Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/12/2005, n. 28323

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Massime1

In tema di giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalle sentenze delle commissioni tributarie passate in giudicato, ai sensi dell'art. 70 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel caso di giudicato il quale, pronunciando in materia di esenzione decennale parziale dall'IRPEG ex art. 105 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, si esaurisca nell'accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di diniego del diritto alla esenzione, non è consentito al giudice dell'ottemperanza riconoscere, in mancanza di espressa statuizione in tal senso nella decisione cui dare attuazione, il diritto al rimborso di quanto già versato anche per gli anni antecedenti all'istanza di esenzione del contribuente, perché ciò comporterebbe la violazione dei limiti oggettivi del giudicato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/12/2005, n. 28323
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28323
Data del deposito : 21 dicembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P E - rel. Presidente -
Dott. D'

ALONZO

Michele - Consigliere -
Dott. Z V - Consigliere -
Dott. S M - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20815 R.G. 2000, proposto da:
MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica e, per quanto occorrere possa,

UFFICIO DISTRETTUALE IMPOSTE DIRETTE

2^ DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, alla via dei Portoghesi 12;

- ricorrenti-
contro
PASQUALE CORSICATO S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa, con procura a margine del controricorso, dall'avv. P E, con il quale elettivamente domicilia in Roma, presso lo Studio dell'avv. Stefania Iasonna, già al viale Mazzini 132, ed ora alla via Riccardo Grazioli Lante 76;



- controricorrente -


per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli del 22 marzo 2000, depositata col n. 111/04/00 in pari data.
Nella pubblica udienza del 26 ottobre 2005, udito il Cons. relatore Dott. P;

udito l'avv. A C, delegato, per la controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA

Marcello, che ha concluso per l'inammissibilità ed in subordine per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La S.p.a. Pasquale Corsicato, con sede in Napoli, chiese il riconoscimento della esenzione decennale i.r.pe.g. al 90% - D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 26, comma 3 e art. 115 del t.u. delle leggi sul
Mezzogiorno -, per poi impugnare il diniego dell'Ufficio e sentirti accogliere il ricorso dalla Commissione tributaria di primo grado, con decisione n. 7950 del 29 ottobre 1987 - depositata in pari data - confermata, a seguito di gravami dell'ufficio medesimo, prima dalla Commissione tributaria di secondo grado (decisione n. 4963 del 26 ottobre - 23 novembre 1989) e, poi, dalla Commissione tributaria centrale (decisione n. 1805/93 del 19 marzo - 6 maggio 1993). 2.- Passata in giudicato l'ultima decisione, la contribuente reiterò le richieste di rimborso, per poi addivenire alla messa in mora dell'amministrazione, evocata finalmente in giudizio per l'ottemperanza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 davanti alla Commissione tributaria regionale della Campania. Avendo questa dichiarato la competenza della Commissione provinciale di Napoli, con assegnazione del termine per la riassunzione, a tanto adempiutosi, la stessa Commissione provinciale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso, designando il funzionario delegato all'adempimento, fatto consistere nella restituzione della "somma di L. 389.994.000, oltre gli interessi, come per legge, dalla data di presentazione del ricorso avverso il provvedimento di diniego di esenzione (16/07/84) a quella dell'effettivo pagamento". 3.- Per la cassazione ricorre l'Amministrazione finanziaria, con tre motivi, cui la Società contribuente resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.- Denuncia in ordine successivo f Amministrazione finanziaria:
1) "eccesso di potere giurisdizionale, violazione di legge e/o violazione delle norme sul procedimento", per tale via censurando la sentenza impugnata, per avere disposto il rimborso, materia rimasta del tutto estranea al precedente giudizio, che si era limitato al riconoscimento dell'esenzione, con la conseguenza di "travalicare i confini propri dell'esecuzione del giudicato", ed incorrere, così, in "usurpazione o indebita assunzione di potestà giurisdizionale in materie riservate alla pubblica amministrazione";

2) "violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 26, D.P.R. n. 218 del 1978, art. 105, D.M. 14 dicembre 1966, art. 19", così rilevando come, con riguardo alla (prima) istanza di
rimborso - del 29 novembre 1983 -, il relativo diritto fosse ormai perduto "irrimediabilmente" per il periodo anteriore, avuto riguardo all'intero periodo di spettanza dell'esenzione, dal 1975 al 1984;

