Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/08/2012, n. 14368

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In tema di responsabilità disciplinare degli avvocati, la pubblicità informativa finalizzata all'acquisizione della clientela costituisce illecito, ai sensi dell'art. 38 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, e degli artt. 17 e 17-bis del codice deontologico forense, ove venga svolta con modalità lesive del decoro e della dignità della professione. A tal fine, invero, resta irrilevante sia che il d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 abbia disciplinato esaustivamente la materia della pubblicità ingannevole e comparativa, attribuendo i poteri sanzionatori all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in quanto questi non attengono alle violazioni del codice di deontologia forense, sia che l'art. 2, comma primo, lett. b), del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv. dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, consenta di svolgere pubblicità informativa, siccome la disposizione non incide sul rilievo disciplinare delle modalità e del contenuto con cui la pubblicità informativa è realizzata, sia, infine, che l'incolpato si sia immediatamente adeguato al modello comportamentale suggerito dall'incolpazione, giacché non esiste alcuna norma nel sistema disciplinare forense che escluda l'illecito in ragione del cd. "ravvedimento operoso". (Nella specie, la C.S. ha confermato la decisione impugnata, che aveva irrogato la sanzione della censura a carico di un avvocato, per avere lo stesso utilizzato presso l'ufficio e nel sito "web" le espressioni "L'angolo dei diritti" e "negozio", ritenendo le stesse di carattere prettamente commerciale ed eccedenti l'ambito informativo razionale).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/08/2012, n. 14368
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14368
Data del deposito : 10 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. A M - Presidente Sez. -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. D P S - rel. Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24467-2011 proposto da:
S E, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE CARSO

51, presso lo studio dell'avvocato R A, rappresentato e difeso dall'avvocato P P per procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VARESE, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la decisione n. 93/2011 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 07/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2012 dal Consigliere Dott. S D P;

udito l'Avvocato P P;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che l'Avvocato Emanuele Segic, con ricorso del 7 ottobre 2011, ha impugnato per cassazione - deducendo sette motivi di censura -, nei confronti del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione e del Consiglio nazionale forense, la decisione del Consiglio nazionale forense n. 93/2011 del 13 novembre 2010 - 7 luglio 2011, con la quale il Consiglio nazionale forense, pronunciando sul ricorso degli Avvocati Daniele Parisi ed Segic Emanuele avverso la decisione del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Varese in data 15 dicembre 2009 - che aveva inflitto agli Avvocati Parisi e Segic la sanzione disciplinare della censura -, sulle conclusioni del Procuratore generale - il quale aveva chiesto in rigetto del ricorso e, in subordine, la riduzione della sanzione inflitta all'avvertimento -, ha respinto il ricorso;

che il Consiglio dell'Ordine territoriale, con deliberazione del 31 marzo 2009, aveva promosso l'azione disciplinare nei confronti degli Avvocati Parisi e Segic, formulando i seguenti capi di incolpazione: 1) "Art. 5 del Codice Deontologico Forense (C. D. F.), principio generale, per avere avviato l'attività dello studio legale associato L'angolo dei diritti in un locale posto sul piano strada, con l'utilizzo del predetto logo, applicando alle vetrine vetrofanie multilingue ed indicando con lo stesso mezzo le materie trattate, esponendo all'esterno gli orari di apertura e riportando sul sito internet, all'indirizzo www.angolodeidiritti.it, la dicitura orari negozio";
2) "Art. 5, principio generale, nonché art. 19, principio generale, art. 43, secondo canone, art. 45 C. D. F. e art. 2233 c.c., comma 2, per avere offerto al pubblico, mediante una tariffa
reperibile all'indirizzo internet www.angolodeidiritti.it ed esposto come vetrofania, prestazioni professionali, anche di natura giudiziale, ad un costo predeterminato e quantificato forfetariamente, senza riferimento al valore ed all'importanza della pratica nonché alla sua presumibile durata";
3) "Art. 5, principio generale, art. 17, principio generale, ed art. 18, principio generale, C. D. F., per avere rilasciato ai quotidiani locali "La Prealpina" e "La Provincia" (di Varese), edizioni del 21 febbraio 2009, due differenti interviste dalle quali risultano, in virgolettato, le seguenti affermazioni "(...) costi fissati dall'inizio e destinati a rimanere tali, senza spese per i clienti", "lo studio su Internet sarà sempre aperto", "Ci rivolgiamo a quella fascia di persone che non si rivolgono all'avvocato per diffidenza (...) il nostro scopo è quello di migliorare l'approccio e facilitare il ricorso del cittadino alla giustizia (...), promuovendo un'idea di assistenza legale come servizio a favore di tutti e non appannaggio di alcuni", nonché per aver indicato sul sito internet raggiungibile all'indirizzo www.angolodeidiritti.it le espressioni "si concedono a richiesta pagamenti personalizzati e dilazionati" e patto di quota lite";
(...) 6) "Art. 17-bis C. D. F., per aver provveduto all'attivazione di un dominio internet, operante all'indirizzo www.angolodeidiritti.it, senza aver effettuato la preventiva comunicazione al Consiglio dell'Ordine, e per non aver indicato i dati previsti dal comma 1 del medesimo art. 17-bis (ad esempio, l'indicazione dei nominativi dei professionisti che compongono lo Studio e del Consiglio dell'Ordine di appartenenza)";

