Cass. pen., sez. III, sentenza 29/09/2022, n. 36817
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: A PRLUIGI nato a PECORARA il 28/07/1946 avverso la sentenza del 01/07/2021 della CORTE APPELLO di GENOVAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere A S;letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore V M che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso, definito ex art. 23 comma 8 D.L. 137/2020 e successive modd. ed integr.;lette le conclusioni scritte dei difensori, Avv. C B ed Avv. F S, i quali hanno insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza 9.12.2016, la Corte d'appello di Genova ha confermato la sentenza 11.02.2020 del tribunale di Genova, che ha condannato A PRLUIGI alla pena di 5 mesi di reclusione, con il concorso di attenuanti generiche equivalenti alla contesta aggravante, e ritenuta la continuazione, in ordine ai reati di cui all'art. 259, TUA (spedizione illegale transfrontaliera di rifiuti) e 483, e 61 n. 2, c.p. (falsificazione della bolletta doganale), in relazione a fatti contestati come commessi in data 9.12.2016. 2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i sette motivi di seguito sommariamente indicati. 2.1. Deduce, con il primo motivo di ricorso, quanto al capo a) di natura contravvenzionale, il vizio di violazione della legge processuale in relazione all'art. 360, c.p.p., con conseguente inutilizzabilità degli atti compiuti dall'agenzia delle Dogane di Genova. In sintesi, si sostiene che la sentenza impugnata sarebbe illegittima lad- dove ritiene ripetibili gli accertamenti operati nella fattispecie in esame dagli uffi- ciali doganieri sul corpo del reato. In sostanza, si censura la sentenza laddove ritiene ripetibile l'ispezione dei motori eseguita dall'Agenzia delle dogane in quanto effettuata a campione solo su dieci motori e non sulla totalità dei medesimi, ciò in quanto i motori avrebbero perso i liquidi presenti che sarebbero fuoriusciti dai fori su cui s'installano dagli organi meccanici collegati in quel momento assenti. Era evidente che i motori non si potevano riempire con gli stessi quantitativi presenti all'atto delle verifiche medesime effettuate dai doganieri per accertare se la pre- senza di olio fosse o meno nella misura consentita dalla legge (d. Igs. 209/2003 cfr. all. I punto 5, lett. e). Diversamente si sarebbe dovuto procedere con incidente probatorio, nel contraddittorio delle parti, trattandosi di operazioni irripetibili al fine di eseguire una misurazione tecnico-ponderale dei liquidi eventualmente pre- senti nei motori, non trattandosi invece di accertamenti urgenti ex art. 354, c.p.p., come invece sostenuto dai giudici di merito. 2.2. Deduce, con il secondo motivo di ricorso, sempre in relazione al me- desimo capo a) della rubrica, il vizio di violazione di legge processuale in ordine all'errata applicazione degli artt. 254, 356, c.p.p. e 114, disp. att. c.p.p., anche in relazione all'art. 24 Cost.In sintesi, si sostiene che, laddove si ritenessero le operazioni svolte dai doganieri come afferenti ad attività ripetibili, sarebbero state svolte in violazione all'art. 354,, c.p.p. perché non sarebbero stati conservati i pezzi di ricambio in questione né si sarebbe provveduto al loro sequestro, venendo smaltiti su dispo- sizione dell'agenzia delle dogane nella loro totalità dai magazzini in cui erano allo- cati, in ottemperanza ad un protocollo siglato con la Procura di Genova. I predetti materiali non sono stati smaltiti dall'imputato ma da una ditta diversa, come ri- tiene apoditticamente la sentenza a pag. 7. Dunque non solo il corpo del reato è stato disperso, ma le verifiche svolte dai doganieri sarebbero avvenute senza al- cuna nomina difensiva in favore dell'imputato, come era necessario ex art. 356, c.p.p., assenza comprovata dalla verifica dell'avviso ex art. 415-bis, c.p.p., in cui risulta nominati all'imputato un difensore d'ufficio, con conseguente compromis- sione del diritto di difesa ex art. 114 disp. att., c.p.p. e 24 Cost.2.3. Deduce, con il terzo motivo di ricorso, sempre in relazione al capo a), il vizio di violazione di legge in relazione al D.Igs. 209/2003, all. I, punto 5) lett. e), in ordine alla legittima presenza residua di olio nei motori bonificati e quindi sull'erronea qualifica di rifiuto degli stessi. In sintesi, richiamata la norma in questione, si sostiene che i giudici l'avreb- bero ignorata, senza tener conto del fatto che, invece, l'operazione di messa in sicurezza dei motori condotta togliendo per scolatura la maggior quantità possibile di olio o liquido refrigerante era da ritenersi corretta, in quanto la modesta quantità residuale di liquidi che resta all'interno dei motori è indispensabile per il loro suc- cessivo reimpiego come parti di ricambio e quindi conforme alle prescrizioni di legge. 