Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/05/2013, n. 12103
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Ai fini del riparto di giurisdizione relativamente ad una domanda di risarcimento danni di un dipendente nei confronti della P.A., attinente al periodo di rapporto di lavoro antecedente la data del 1° luglio 1998 (a norma dell'art. 69, comma settimo, del d.lgs. n. 165 del 2001) - come anche a quella di un dipendente comunque in regime di diritto pubblico - la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo, se si fa valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, mentre appartiene al giudice ordinario nel caso in cui si tratti di azione che trova titolo in un illecito. L'accertamento circa la natura del titolo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall'attore, anche attraverso il richiamo strumentale a disposizioni di legge, quali l'art. 2087 cod. civ. o l'art. 2043 cod. civ., mentre assume valore decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di "neminem laedere" e riguardi, quindi, condotte la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, ovvero consegua alla violazione di obblighi specifici che trovino la ragion d'essere nel rapporto di lavoro. (Nella specie, la S.C., in applicazione del suddetto principio, ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata denunciata una condotta tenuta dall'amministrazione, in data antecedente la data del 30 giugno 1998, in violazione degli obblighi nascenti dall'art. 2087 cod. civ. o degli obblighi di buona fede e correttezza gravanti sulle parti del rapporto, con conseguente qualificazione della responsabilità azionata come contrattuale, ritenendosi altresì irrilevante la produzione di ulteriori conseguenze dannose progressivamente nel corso degli anni successivi).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo presidente f.f. -
Dott. M C F - Presidente di sez. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. G U - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - rel. Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22312-2011 proposto da:
T M L, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso l studio dell'avvocato P D, rappresentata e difesa dall'avvocato M L, per delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
AIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 374/2010 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 29/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2013 dal Consigliere Dott. A I;
uditi gli avvocati L M, B D dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Bologna depositato il 18 febbraio 2004, T M L, dipendente dell'Agenzia delle dogane dal 27 luglio 1970 al 31 marzo 1999, in qualità di impiegata di secondo livello (segretaria), aveva chiesto la condanna della ex datrice di lavoro a risarcirle i danni biologico, morale ed esistenziale a lei causati dalla violazione da parte dell'Agenzia dell'obbligo di sicurezza sui luoghi di lavoro.
In proposito, aveva esposto che, a causa di una prassi anomala (dovuta a carenze organizzative e dell'organico dell'ufficio) corrente nell'ufficio ove era addetta al protocollo generale, ella era stata sottoposta ad un procedimento penale per falsità materiale commessa da un pubblico ufficiale in atto pubblico (poi concluso nel 1997 con una sentenza di proscioglimento) e ad un procedimento disciplinare (poi archiviato, sempre nel 1997, a seguito della sentenza penale di proscioglimento), per avere, in data 8 aprile 1991 (lunedì), in adempimento di un preciso ordine del proprio superiore diretto, proceduto alla protocollazione di un documento retrodata al sabato della settimana precedente (6 aprile 1991, giorno del resto di effettiva ricezione dell'atto).
La lavoratrice aveva aggiunto che, già in concomitanza e a causa dell'avvio delle indagini penali, aveva contratto una sindrome ansioso-depressiva, manifestatasi in forme progressivamente sempre più gravi negli anni 1999, 2001, 2003, portatrice di una sua profonda sofferenza psichica, con conseguente alterazione del suo normale regime di vita personale, familiare e sociale. Dopo avere, al riguardo, inutilmente richiesto l'equo indennizzo (la sua domanda del 10.9.99 era stata respinta per tardività, nonostante il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità ansioso-depressiva da cui era risultata affetta), la Tantini aveva promosso l'azione in parola, deducendo che il fatto lesivo della sua salute era da ritenere "interno" all'adempimento delle disposizioni ricevute dal superiore in rapporto ad una prassi di retrodatazione relativa alla protocollazione degli atti del lunedì, ben nota all'Agenzia e che l'aveva esposta agli accadimenti lesivi descritti, in assenza di una attivazione della datrice di lavoro per evitarli, in violazione, da parte di quest'ultima, dell'obbligo di sicurezza su di essa gravante a norma dell'art. 2087 c.c.. Il giudice di primo grado, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione proposta dall'Amministrazione, aveva accolto le domande, mentre la Corte d'appello di