3) "violazione delle norme sul procedimento D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 26, D.P.R. n. 218 del 1978, art. 105;
totale mancanza di motivazione in merito ad un punto
decisivo della controversia", in tal modo conclusivamente assumendo che, con riguardo al contenuto della sentenza impugnata, "resta del tutto apodittica ed indimostrata la presunta equipollenza tra la procedibilità di detta esenzione ed il diritto al rimborso". 5.- La controricorrrente oppone, in via pregiudiziale, la inammissibilità del ricorso, perché notificato oltre il termine breve;
e, nel merito, ancora la inammissibilità delle censure avversarie, non essendo configurabili le ipotesi di inosservanza delle norma sul procedimento (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, comma 10) ovvero di violazione di legge (sostanziale o processuale: art. 111 Cost.);
e, comunque, la loro infondatezza, per risultare corretta
la sentenza impugnata, con particolare riguardo all'affermazione secondo cui "l'esenzione spetta per l'intero decennio con decorrenza dal verificarsi dei presupposti giuridici per il godimento della esenzione stessa e quindi per il periodo 1975-1984". 6.- Il ricorso è ammissibile.
La sentenza che si impugna è stata notificata l'11 e 12 maggio 2000, nelle rispettive sedi, all'Ufficio Imposte Dirette ed alla Direzione delie Entrate di Napoli, evidentemente dopo la scadenza del termine breve, che, tuttavia, non aveva preso a decorrere, per l'irritualità della notifica della sentenza, segnalata dall'Amministrazione ricorrente fin nell'epigrafe del ricorso.
Il termine breve per impugnare è fissato in via generale, nella materia tributaria - in armonia con la disciplina del processo civile -, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, comma 1 e art. 38, comma 2: esso è di sessanta giorni, decorrenti dalla notificazione della sentenza. In ordine alle sentenze impugnabili col ricorso per cassazione, di fronte alla giurisprudenza che si era attestata sulla efficacia della notifica agli uffici locali, non assistiti dall'avvocatura dello Stato, è intervenuta la norma - interpretativa dell'art. 38 citato - della L. n. 133 del 1999, art. 21, comma 1 che fino al 1^ gennaio
2001, data di entrata in funzione delle agenzie fiscali, a partire dalia quale la regola è stata ritenuta tacitamente abrogata: Cass., 5^, 12075 e 19970/2004 ha ritenuto necessaria la notifica "all'Amministrazione finanziaria presso l'Ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente ai sensi del testo unico approvato con R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, comma 2, e successive notificazioni".
Non si rivela producente il rilievo di incostituzionalità di tale disposizione - dalla controricorrente ricondotto peraltro a Cass., 5^, 1004/1999, tralasciando la susseguente pronuncia del giudice delle leggi -, giacché Corte Cost. n. 525 del 2000 ha limitato la declaratoria di illegittimità costituzionale "al periodo anteriore alla sua entrata in vigore". Da qui la conseguenza univoca "debbono ritenersi idonee, ai fini della decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione avverso le sentenze di secondo grado delle commissioni tributarie, le notificazioni delle stesse pronunce (ritualmente) eseguite entro il 17 maggio 1999 nei confronti degli uffici tributari che hanno emesso (o che hanno omesso di emettere) l'atto impugnato e che non hanno esercitato la facoltà di farsi assistere dall'avvocatura dello Stato nel giudizio di secondo grado, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, comma 4. Successivamente alla data predetta (e cioè dal 18 maggio 1999), invece, debbono ritenersi idonee ai medesimi fini le sole notificazioni delle sentenze stesse (ritualmente) eseguite, ai sensi della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 21, comma 1 (disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), presso l'avvocatura distrettuale dello Stato competente" (così Cass. 5^, 5648/2001;
nello stesso senso cfr, fra te altre, Cass., 5^, 5797, 6200, 7412, 8561/2001). Da ciò deriva la irritualità della notifica della sentenza, che, ai fini del decorso del termine breve per ricorrere, andava effettuata - nell'ottobre 2000, come è accaduto - non direttamente agli uffici, ma presso l'avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli. Resta da puntualizzare, poiché viene impugnata una sentenza della Commissione tributaria provinciale, che il riferimento alle "sentenze pronunciato dalle commissioni tributarie regionali e dalle commissioni tributarie di secondo grado di Trento e di Bolzano, ai fini del decorso dei termine", va necessariamente - e ragionevolmente - inteso siccome riguardante tutti i provvedimenti ricorribili in sede di legittimità, così come emerge dalla stessa massima sopra riportata, onde il regime introdotto - sia pure solo per il futuro e così da risultare applicabile alla fattispecie in esame - dal richiamato art. 21 deve ricomprendere tutte le sentenze in tal guisa impugnabili, e, pertanto, anche quella di merito resa (in unico grado) nel giudizio di ottemperanza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70 contro cui "è ammesso soltanto il ricorso per cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento" (comma 10, in relazione ai commi 1 e 7). Il ricorso risulta, pertanto, tempestivamente proposto entro il termine (c.d. lungo) annuale dal deposito della sentenza impugnata. 