2.4. Deduce, con il quarto motivo di ricorso, sempre in relazione al capo a), il vizio di motivazione in merito alla valutazione della c.t.p. e delle prove testi- moniali in favore dell'imputato. In sintesi, si sostiene che i giudici avrebbero fondato il loro giudizio esclu- sivamente sulle prove d'accusa costituite dagli accertamenti doganali e dalle di- chiarazioni dell'ufficiale doganale, senza valutarne la correttezza come invece emergeva dalla c.t. della difesa e dalle dichiarazioni dei testi a difesa che avevano confermato l'intervenuta bonifica. I giudici avrebbero così dimostrato anche l'esi- stenza della normativa che tollera la presenza di minime quantità di oli e liquidi lubrificanti nei motori bonificati, basandosi sulle dichiarazioni dei testi d'accusa senza procedere all'esistenza di alcuna misurazione ponderale a prova di una co- spicua fuoriuscita di materiale oleoso né di c.t. del PM o perizia d'ufficio, preter- mettendo quanto dichiarato dai testi a discarico. 2.5. Deduce, con il quinto motivo di ricorso, sempre riferito al capo a) della rubrica, il vizio di violazione di legge in ordine all'erronea applicazione della nor- mativa sulla compravendita ex art. 1470 c.c. e sulle sue conseguenze nonché degli artt. 40, c.p. e 27 Cost. sulla responsabilità penale personale. In sintesi, si sostiene che il lasso di tempo trascorso tra la consegna allo spedizioniere e l'accertamento dei doganieri unitamente alla mancata titolarità e disponibilità dei beni compravenduti (atteso che la merce sarebbe passata nella proprietà dello spedizioniere, ossia il mandatario egiziano, non potendo qualificarsi come responsabile la Delta Rem, e quindi il I.r. Alabastri) escluderebbero qualsiasi responsabilità in capo al ricorrente. 2.6. Deduce, con il sesto motivo di ricorso, articolato in relazione al capo b) relativo al delitto di falsità ideologica, il vizio di carenza ed illogicità della moti- vazione. In sintesi, si sostiene che il mero fugace riferimento al motivo di appello relativo alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, alla luce della strut- tura della società del ricorrente, non sarebbe sufficiente a confermarne la respon- sabilità penale per difetto di motivazione circa l'esistenza del dolo del reato, non essendovi prova che il ricorrente fosse a conoscenza della circostanza che i motori non fossero bonificati. 2.7. Deduce, con il settimo motivo di ricorso, in relazione ad entrambi i capi di imputazione, il vizio di motivazione in merito alla mancata applicazione dell'art. 131-bis, c.p. In sintesi, si sostiene che la motivazione sul punto da parte dei giudici di appello sarebbe carente, perché avrebbe fatto riferimento alla natura professio- nale della spedizione ed alla sua entità, senza invece valorizzare quella serie di elementi a difesa (dalla c.t.p. alle dichiarazioni difensive, all'esistenza di un me- todo procedimentalizzato in azienda, fino alle qualità umane e professionali del ricorrente) che invece avrebbero consentito di pervenire ad un giudizio di partico- lare tenuità del fatto. 3. In data 16.07.2022, con requisitoria scritta depositata in via telematica, il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. In particolare, in relazione al primo motivo di ricorso, si rileva che la sen- tenza impugnata correttamente richiama le considerazioni svolte ,dal giudice di prime cure, circa la natura non irripetibile degli accertamenti svolti dalla PG ope- rante, nell'alveo dell'art. 354 cod.proc.pen., evidenziando come si fosse trattato di una verifica "a campione" effettuata su un numero limitato di motori, tale da non pregiudicare in alcun modo la possibilità di ripetizione degli accertamenti sul restante quantitativo di motori rimasti nella disponibilità delle parti. Non sussistono le violazioni processuali lamentate con il secondo motivo di ricorso in relazione alla mancata conservazione dei pezzi di ricambio ed alla man- cata nomina di un difensore. Invero, la Corte territoriale rileva, in conformità al giudice di primo grado, che gli accertamenti preliminari svolti dalla PG operante ed il mancato sequestro del materiale presente all'interno del container (che rima- neva comunque custodito all'interno di un magazzino) non hanno in alcun modo pregiudicato il diritto di difesa dell'imputato, il quale, quantomeno a partire dal 2017, era stato messo a conoscenza dell'esito delle indagini, attraverso la notifica dell'avviso di cui all'art. 515 bis cod.proc.pen. , e, dunque, sarebbe stato perfet- tamente in grado di richiedere qualsivoglia ulteriore accertamento, ove lo avesse ritenuto necessario. La sentenza impugnata correttamente precisa, poi, che l'atti- vità svolta dai funzionari delle dogane non necessitava neppure di preavviso al difensore, salvo il diritto di assistervi ex art. 356 cod.proc.pen. Quanto al terzo motivo di ricorso, non ricorre la dedotta violazione del