Cass. civ., sez. III, sentenza 30/03/2010, n. 7766

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Massime1

Al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, i "giusti motivi" di compensazione totale o parziale delle spese previsti dall'art. 92 cod. proc. civ. (da indicare esplicitamente in motivazione per i procedimenti instaurati dal 1° marzo 2006, a seguito della sostituzione del secondo comma di detta norma per effetto dell'art. 2, comma 1, lett. a, della legge 28 dicembre 2005, n. 263, e succ. modif. ed integr.) possono essere evincibili anche dal complessivo tenore della sentenza, con riguardo alla particolare complessità sia degli aspetti sostanziali che processuali, ma se nessuno di tali presupposti sussiste deve applicarsi il generale principio della condanna alle spese della parte soccombente, non potendo trovare luogo l'esercizio del potere discrezionale giudiziale di compensazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 30/03/2010, n. 7766
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 7766
Data del deposito : 30 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S S - Presidente -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. A A - rel. Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:


GENERALI ASSICURAZIONI SPA

00079760328 in persona dei legali rappresentanti Dott. S P e Dott. R S, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE

49, presso lo studio dell'avvocato B S, rappresentata e difesa dall'avvocato D C E giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
F.LLI

BERTANI SPA

11054560153;

- intimata -
e sul ricorso n. 30049/2005 proposto da:
F B SA in persona del legale rappresentante pro tempore Ing. B G, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI TRE

OROLOGI

20, presso lo studio dell'avvocato F P, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C G giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;



- ricorrente -


contro
GENERALI ASSICURAZIONI SPA;

- intimata -
avverso la sentenza n. 1066/2005 della CORTE D'APPELLO di MILANO, SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 2/3/2005, depositata il 21/04/2005, R.G.N. 658/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 26/01/2010 dal Consigliere Dott. A A;

udito l'Avvocato ERMANNO PRASTARO per delega dell'Avvocato ELIO DEL CONTE;

udito l'Avvocato GIANLUCA FUSCO per delega dell'Avvocato PAOLO FICOZZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO

Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Convenuta in giudizio per il risarcimento del danno subito dalla società proprietaria (Immobiliare Manzoni s.r.l.) dell'edificio a fianco del quale aveva effettuato uno scavo in vista della realizzazione di un parcheggio sotterraneo, la s.p.a. F.lli Bertani chiamò in garanzia la s.p.a. Assicurazioni Generali, con la quale aveva stipulato una polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante da danni che potessero essere cagionati a terzi. La chiamata in causa contestò l'operatività della garanzia sul rilievo che essa concerneva i "danneggiamenti a cose in conseguenza di un fatto accidentale connesso alla costruzione delle opere" e che il danno non era stato conseguenza di fatto accidentale, essendosi invece verificato per riconosciuta colpa del preposto ai lavori, che aveva iniziato lo scavo senza la preventiva realizzazione delle opere di contenimento delle pareti.
Con sentenza n. 7127 del 2003 l'adito tribunale di Milano condannò la convenuta società Bertani a pagare all'attrice società Manzoni la somma di Euro 319.185,50 ma respinse la domanda di garanzia della Bertani nei confronti della Generali, di cui condivise gli assunti. 2.- La decisione è stata riformata dalla corte d'appello di Milano che, in accoglimento del gravame della Bertani, con sentenza n. 1066 del 2005 ha condannato la Generali a rifonderle tutte le somme dalla stessa versate alla Manzoni ed a rimborsarle la metà delle spese del grado, compensandole per l'altra metà.
3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la società Generali, affidandosi ad un unico, articolato motivo, cui resiste con controricorso la società Bertani, che propone anche ricorso incidentale in punto di intervenuta, parziale compensazione delle spese.
La ricorrente principale ha depositato anche memoria illustrativa. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- I ricorsi vanno riuniti, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
2.- Col ricorso principale sono denunciate violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., degli artt. 1325, 1882, 1905 e 1917 c.c., nonché omessa e, in subordine, insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia nelle parti in cui la corte d'appello, ritenendo in fatto che il danno fosse riconducibile a colpa dell'assicurato e che l'assicurazione della responsabilità civile comporta necessariamente l'estensione ai fatti colposi, "aveva totalmente eluso la questione fondamentale della controversia che, con riferimento al tenore di una clausola contrattuale, comportava un giudizio sull'oggetto e sulla causa (artt. 1325 e 2905 c.c.) del contratto assicurativo";
ed aveva inoltre pretermesso la considerazione dei 14 punti concernenti le delimitazioni dell'assicurazione di cui alla clausola n. 9 delle condizioni di polizza.
2.1.- Le censure sono manifestamente infondate.
Con motivazione del tutto esauriente ed assolutamente cristallina la corte territoriale ha ritenuto che la clausola n. 7 delle condizioni generali di polizza, prevedente la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti "accidentali", debba essere interpretata nel senso che essa si riferisca alla condotta colposa in contrapposizione a quella dolosa, dovendosi escludere, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa.
E questo per le seguenti ragioni, esposte alle pagine da 11 a 13 della sentenza impugnata:
a) perché l'assicurazione per la responsabilità civile, mentre non può certamente concernere fatti meramente accidentali, cioè dovuti a caso fortuito o a forza maggiore, dai quali non sorge alcuna responsabilità, importa necessariamente per la sua stessa denominazione e natura, l'estensione anche ai fatti colposi, salve espresse clausole limitative del rischio (sono citate Cass., nn. 4118/ 1995, 2863/ 1990, 6071/1983 e 6275/1980);