7) "Art. 24, principio generale, C. D. F., per non avere adempiuto ai dovere di verità nei confronti del Consiglio dell'Ordine di appartenenza, avendo indicato che tra i collaboratori della Associazione professionale L'angolo dei diritti erano compresi anche gli Avvocati K B e F D S, che hanno invece negato la circostanza. In Varese nei mesi di febbraio e marzo 2009";

che i predetti Avvocati avevano fatto pervenire al Consiglio dell'Ordine una serie di osservazioni e giustificazioni in ordine ai capi di incolpazione, dopo di che il procedimento disciplinare era stato trattato nelle udienze del 21 luglio, del 22 settembre, del 20 ottobre, del 24 novembre, del 1 dicembre e del 15 dicembre 2009;

che, all'esito di tale procedimento, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Varese, con decisione de 15-30 dicembre 2009, aveva disposto il proscioglimento degli incolpati in relazione ai capi 4 e 5 dell'incolpazione ed aveva affermato la responsabilità disciplinare degli stessi in relazione agli altri capi, irrogando la sanzione della censura;

che gli Avvocati incolpati avevano impugnato tale decisione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo che: - il logo "Angolo dei diritti" venisse considerato conforme a deontologia, in quanto privo di qualsiasi caratterizzazione di natura commerciale (capo di incolpazione n. 1);
- le tariffe proposte in via generale per alcune tipologie di attività venissero considerate conformi a deontologia, perché proposte in forza di norma di legge (capo di incolpazione n. 2);
- le espressioni contestate nel capo di incolpazione n. 3 venissero considerate conformi a deontologia, perché i contenuti dei messaggi erano stati elaborati per essere recepiti dai destinatari;
- l'Avvocato Segic fosse assolto dall'incolpazione di cui al capo n. 7, perché si trattava di un fatto a lui estraneo, con conseguente riduzione della sanzione a quella dell'avvertimento;

che il Consiglio Nazionale - acquisiti documenti attestanti che in molte parti del Paese sono stati aperti studi "su strada" -, con la decisione 93/2011 del 13 novembre 2010-7 luglio 2011, ha respinto il ricorso;