D.Igs. 209/2003, allegato I, punto 5, lett. e), posto che i giudici di merito hanno correttamente richiamato la normativa vigente in materia di veicoli fuori uso e del loro smantellamento. La sentenza impugnata esamina anche il profilo della pre- senza residua di olio nei motori bonificati, rilevando, con considerazioni immuni da censure rilevabili in questa sede, che la testimonianza del funzionario doganale (confermata dal corredo fotografico acquisito in atti) è stata estremamente chiara nel descrivere la "presenza di oli in misura cospicua e comunque certamente su- periore al limite di tolleranza". Il ricorrente oppone alla valutazione dei giudici di ben due gradi di merito una rilettura degli elementi di fatto che travalica i limiti del giudizio di legittimità. Anche le doglianze difensive contenute nel quarto motivo di ricorso, con- cernenti la mancata considerazione degli atti prodotti dalla difesa, si risolvono in questioni di merito, attinenti alla valutazione del fatto e sono, pertanto, precluse (,› al giudizio di legittimità. Non si ravvisa nella sentenza impugnata alcun vizio mo- tivazionale, posto che la Corte territoriale ha ritenuto i rilievi difensivi, espressi nella consulenza tecnica di parte, non condivisibili, motivando adeguatamente sul punto. Va, al riguardo, richiamato il principio di diritto affermato da codesta Corte secondo cui «il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni del proprio con- vincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti i rilievi del consulente tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico a sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve neces- sariamente prendere in esame in modo autonomo». (v. da ultimo Sez. 2 - , Sen- tenza n. 15248 del 24/01/2020 Ud. (dep. 18/05/2020) Rv. 279062 - 01). Con un percorso motivazionale logico e coerente, è stato osservato come il ricorrente non abbia assolto all'onere probatorio di dimostrare il compimento delle operazioni di recupero che comportano la cessazione della qualità di "rifiuto" e come le testimo- nianze di S e B (che, secondo la tesi difensiva, dovrebbero confer- mare l'avvenuta bonifica dei motori) non fossero idonee a confutare l'ipotesi ac- cusatoria in assenza di sufficienti riscontri documentali, stante l'esistenza di prove obiettive di segno contrario. Anche le doglianze oggetto del quinto motivo di ricorso si risolvono in que- stioni di merito e, comunque, risultano contraddette da quanto accertato dal giu- dice di primo grado e ribadito nella sentenza impugnata laddove si rileva che "la gran parte della merce stivata all'interno del container era sicuramente riferibile alla DELTA REM S.r.l.;in particolare, la maggioranza dei motori è stato identificato attraverso il numero seriale, riportato in fattura" e che "la bolletta doganale (la cui falsità ideologica è contestata nel capo B) di imputazione) contiene l'attestazione indubbiamente riferibile alla DELTA REM S.r.l. circa la presenza di parti e accessori di autoveicoli bonificati". La penale responsabilità dell'imputato è stata, pertanto, affermata in conformità alla costante giurisprudenza di legittimità relativa all'ap- plicazione ed interpretazione dell'art. 530, comma 2 cod.proc.pen. Non sussiste il vizio motivazionale dedotto nel sesto motivo di ricorso. La sentenza impugnata, richiamando le considerazioni svolte relativamente al capo A) di imputazione, con un percorso motivazionale logico e coerente, ravvisa la volontà e consapevolezza di commettere il reato di cui all'art. 483 c.p. in capo all'imputato, nella sua qualità di rappresentante legale della società a responsabi- lità limitata. Manifestamente infondato è anche il settimo motivo di ricorso relativo alla mancata applicazione dell'istituto di cui all'art. 131 bis c.p. Giova ribadire che «ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti» ( da ultimo Sez. 7 - , Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022 Cc. (dep. 24/03/2022) Rv. 283044 - 01). Ebbene, i giudici d'appello rilevano l'inesistenza dei presupposti per l'appli- cazione dell'istituto de quo, affermando che dev'essere considerata rilevante l'of- fesa al bene giuridico protetto, avuto riguardo, in particolare, alla natura "profes- sionale" della spedizione- posta in essere dal soggetto qualificato nel settore in quanto titolare di impresa operante nel ramo specifico- e all'entità della stessa. Nella sentenza impugnata, pertanto, risultano affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in appello. Nel ricorso si pro- spettano esclusivamente valutazioni (in parte vertenti su elementi di fatto non deducibili in questa sede) divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice d'appello con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti di- fensivi attualmente riproposti.
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