Cass. pen., sez. V, sentenza 26/09/2022, n. 36195
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PECORARO CARLO nato a BARI il 06/09/1960 avverso la sentenza del 09/02/2021 del TRIBUNALE di BARIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERANGELO CIRILLO;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale, dott. PASQUALE SERRAO D'AQUINO, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 9 febbraio 2021 dal Tribunale di Bari, che ha riformato la sentenza del Giudice di pace di Bari, limitatamente all'entità della pena pecuniaria, che aveva condannato P C per il reato di lesioni personali, commesso in danno di T G, che, secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe stato aggredito dall'imputato, mentre stava conversando, lungo la pubblica via, con D'Addabbo Giovanna (con la quale la persona offesa, in passato, aveva avuto una relazione sentimentale).
2. Contro la sentenza del Tribunale di Bari, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 431, 511, 191, 526 e 533 cod. proc. pen. Il motivo è articolato in tre diverse censure. Con la prima rappresenta che: la sentenza di primo grado aveva fondato il giudizio di responsabilità anche sulle dichiarazioni della persona offesa contenute nella querela;
con l'atto di appello, la difesa aveva contestato l'utilizzazione per la decisione della querela contenuta nel ricorso ex art. 21, d.lgs. n. 274 del 2000;
la sentenza di secondo grado riteneva infondato il motivo di appello, sostenendo che il Giudice di pace non aveva desunto dal ricorso elementi decisivi alla fine della prova dei fatti. Con la seconda censura, il ricorrente, dopo aver riportato ampi stralci di prove dichiarative, sostiene che non potrebbero costituire riscontro alla versione dei fatti fornita dalla persona offesa, poiché conterrebbero ricostruzioni dei fatti inconciliabili con quella riferita dal T. Con la terza censura, deduce la violazione della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, sancita dall'art. 533 cod. proc. pen, in quanto il giudice di appello non avrebbe spiegato i motivi per i quali era stata preferita la versione della persona offesa anziché quella resa dai testi e dall'imputato.
2.2. Con un secondo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125 e 546 cod. proc. pen. Sostiene che la sentenza sarebbe priva di motivazione, non avendo esplicitato le ragioni per le quali il giudice di secondo grado ha ritenuto che le dichiarazioni della persona offesa fossero riscontrate da quelle rese dagli altri
udita la relazione svolta dal Consigliere PIERANGELO CIRILLO;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale, dott. PASQUALE SERRAO D'AQUINO, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 9 febbraio 2021 dal Tribunale di Bari, che ha riformato la sentenza del Giudice di pace di Bari, limitatamente all'entità della pena pecuniaria, che aveva condannato P C per il reato di lesioni personali, commesso in danno di T G, che, secondo l'ipotesi accusatoria, sarebbe stato aggredito dall'imputato, mentre stava conversando, lungo la pubblica via, con D'Addabbo Giovanna (con la quale la persona offesa, in passato, aveva avuto una relazione sentimentale).
2. Contro la sentenza del Tribunale di Bari, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 431, 511, 191, 526 e 533 cod. proc. pen. Il motivo è articolato in tre diverse censure. Con la prima rappresenta che: la sentenza di primo grado aveva fondato il giudizio di responsabilità anche sulle dichiarazioni della persona offesa contenute nella querela;
con l'atto di appello, la difesa aveva contestato l'utilizzazione per la decisione della querela contenuta nel ricorso ex art. 21, d.lgs. n. 274 del 2000;
la sentenza di secondo grado riteneva infondato il motivo di appello, sostenendo che il Giudice di pace non aveva desunto dal ricorso elementi decisivi alla fine della prova dei fatti. Con la seconda censura, il ricorrente, dopo aver riportato ampi stralci di prove dichiarative, sostiene che non potrebbero costituire riscontro alla versione dei fatti fornita dalla persona offesa, poiché conterrebbero ricostruzioni dei fatti inconciliabili con quella riferita dal T. Con la terza censura, deduce la violazione della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, sancita dall'art. 533 cod. proc. pen, in quanto il giudice di appello non avrebbe spiegato i motivi per i quali era stata preferita la versione della persona offesa anziché quella resa dai testi e dall'imputato.
2.2. Con un secondo motivo, deduce l'inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125 e 546 cod. proc. pen. Sostiene che la sentenza sarebbe priva di motivazione, non avendo esplicitato le ragioni per le quali il giudice di secondo grado ha ritenuto che le dichiarazioni della persona offesa fossero riscontrate da quelle rese dagli altri
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