che in particolare, per quanto in questa sede rileva, il Consiglio nazionale forense ha affermato che: a) "preliminarmente, (...) nel caso di specie, non è censurato l'esercizio della professione in ambiente e luogo diverso dalla tradizione o con inusuali modalità comunicative: nel caso di specie, infatti, la localizzazione dello studio non comporta neppure una violazione della riservatezza dell'utente o della dignità professionale dei legali che operano nello studio";
b) relativamente ai capo di incolpazione n. 1): "Il Codice deontologico forense, a seguito dell'entrata in vigore della normativa nota come "Bersani" consente non una pubblicità indiscriminata ma la diffusione di specifiche informazioni sull'attività, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione del compenso e della modalità del suo calcolo. La peculiarità e la specificità della professione forense giustificano, tuttavia, conformemente alla normativa comunitaria e alla costante sua interpretazione da parte della Corte di giustizia, le limitazioni derivanti dalla necessità di proteggere i beni della dignità e del decoro della professione e la verifica al riguardo è dall'ordinamento affidata al potere-dovere dell'ordine professionale. Nel caso di specie, l'utilizzo delle espressioni L'angolo dei diritti e "negozio" (solo successivamente eliminata) hanno carattere prettamente commerciale. Esse tendono a persuadere il possibile cliente attraverso un motto pieno di capacità evocativa emozionale, basandosi, quindi, su messaggi pubblicitari eccedenti ì ambito informativo razionale così come previsto dalla norma deontologica", ciò conformemente al principio, secondo cui "il disvalore deontologico dell'attività di acquisizione della clientela, di per sè lecita e tanto più nell'attuale contesto in cui l'ordinamento comunitario e l'interpretazione di svariate sue norme pongono in evidenza l'aspetto organizzativo, economico e concorrenziale dell'attività professionale, risiede negli strumenti usati ai fini dell'accaparramento, i quali non devono essere alcuno di quelli tipizzati in via esemplificativa nei canoni complementari dell'art. 19, non concretizzarsi nell'intermediazione di terzi (agenzie o procacciatori), ne' essere, più genericamente "mezzi illeciti" o meglio (nella versione vigente, approvata il 14 dicembre 2006) che possano esplicarsi in modo non conforme alla correttezza e decoro";
c) relativamente al capo di incolpazione n. 2): "Quanto ai costi predeterminati, non è condivisibile l'opinione che nega l'avvenuta compromissione, nella specie, dei principi di adeguatezza e proporzionalità: al contrario, è verificabile l'avvenuta lesione, nella specie, del decoro della professione legale, svilita da proposte commerciali che offrono servizi a costi molto bassi. Qui, infatti, non si tratta di valutare se sussista corrispondenza con i minimi tariffari, bensì l'adeguatezza del compenso al valore ed all'importanza della singola pratica trattata;
invero i compensi devono sempre essere proporzionati all'attività svolta";
d) relativamente al capo di incolpazione n. 3): "In merito alle interviste rilasciate ed alle relative espressioni utilizzate (quali:
"Ci rivolgiamo a quella fascia di persone che non si rivolgono all'avvocato per diffidenza (...) il nostro scopo è quello di migliorare l'approccio e facilitare il ricorso del cittadino alla giustizia (...), promuovendo un'idea di assistenza legale come servizio a favore di tutti e non appannaggio di alcuni"), occorre rilevare (che) un intento captativo e non informativo che, dando della categoria un'immagine negativa, ingenerano diffidenza nella clientela";
e) quanto al capo di incolpazione n. 6): "Gli incolpati hanno anche violato l'art. 17-bis del codice deontologico forense, secondo cui "L'avvocato che intende dare informazioni sulla propria attività professionale deve indicare;
la denominazione dello studio, con l'indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l'esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria (...)". La circostanza che i ricorrenti abbiano posto rimedio all'insufficienza delle indicazioni rispetto al modello deontologico in un momento successivo non scrimina per ciò solo il comportamento precedente contrario alla deontologia";
f) relativamente al capo di incolpazione n. 7): "(...) quanto alla violazione del dovere di verità, dal verbale dell'audizione del 3.3.2009 a firma degli incolpati risulta l'affermazione per cui presso L'angolo dei diritti operavano "sei" avvocati, tra i quali l'avv. K B e l'avv. F D B, i quali, invece, sentiti in merito, hanno negato qualsiasi partecipazione all'iniziativa. Onde appare senza dubbio violato il dovere di verità";
g) "Quanto alla sanzione irrogata, quella della censura appare congrua rispetto alla condotta, potenzialmente contagiosa (indipendentemente dall'inutile ricerca di una sua dannosità nel concreto, del tutto estranea alla fattispecie disciplinare contestata), posta in essere da professionisti maturi per esperienza, età e funzioni";

che il Consiglio nazionale forense, benché ritualmente intimato, non si è costituito ne' ha svolto attività difensiva;

che, all'esito dell'odierna udienza di discussione, il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

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