Cass. pen., sez. II, sentenza 12/04/2019, n. 16105

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 12/04/2019, n. 16105
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16105
Data del deposito : 12 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Panges Prefabbricati S.r.l., con sede in S.Eufemia d'Aspromonte, via Tenente Tropeano 29, in persona del legale rappresentante avverso il decreto n. 47/18 del 11/07/2018 del Tribunale di Reggio Calabria, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M M A;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale D C, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 11 luglio 2018 (depositato in data 20 luglio 2018), il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione, ha dichiarato inammissibile l'istanza presentata nell'interesse della Panges Prefabbricati S.r.l., in persona del legale rappresentante, volta ad ottenere l'applicazione della misura del controllo giudiziario delle aziende di cui all'art. 34-bis, comma 6, d.Lgs. 159/2011 con contestuale sospensione degli effetti dell'informazione antimafia a carattere interdittivo emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 10 agosto 2015. In punto di fatto risulta che la menzionata società già destinataria nel 2009 di una prima informazione interdittiva poi annullata dal TAR nel 2010, in data 11 agosto 2015 veniva raggiunta da una seconda interdittiva ex art. 91 e ss. del d.Lgs. 159/2011. A seguito di impugnazione innanzi al TAR di quest'ultimo provvedimento amministrativo, il procedimento si concludeva in via definitiva con sentenza 10 novembre 2016 nr. 2096/2016 con la quale il Consiglio di Stato respingeva il ricorso. A seguito della sentenza appena citata, il legale rappresentante della Panges Prefabbricati, avanzava ai sensi dell'art. 91, comma 5 del d.Lgs. 159/2011 richiesta di aggiornamento, rimasta, allo stato, senza riscontro e chiedeva poi l'applicazione del controllo giudiziario di cui all'art. 34-bis, comma 6, d.Lgs. 159/2011 evidenziando l'interesse pubblico alla salvaguardia dei posti di lavoro dei sette dipendenti della società.

2. Ricorre per Cassazione avverso il predetto provvedimento il difensore della predetta società, deducendo:

2.1. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 34-bis, comma 6, d.Lgs. 159/2011 ed all'art. 12 delle preleggi. Rileva la difesa della ricorrente che avrebbe errato il Tribunale nel dichiarare l'inammissibilità della domanda avanzata dalla ditta Panges in quanto l'art. 34-bis, comma 6, d.Lgs. 159/2011 prevede che «le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell'art. 84, comma 4, "che abbiano proposto l'impugnazione" del relativo provvedimento del Prefetto possono richiedere al Tribunale competente per le misure di prevenzione l'applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo ...» con la conseguenza che un'interpretazione letterale della norma stessa prevede come presupposto per la richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario che sia impugnato il provvedimento prefettizio e ciò indipendentemente dell'esito del procedimento di impugnazione. Ad una interpretazione della disposizione nel senso indicato deporrebbe l'art. 15 del d.Lgs. 231/2011 in materia di responsabilità da reato delle società che in una situazione simile a quella di cui all'art. 34-bis del Codice Antimafia prevede che in caso di applicazione di sanzione interdittiva a carico dell'Ente vi è la possibilità di nominare un Commissario giudiziale qualora l'Ente svolga un pubblico servizio od un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività, ovvero qualora l'interruzione dell'attività dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione: orbene mentre il citato art. 15 del d.Lgs. 231/2001 prevede espressamente che la prosecuzione dell'attività da parte del Commissario non possa essere disposta qualora la sanzione interdittiva venga applicata in via definitiva, detta previsione normativa non è invece contemplata nell'art. 34-bis del Codice Antimafia ed il "non detto" non potrebbe essere colmato da una interpretazione che vada oltre il dato normativo.

2.2. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all'art. 34-bis, comma 6, d.Lgs. 159/2011. Rileva parte ricorrente che, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale nel provvedimento impugnato, non vi sarebbe dubbio sul fatto che l'istituto del controllo giudiziario nel caso in esame ha una propria autonomia rispetto al giudizio amministrativo e non può certo dipendere da questo e ciò per almeno due ordini di ragioni: a) se la concessione del controllo giudiziario dipendesse dall'esito del giudizio di impugnazione innanzi all'Autorità Amministrativa, inevitabilmente la decisione assunta in sede amministrativa (che peraltro può rimuovere il provvedimento solo per ragioni di natura formale) andrebbe ad incidere sul potere riservato al Tribunale circa l'autonoma valutazione delle condizioni e dei presupposti per l'attivazione dell'istituto e finirebbe addirittura per escludere la possibilità di ricorrere al controllo giudiziario la cui essenza e le cui finalità sono condensate nei primi tre commi dell'art. 34-bis;
b) in secondo luogo, ove una istanza di sospensione del provvedimento interdittivo fosse stata proposta innanzi al T.A.R. e da questo accolta, non potrebbe più essere concesso il controllo giudiziario di cui all'art. 34-bis stante la sostanziale inefficacia del provvedimento prefettizio. Per le argomentazioni esposte, ritiene quindi la difesa del ricorrente che vi sia una sostanziale autonomia tra il procedimento in sede giudiziaria e quello in sede amministrativa, salva comunque la relativa proposizione del ricorso in sede amministrativa quale presupposto richiesto espressamente dalla legge. Né sarebbe corretto sostenere che lo scopo del controllo giudiziario sarebbe quello di consentire all'impresa di continuare ad operare solo durante la pendenza del giudizio impugnatorio perché ciò mal si concilia con le caratteristiche dell'istituto delineate dal legislatore e con la prevista possibilità che il controllo giudiziario abbia una durata compresa tra uno e tre anni, non essendo oltretutto tale durata ancorata dal legislatore alla durata della pendenza del giudizio impugnatorio ma esclusivamente rimessa alla decisione del Tribunale competente in quanto legata alle effettive necessità di "bonifica" ravvisate dal Tribunale in capo all'impresa istante e non certo alla durata del procedimento amministrativo. Da ultimo, rileva la difesa del ricorrente non sarebbe corretto quanto affermato dal Tribunale circa il fatto che l'applicazione dell'istituto di cui all'art. 34-bis sarebbe fisiologicamente ed inscindibilmente connesso alla pendenza di un ricorso amministrativo avverso un interdittiva non ancora decisa dal giudice competente atteso che il legislatore non ha in alcun modo specificato come e dinanzi a chi il provvedimento prefettizio debba essere impugnato, atteso che detta impugnazione ben potrebbe essere effettuata anche dinanzi allo stesso Prefetto perché riveda il provvedimento emanato mediante esercizio dei poteri di autotutela che gli sono propri o, ancora, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, il tutto con regole procedurali tra loro estremamente differenti sia con riferimento ai termini di proposizione, sia con riferimento ai poteri estrinsecabili in relazione all'atto impugnato dal che ne deriverebbe che il controllo giudiziario deve godere di assoluta autonomia ed essere correlato alla previa proposizione di un giudizio impugnatorio, ma non anche alla pendenza di tale giudizio.
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