Cass. pen., sez. IV, sentenza 30/03/2023, n. 13277
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: ANGELOZZI VALERIO nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il 22/04/1963 avverso la sentenza del 12/03/2021 del TRIBUNALE di TERAMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A R;
lette le conclusioni del PG;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 marzo 2021, il Tribunale di Teramo in sede di appello ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice di pace di Teramo con cui V A è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen., per avere colposamente cagionato, con imprudenza, negligenza, imperizia, ad A M -la quale urtava una sporgenza tagliente del proiettore sinistro dell'auto parcheggiata dal medesimo, a ridosso del cancello di ingresso di un condominio, in modo da ostacolare il passaggio pedonale- lesioni personali, consistite in ferita lacero-contusa al quadricipite sinistro, giudicate guaribili in giorni quindici (fatto del 27.8.2017).
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
2.1. Con il primo, fa valere la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione, sotto il profilo della manifesta illogicità in ordine alla valutazione della prova, culminante nel travisamento della prova. Richiamati i principi che regolano la responsabilità colposa, la prevedibilità dell'evento e la causalità della condotta, il ricorrente assume l'insussistenza di un apparato argonnentativo idoneo ad affermare la responsabilità dell'imputato nel sinistro occorso alla persona offesa. Rileva che nessuno dei testi escussi nel processo ha assistito all'evento, mentre è emerso che A parcheggiò la propria autovettura davanti al cancello carrabile e non al cancello pedonale del condominio, che risultava libero e transitabile. Nessuna violazione delle norme che regolano la circolazione stradale, inoltre, può essere ascritta all'imputato, avendo egli parcheggiato l'autoveicolo in un'area privata e non sulla pubblica strada, sicché non può estendersi all'ipotesi di specie la disciplina del codice della strada. Mentre, quando anche si volesse ritenere applicabile la normativa sulla circolazione dei veicoli, occorrerebbe dimostrare il rapporto di causalità fra la condotta dell'avere parcheggiato in divieto di sosta e l'evento lesivo, posto che la regola dettata dall'art. 158 cod. strada è rivolta ad evitare di ostacolare l'uscita dei veicoli dai cancelli carrabili e non ad evitare lesioni ai pedoni, che eventualmente urtino i veicoli indebitamente parcheggiati. Deduce che, al fine di affermare la responsabilità colposa è necessario che l'evento prodottosi sia la concretizzazione del rischio che la regola cautelare mirava a prevenire. Al contrario, anche se la sosta fosse stata consentita, l'urto del pedone con il veicolo dell'imputato si sarebbe egualmente verificato, il che dimostra che l'avere violato il divieto di sosta non ha, in alcun modo, aumentato le probabilità di verificazione dell'evento. Osserva che A M si è procurata le lesioni per propria negligenza e disattenzione, scegliendo di passare dal cancello carrabile e non da quello pedonale, tenendo una condotta autolesiva. Sostiene che non può essere condiviso il ragionamento del giudice di appello, secondo il quale la norma cautelare violata non è quella relativa al divieto di sosta, ma quella esplicitata dall'art. 2054, comma 4 cod. c:iv., essendo questa rilevante solo ai fini della responsabilità civile, comunque costituendo il comportamento della persona offesa una causa idonea da sola a determinare l'evento, ai sensi dell'art. 41, comma 2 cod. pen. Lamenta, infine, il mancato superamento del ragionevole dubbio di colpevolezza, essendo la decisione fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile.
2.2. Con il secondo motivo, si duole della violazione di egge in relazione al disposto degli artt. 175 e 133 cod. pen., per non avere il Tribunale concesso il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziario benché richiesto, sulla base della considerazione che l'imputato ha già riportato quattro condanne, di cui due relative a reati depenalizzati. Rileva che le ulteriori due condanne, risalenti al 2007
udita la relazione svolta dal Consigliere A R;
lette le conclusioni del PG;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 marzo 2021, il Tribunale di Teramo in sede di appello ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice di pace di Teramo con cui V A è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590 cod. pen., per avere colposamente cagionato, con imprudenza, negligenza, imperizia, ad A M -la quale urtava una sporgenza tagliente del proiettore sinistro dell'auto parcheggiata dal medesimo, a ridosso del cancello di ingresso di un condominio, in modo da ostacolare il passaggio pedonale- lesioni personali, consistite in ferita lacero-contusa al quadricipite sinistro, giudicate guaribili in giorni quindici (fatto del 27.8.2017).
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore, affidandolo a due motivi.
2.1. Con il primo, fa valere la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione, sotto il profilo della manifesta illogicità in ordine alla valutazione della prova, culminante nel travisamento della prova. Richiamati i principi che regolano la responsabilità colposa, la prevedibilità dell'evento e la causalità della condotta, il ricorrente assume l'insussistenza di un apparato argonnentativo idoneo ad affermare la responsabilità dell'imputato nel sinistro occorso alla persona offesa. Rileva che nessuno dei testi escussi nel processo ha assistito all'evento, mentre è emerso che A parcheggiò la propria autovettura davanti al cancello carrabile e non al cancello pedonale del condominio, che risultava libero e transitabile. Nessuna violazione delle norme che regolano la circolazione stradale, inoltre, può essere ascritta all'imputato, avendo egli parcheggiato l'autoveicolo in un'area privata e non sulla pubblica strada, sicché non può estendersi all'ipotesi di specie la disciplina del codice della strada. Mentre, quando anche si volesse ritenere applicabile la normativa sulla circolazione dei veicoli, occorrerebbe dimostrare il rapporto di causalità fra la condotta dell'avere parcheggiato in divieto di sosta e l'evento lesivo, posto che la regola dettata dall'art. 158 cod. strada è rivolta ad evitare di ostacolare l'uscita dei veicoli dai cancelli carrabili e non ad evitare lesioni ai pedoni, che eventualmente urtino i veicoli indebitamente parcheggiati. Deduce che, al fine di affermare la responsabilità colposa è necessario che l'evento prodottosi sia la concretizzazione del rischio che la regola cautelare mirava a prevenire. Al contrario, anche se la sosta fosse stata consentita, l'urto del pedone con il veicolo dell'imputato si sarebbe egualmente verificato, il che dimostra che l'avere violato il divieto di sosta non ha, in alcun modo, aumentato le probabilità di verificazione dell'evento. Osserva che A M si è procurata le lesioni per propria negligenza e disattenzione, scegliendo di passare dal cancello carrabile e non da quello pedonale, tenendo una condotta autolesiva. Sostiene che non può essere condiviso il ragionamento del giudice di appello, secondo il quale la norma cautelare violata non è quella relativa al divieto di sosta, ma quella esplicitata dall'art. 2054, comma 4 cod. c:iv., essendo questa rilevante solo ai fini della responsabilità civile, comunque costituendo il comportamento della persona offesa una causa idonea da sola a determinare l'evento, ai sensi dell'art. 41, comma 2 cod. pen. Lamenta, infine, il mancato superamento del ragionevole dubbio di colpevolezza, essendo la decisione fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, costituitasi parte civile.
2.2. Con il secondo motivo, si duole della violazione di egge in relazione al disposto degli artt. 175 e 133 cod. pen., per non avere il Tribunale concesso il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziario benché richiesto, sulla base della considerazione che l'imputato ha già riportato quattro condanne, di cui due relative a reati depenalizzati. Rileva che le ulteriori due condanne, risalenti al 2007
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