicamente a consentire a quest'ultima un'adeguata e tempestiva conoscenza delle memorie, onde tenerne conto, in via non obbligatoria ma meramente facoltativa. Ne consegue che l'osservanza del termine utile per la presentazione delle memorie si risolve solamente in un Onere di diligenza, che e esclusivamente a carico dei soggetti che intendono presentarle.*
L'art 25 del RD 23 maggio 1924, n 827, pone come regola generale, valida anche in materia di riscossione delle imposte di successione, il principio per cui 'le entrate dello stato si riscuotono in contanti'. Tale regola non puo ritenersi derogata dalla prassi invalsa presso talune amministrazioni e convalidata, per quella finanziaria, da alcune istruzioni ministeriali, di accettare in pagamento assegni bancari, non potendosi attribuire a consimili istruzioni l'efficacia normativa all'uopo necessaria. A maggior ragione deve poi escludersi che, per via di quella prassi e di tali istruzioni, siasi formato un uso normativo utilmente invocabile in deroga al predetto principio, giacche una consuetudine del genere, quand'anche fosse da reputarsi sussistente, si qualificherebbe (per la sua evidente incompatibilita con il precetto del citato art 225) propriamente come consuetudine 'contra legem', e dovrebbe quindi rimanere bandita dal novero delle fonti normative (arg ex art 8 delle preleggi) concretamente utilizzabili per la disciplina delle ipotesi da essa contemplate. Di conseguenza, colui che, intendendo avvalersi dell'agevolazione consentita dalle predette istruzioni ministeriali, effettui il pagamento dell'imposta mediante assegni bancari, assume a proprio carico ogni rischio inerente all'operazione compiuta e non puo pretendere di essere liberato prima che l'ufficio, eseguita ogni opportuna verifica ed espletate le operazioni all'uopo necessarie, abbia, mediante la contabilizzazione, praticamente convertito in contante ed introitato l'importo degli assegni. Altrettanto deve dirsi, a fortiori, per chi, avendo addirittura inviato gli assegni a mezzo posta, deve parimenti sopportare il rischio dell'operazione, ne puo pretendere di esser liberato al momento della spedizione del plico postale o al momento della ricezione da parte dell'ufficio destinatario. ( nella specie, la SC ha osservato come legittimamente la commissione centrale avesse ritenuto che 'il pagamento dell'imposta', ai fini della decorrenza del termine per la notifica dell'accertamento di maggior valore, di cui all'art 1 del DL 21 gennaio 1947, n 25, dovesse farsi risalire alla data di rilascio della bolletta di quietanza, giacche in difetto di prova contraria - che avrebbe dovuto esser fornita dal contribuente - poteva ragionevolmente presumersi che la bolletta fosse stata rilasciata dall'ufficio all'atto stesso della contabilizzazione degli assegni, spediti per posta dal contribuente<. ( V 2693-66 2136-62).*
La consuetudine non puo essere invocata per la prima volta in Cassazione non quando sia notoria o documentata in Atti. ( Conf 336-58).*
L'indivisibilita dell'accertamento di valore ha Rilevanza solo in quanto si ricolleghi ad un vincolo di piena solidarieta fra i condebitori d'imposta, per cui ciascuno sia obbligato al pagamento dell'intero e medesimo tributo, non anche quando la solidarieta - come, in materia di imposta di successione, quando essa verta fra eredi e legatari - vada contenuta entro i limiti dell'imposta sul legato. In tale ipotesi l'accertamento di valore, appunto perche riferibile all'intero asse ereditario, mentre consegue effetto anche nei confronti del legatario, se notificato nei confronti di colui (erede) che sia unico debitore per la totalita dell'imposta, non ne consegue alcuno se invece quest'ultimo sia rimasto estraneo alla relativa procedura. Pertanto, l'omessa notifica dell'accertamento di maggior valore al coniuge superstite (usufruttuario ex lege), se non fa decorrere contro quest'ultimo il termine per ricorrere alla commissione competente, non produce peraltro la nullita dell'accertamento nei confronti dello erede. La validita di tali principi rimane immutata anche dopo la sentenza (16 maggio 1968, n 48) con cui la Corte costituzionale, occupandosi della legittimita degli artt 20 e 21 del d l 7 agosto 1936, n 1639, ha precisato che la notifica del maggior valore di un bene oggetto di un atto imponibile, mentre non lede il principio inderogabile fissato dall'art 24, primo comma, della Costituzione, se puo servire ad impedire la decadenza dell'amministrazione finanziaria dal diritto di far valere la sua pretesa nel termine fissato dall'art 21 citato, si pone invece in contrasto con l'anzidetto precetto costituzionale solo ove si pretenda che la contestazione della nuova stima, fatta ad uno solo dei contribuenti, faccia decorrere anche contro gli altri il termine per il ricorso alla commissione. ( V 281-66 2742-57).*