b) perché, nella specie, la clausola prevede espressamente l'obbligo dell'assicuratore di tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, come civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento di danni involontariamente causati a terzi, dove la non volontarietà (delle conseguenze dannose) qualifica una condotta esente da dolo e non anche immune da colpa, sicché la tesi della società assicuratrice, secondo la quale erano esclusi dalla copertura i fatti colposi, era palesemente contraddetta dall'espresso riferimento alla responsabilità dell'assicurato;

d) perché l'interpretazione di buona fede del contratto impediva di intendere la previsione di un fatto accidentale, connesso con la costruzione delle opere, come avulso dall'espresso richiamo alla responsabilità dell'assicurato, che imponeva di imporre al termine accidentale il mero significato di involontario.
A tanto si contrappone che il contratto assicurativo regola il rischio, che evoca l'idea di incertezza ed esclude dunque un evento altamente probabile, e che rischio oggettivo non c'è se è certo che il fatto colposo provochi un danno al terzo, com'era accaduto nella specie;
sicché, in definitiva, esisterebbero due profili di colpa:
quello consistente nella mancata adozione di certe tecniche (che inciderebbe sul rischio e delimiterebbe l'ambito di operatività della garanzia);
e quella concernente "altri e diversi aspetti", come l'inadeguatezza del cordolo (pagina 11, sesto periodo del ricorso). Basterebbe rilevare che non era affatto oggettivamente certo che l'inadeguatezza del cordolo provocasse il crollo e che "gli altri e diversi aspetti" possibili della colpa non sono illustrati per minare gli stessi presupposti dell'iter argomentativo della ricorrente, che peraltro completamente prescinde da quello della sentenza che si assume inficiata da violazione di legge e da vizio della motivazione, solo apparentemente criticandone la ratio decidendi - come ineluttabilmente si deve col ricorso per Cassazione - ma in realtà svolgendo argomentazioni autonome.
Il rischio, nell'assicurazione per la responsabilità civile, è la conseguenza negativa, nel patrimonio dell'assicurato, di un sinistro che l'assicurato non abbia dolosamente cagionato (art. 1917 c.c., comma 1), il suo interesse consistendo nel cautelarsi contro il
rischio, appunto, di alterazione negativa del proprio patrimonio complessivamente considerato ed esposto a responsabilità illimitata per eventuali comportamenti colposi, anche gravi, con la sua reintegrazione attraverso il pagamento, da parte dell'assicuratore, di una somma di danaro pari all'esborso dovuto dall'assicurato, nell'ambito di un tetto massimo detto massimale (così Cass., n. 7971 del 1993, costantemente confermata). Il principio enunciato dall'ultima delle sentenze citate nella decisione impugnata (Cass., n. 4118/1995) e ribadito dalla giurisprudenza successiva (ex plurimis, da Cass. nn. 752/2000 e 5273/2008), va in quest'occasione ribadito nel senso che "l'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa denominazione e natura importa necessariamente l'estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi".
A tale principio la sentenza s'è puntualmente allineata. Quanto alla pretermissione della clausola n. 9 (che non è chiarito sotto quale aspetto si attagli al caso di specie), in ricorso non si afferma che essa sia stata invocata nel giudizio di merito, sicché la questione posta è inammissibile in questa sede per la sua novità.
3.- È, invece, fondato il ricorso incidentale, col quale la Bertani si duole - deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. e dell'art. 1917 c.c. - che le spese del grado siano state
parzialmente compensate nel rapporto processuale con la s.p.a Assicurazioni Generali, "essendo ravvisatile la ricorrenza di giusti motivi in tal senso" (così la parte finale della motivazione della sentenza), non indicati e che si affermano palesemente insussistenti in relazione ai motivi della decisione, dai quali emerge che la totale soccombenza della società assicuratrice era stata preceduta da un'ingiustificata resistenza alla domanda di manleva. È noto che, al di fuori dei casi di soccombenza reciproca, i "giusti motivi" di compensazione totale o parziale delle spese (prima della modifica applicabile ai procedimenti instaurati dopo l'1.3.2006, che ne impone la esplicita indicazione in motivazione) sono stati ritenuti evincibili anche dal complessivo tenore della sentenza, con riguardo sia agli aspetti sostanziali che processuali. Ma se - come nella specie - nessuna delle possibili ragioni che la giurisprudenza ha ravvisato a fondamento dell'esercizio del potere discrezionale di compensazione sia neppure astrattamente identificabile, univocamente consegue che esso è stato illegittimamente esercitato in violazione del principio posto dall'art. 91 c.p.c., comma 1, secondo il quale le spese sostenute dalla parte vittoriosa debbono essere rimborsate da quella soccombente.
Alla cassazione della sentenza sul punto può far seguito la decisione nel merito sul punto ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in relazione alla intervenuta, integrale, analitica ed incontestata liquidazione delle spese processuali per i due gradi di merito (Euro 51.479,53, oltre accessori come per legge dovuti, come si legge nella seconda parte di pagina 13 della sentenza impugnata).
4.- La condanna della ricorrente principale alle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza.

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