Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/07/2004, n. 12359
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. N G - rel. Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE di AGROPOLI, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AVEZZANA 13, presso lo studio dell'avvocato L B, rappresentato e difeso dall'avvocato S R F, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CORRENTE VENERANDA;
- intimata -
avverso la sentenza definitiva n. 377/00 del Giudice di pace di AGROPOLI, depositata il 11/12/00;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/04/04 dal Consigliere Dott. G N;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. I D che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, giurisdizione delle Commissioni Tributarie.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di Pace di Agropoli, decidendo sulla domanda proposta, con atto di citazione in data 26 ottobre 2000, da Veneranda Corrente e volta alla dichiarazione di nullità dell'atto di accertamento del credito complessivo di L. 385.430 vantato dal Comune di Agropoli per consumi di acqua potabile, depurazione ed acque reflue in relazione agli anni 1996 - '97 - '98 - '99, con sentenza resa in data 11 dicembre 2000, dichiarata provvisoriamente esecutiva, ha dichiarata la cessazione della materia del contendere, condannando il Comune di Agropoli a rimborsare all'attore meta' delle spese processuali e dichiarando compensate tra le parti l'altra meta'.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Comune di Agropoli, affidandosi a tre motivi.
L'intimata, Veneranda Corrente, non ha svolto attivita' difensive. Poiché col primo motivo ai pone la questione di giurisdizione in ordine alla parte della domanda avente ad oggetto il canone per depurazione ed acque reflue, il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 16 e sgg. L. n. 319 del 1976, della L. n. 36 del 1994 e del D.Lg n. 546 del 1992, sostenendosi che il Giudice di Pace avrebbe dovuto rilevare d'ufficio il proprio difetto di giurisdizione in ordine alla parte di domanda relativa ai canoni di fognatura e depurazione, poiché devoluta alla cognizione delle commissioni tributarie.
Col secondo motivo, attinente alla spese processuali, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, assumendosi che la valutazione della c.d. soccombenza virtuale non avrebbe potuto includere la parte della domanda devoluta alla cognizione del giudice tributario. Col terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 282 cod.proc.civ., osservandosi che, poiché si tratta di sentenza solo dichiarativa, essa non poteva essere munita di formula esecutiva.
Il ricorso è infondato.
Questa Suprema Corte ha più volte (cfr. SS.UU., 9 luglio 1977, n. 6226;SS.UU., 17 gennaio 2002, n. 499) avuto modo di affermare il principio secondo cui la soluzione della questione di giurisdizione, mirando all'individuazione del giudice munito del potere-dovere di decidere sulla domanda, è necessariamente prodromica e strumentale rispetto a tale decisione, sicché, non potendo avere valenza astratta e teorica, resta inconferente a fronte dell'esaurimento del dibattito, determinato dal venire meno della pretesa, in ordine alla quale soltanto era necessario verificare la giurisdizione del giudice adito.
Facendo applicazione al caso in esame di tale condiviso principio di diritto, deve ritenersi che, dal momento che il ricorrente non sottopone a censura la declaratoria di cessazione della materia del contendere, limitandosi a dolersi dell'erronea valutazione della c.d. soccombenza virtuale al fine di un diverso regolamento dell'onere delle spese processuali nonché dell'erronea apposizione della clausola di provvisoria esecuzione, egli non possa utilmente denunciare il supposto difetto di giurisdizione del Giudice ordinario su una parte della domanda, nell'ambito di una controversia in cui l'intero dibattito di merito è incontestatamente superato. Risulta, dunque, evidente l'inammissibilità delle censure svolte con i primi due motivi.
Priva di fondamento è la terza censura, poiché la sentenza del Giudice di Pace ha ope legis (artt. 282, 283 e 373, nuova formulazione, cod.proc.civ.) efficacia esecutiva, ovviamente nei limiti in cui contenga statuizioni suscettibili di esecuzione forza (nella specie, quella relativa alle spese processuali). Il ricorso va, pertanto, rigettato, senza, tuttavia, che si debba provvedere sulle spese processuali, poiché l'intimata non ha svolto attività difensiva.