7.- Il ricorso si rivela, nei termini che seguono, fondato. 7.1.- Passando all'esame delle prospettazioni contrapposte, appare opportuno premettere, con riguardo all'art. 70, richiamato comma 10 come la richiamata limitazione dell'impugnazione della sentenza sul giudizio di ottemperanza vada interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo, in cui sia incorso il giudice dell'ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l'amministrazione non si sia adeguata o l'omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (Cass., 5^, 22565/2004), fermo restando che la tutela delle parti, in sede di impugnazione, deve restare assicurata, ai sensi dell'art. 111 Cost., in caso di violazione di legge, con riferimento tanto alla
legge regolatrice del rapporto sostanziala controverso che a quella regolatrice del processo (Cass., 5^, 15084/2004;
v. pure, con riguardo alla impugnazione della declaratoria d'inammissibilità del giudizio di ottemperanza, Cass., 5^, 15655/2004, e, relativamente ad un'ordinanza conclusiva del giudizio stesso, Cass., 5^, 3435/2005). Ciò posto, l'inammissibilità del ricorso perché proposto senza che ricorra alcuna inosservanza delle norme sul procedimento o sia configurabile una qualche violazione di legge, riferita anche alla disciplina del rapporto sostanziale, secondo la pregiudiziale eccezione della contribuente, appare scrutinatole solo in sede di esame del ricorso, in realtà riflettendosi sulla fondatezza delle censure con esso proposte. E queste stesse, per addurre rilievi intimamente connessi - oltre che per ragioni di completezza espositiva - vanno esaminate congiuntamente.
7.2.- La questione di fondo attiene ai rapporti tra esenzione - nella specie, quella decennale parziale dall'i.r.pe.g., D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 105 del t.u. leggi sugli interventi nel Mezzogiorno) e
rimborso del tributo frattanto versato. Paradigmatica si presenta, al riguardo, Cass., 5^, 1004/2001, della quale risulta esaustiva la massima conclusiva - di seguito riprodotta - che non può non condividersi.
"La disciplina delle esenzioni dall'i.lo.r. e dall'i.r.pe.g., di cui al combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie), art. 26, D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno),
artt. 101 e 105 e L. 1 marzo 1986, n. 64 (Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), art. 14, comma 5, prevede sempre, per la loro applicazione, la domanda del contribuente: sia essa da individuare nella richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale dei redditi (art. 102, comma 3, richiamato dall'art. 105, comma 1), che deve considerarsi regola generale in materia (cfr. D.P.R. n. 600 del 1973, anche art. 1), ovvero anche in una specifica, autonoma istanza ad hoc (cfr. combinato disposto del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 104 e del D.M. 14 dicembre 1965, artt. 19 20 recante le modalità di applicazione delle agevolazioni nel
Mezzogiorno). Ne consegue che la domanda per l'applicazione delle esenzioni de quibus è elemento della fattispecie costitutiva del diritto all'esenzione. Il contribuente - il quale abbia presentato rituale e tempestiva domanda di esenzione dall'i.lo.r. e dall'i.r.pe.g. ai sensi delle citate norme e, tuttavia, abbia cautelativamente versato i tributi oggetto della domanda di esenzione - non è soggetto all'onere di formulare distinta istanza di rimborso dei tributi nel termine di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), art. 38, comma 1, in quanto la domanda di esenzione vale anche come istanza di rimborso. Se, per un verso, è fuor di dubbio che la fattispecie considerata integra appieno lo schema prefigurato dall'art. 38, comma 1, cit. - trattandosi di rimborso di versamenti diretti per dedotta inesistenza, totale o parziale, del relativo obbligo, in forza di esenzione operante ex lege -, è anche certo che, nella fattispecie medesima, la domanda di esenzione, ove ritualmente e tempestivamente formulata, costituendo esercizio del relativo diritto vantato dal contribuente (e, cioè, sulla norma di esenzione e, quindi, dell'"inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento"), non può non implicare (anche) la inequivoca richiesta del contribuente stesso, volta alla restituzione, totale o parziale, di quanto già versato in via meramente cautelativa;
in altri termini, sul piano logico-sistematico la domanda di esenzione dal tributo - o, più in generale, di agevolazione tributaria - non può non valere anche come specifica istanza volta alla restituzione di quanto già eventualmente e cautelativamente versato".
7.3.- Il giudizio di ottemperanza qui in discussione ha per oggetto la decisione della Commissione tributaria di primo grado di Napoli, resa col n. 7950 il 29 ottobre 1987, che ha riconosciuto il diritto alla esenzione (parziale) decennale dall'i.r.pe.g., con riguardo alla "istanza prodotta il 2/12/82". Il decennio in questione è quello 1975-1984, come risulta dalla sentenza ora impugnata (cfr. p. 3) ed è incontestato fra le parti. Il giudice dell'ottemperanza, sulla premessa di "un'implicazione diretta tra il diritto alla esenzione ed il diritto al rimborso delle imposte versate in eccedenza, tale da costituire un tutt'uno", perviene - sotto il profilo della tempestività delle istanze di rimborso - alla conclusione secondo cui, "fino a quando il diritto alla esenzione non le è stato riconosciuto, il che e avvenuto col passaggio in giudicato della decisione della C.T.C., che ha rettificato il suo operato, è da quella data che la società ricorrente poteva chiedere il rimborso delle imposte versate in eccedenza, così come ha fatto legittimamente". Ne fa seguire la determinazione del diritto alla restituzione di tutto quanto versato in eccedenza nel decennio, in L. 389.994.000, oltre interessi - come si è detto - dal 16 luglio 1984, data della domanda di esenzione.
Costituisce regola processuale invalicabile che il giudice della ottemperanza si attenga "agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza e tenuto conto della relativa motivazione (art. 70 cit., comma 7). Nel caso in esame, mentre il dispositivo si è limitato ad "accogliere il reclamo" della contribuente, la motivazione fa unico riferimento espresso alla istanza come sopra prodotta nel 1983, ed al provvedimento negativo, notificato l'11 giugno 1984 ed oggetto dell'impugnativa. Ne resta così delimitato il petitum, materia dell'ottemperanza (cfr. Cass. 5^, 22188/2004, la quale, con riguardo ad una annualità di imposta, omessa nell'istanza di rimborso, ha affermato che, attraverso il giudizio di ottemperanza, "non può essere attribuito un diritto nuovo e ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire"). Onde il giudice quo non aveva il potere di retrodatare - neppure in via interpretativa, secondo la più ampia impostazione, desumibile da Cass., 5^, 22565/2004 citata - il diritto al rimborso, rispetto alla stessa domanda di esenzione, così come, a maggior ragione, non avrebbe potuto statuire sugli interessi (cfr. la decisione di legittimità da ultimo richiamata, riguardante un caso di interessi anatocistici richiesti solo nel corso del giudizio di ottemperanza: ed, a p. 2 della sentenza che qui si impugna, gli interessi appaiono appunto richiesti solo con la messa in mora del 18 settembre 1998).
Ciò comporta l'accoglimento dei primi due motivi di ricorso, dei quali il primo, sotto il profilo del delineato "eccesso di potere giurisdizionale", va riferito ai limiti del giudizio di ottemperanza, ed il secondo, riguardante i rapporti tra domanda di esenzione e rimborso, si rivela conforme ai criteri enunciati dalla ricordata Cass., 5^, 1004/2001, cui il collegio ha prestato adesione. 7.4.- Deve in definitiva affermarsi che, "in caso di giudicato il quale, pronunciando in materia di esenzione decennale parziale dall'i.r.pe.g. (D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 105), si esaurisca nell'accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di diniego del diritto alla esenzione, non è consentito al giudice
dell'ottemperanza riconoscere, in mancanza di espressa statuizione in tal senso nella decisione cui dare attuazione, il diritto al rimborso di quanto già versato, anche per gli anni antecedenti alla istanza (di esenzione) del contribuente, perché ciò comporterebbe la violazione dei limiti oggettivi del giudicato, e non risulterebbe conforme, in via interpretativa, ai più accreditati orientamenti della giurisprudenza di legittimità".
7.5.- Ogni valutazione riguardante il termine decadenziale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38 (nel testo previgente alla modifica
apportata con la L. n. 388 del 2000, art. 34, comma 6) va essa stessa, secondo l'indirizzo di carattere generale, rapportata alla richiamata istanza di esenzione, non essendo producenti, nel caso esaminato, le altre richieste di restituzione dei tributi versati in eccedenza - tutte successive al passaggio in giudicato della sentenza da eseguire -, che non possono d'altronde reintrodurre il regime delle decadenze, con riguardo ad un rapporto ormai definito con sentenza. Con la conseguenza del superamento del terzo motivo di ricorso.
7.6.- Ne deriva l'accoglimento - nei termini sopra chiariti - dei primi due motivi di ricorso, e la reiezione del terzo. La sentenza impugnata va perciò cassata, in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra Sezione della medesima Commissione tributaria provinciale di Napoli, perché, attenendosi al principio di diritto enunciato sub 7.4, proceda al nuovo esame, liquidando, all'esito, anche le spese del giudizio di cassazione.

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