Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/06/2005, n. 13289

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In relazione alla domanda di pensione di vecchiaia presentata da avvocato iscritto all'albo, la sussistenza del requisito della continuità nell'esercizio della professione non può essere contestata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per i periodi anteriori al quinquennio precedente la suddetta domanda, quando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dall'art. 3 della legge n. 319 del 1975, come modificato dall'art. 22 della legge n. 576 del 1980, e l'interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dagli artt. 17 e 23 della detta legge n. 576 del 1980.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 21/06/2005, n. 13289
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13289
Data del deposito : 21 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. N G - Presidente di sezione -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. M C F - rel. Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE, in persona del Presidente del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

BENNICELLI

27, presso lo studio dell'avvocato G C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato D D, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
L A;

- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 00311/02 proposto da:
L A, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE FLAMINIO

46, presso lo studio dell'avvocato G M, rappresentata e difesa dagli avvocati R C, R R, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
C.N.P.A.F.;



- intimato -


avverso la sentenza n. 258/00 della Corte d'Appello di GENOVA, depositata il 14/11/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/02/05 dal Consigliere Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI;

uditi gli avvocati Dario DONELLA, Carlo RAGGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARTONE

Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza Forense ha respinto la domanda di pensione di vecchiaia presentata dall'avv. Anna Lazagna ritenendo convalidabili, in base alla documentazione prodotta, solo 26 anni di iscrizione alla Cassa, in assenza di prova del requisito della continuità dell'esercizio della professione durante gli anni dal 1976 al 1982, per il 1987 e il 1988.
Su ricorso dell'avv. Lazagna il Tribunale di Genova ha condannato la Cassa a corrispondere all'appellante la pensione di vecchiaia con decorrenza 1 novembre 1994. La Corte di appello di Genova con la sentenza oggi denunciata ha confermato tale decisione, affermando, in relazione al disposto dell'art. 3 della legge 319/1975 (modificato dall'art. 22 della legge 20 settembre 1980 n. 576) che la sussistenza dei requisiti del diritto a pensione, sotto il profilo della continuità dell'esercizio professionale, poteva essere verificata solo per il periodo del quinquennio considerato da tale norma;

essendo stata presentata domanda di pensione nell'ottobre del 1994, tale periodo riguardava solo l'arco di tempo successivo all'ottobre del 1989.
Avverso questa sentenza la Cassa propone ricorso per cassazione con unico motivo.
L'avv. Anna Lazagna resiste con controricorso e ricorso incidentale. Sono state depositate memorie.
La causa è stata assegnata a queste Sezioni Unite per l'esame della questione, oggetto di un contrasto di giurisprudenza, relativa alla prova dell'esercizio continuativo della professione forense (richiesta per la concessione della pensione di vecchiaia agli iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense) in relazione alle disposizioni dettate in tema di revisione degli iscritti dall'art. 3 della legge 22 luglio 1975 n. 319 e successive modifiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. I ricorsi proposti contro la stessa sentenza devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.. 2. Con l'unico motivo del ricorso principale si denuncia la violazione degli artt. 22 legge 20 settembre 1980 n. 576, 2 legge 22 luglio 1975 n. 319, 1 legge 25 febbraio 1963 n. 289, 2 legge 8 gennaio 1952 n. 6;
degli artt. 10 legge 22 luglio 1975 n. 319, 29
legge 20 settembre 1980 n. 576;
degli artt. 3 legge 22 luglio 1975 n. 319, 22 legge 20 settembre 1980 n. 576, nonché degli artt. 2697 e
2730 cod. civ.. La parte, dopo aver richiamato le disposizioni normative che nel sistema della previdenza forense richiedono ai fini della concessione di pensione di vecchiaia l'esercizio continuativo della professione per il numero minimo di anni prescritto, e l'evoluzione nel tempo dei criteri fissati per la prova di tale requisito, afferma che lo strumento della revisione fu istituito dall'art. 3 della legge n. 319/1975 non per favorire la dimostrazione della sussistenza di tale
presupposto, ma nell'esclusivo interesse della Cassa di Previdenza, al fine di consentire alla stessa di percepire i contributi soggettivi degli iscritti oltre i minimi, e di verificare il numero degli iscritti aventi diritto alle prestazioni previdenziali;

argomenti in tal senso vengono tratti, oltre che dal riferimento della prima revisione prevista dalla legge del 1975 al decennio antecedente, dalla modifica della legge del 1980 che ha reso facoltativa la revisione, con la conseguenza che il mancato esercizio di tale facoltà non può precludere alla Cassa l'accertamento del presupposto del diritto alla prestazione previdenziale. Si sostiene dunque che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell'appello, il fatto che la revisione non sia stata disposta non incide sulla prova dell'esercizio continuativo della professione, che resta a carico dell'iscritto, il quale non può neppure beneficiare di presunzioni, non previste da alcuna norma di legge.

2. Con l'unico motivo del ricorso incidentale l'avv. Lazagna ripropone, mediante la denuncia di nullità della sentenza o del procedimento, per violazione degli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., l'eccezione di inammissibilità dell'appello proposto avverso la sentenza di primo grado;
sostiene che tale impugnazione risulta priva di specifiche argomentazioni dirette a confutare le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata, in quanto la controparte si è limitata a trascrivere le considerazioni svolte nella memoria difensiva di primo grado.
Il motivo, che deve essere esaminato preliminarmente, appare infondato. Infatti l'appello proposto dalla Cassa avverso la decisione del Tribunale non si limita ad un generico richiamo delle difese svolte in primo grado, ma indica le ragioni concrete del riesame domandato al giudice del gravame mediante la confutazione dell'interpretazione della norma dell'art. 3 della legge 319/1975, posta a base cella sentenza impugnata.


3.1. Il ricorso principale non merita accoglimento. L'esame della censura rende necessaria un'analisi delle norme che regolano, nel sistema della previdenza forense, i requisiti per la pensione di vecchiaia degli avvocati.
L'art. 2 della legge 20 settembre 1980 n. 576 richiede per l'attribuzione di tale prestazione il compimento di almeno 65 anni "dopo almeno 30 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla cassa". Per l'art. 22 della stessa legge, l'iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense è obbligatoria per tutti gli avvocati che esercitano la libera professione con carattere di continuità "ai sensi delle articolo 2 della legge 22 luglio 1975, n. 319". La norma così richiamata stabiliva che "il comitato dei delegati della Cassa, sentito il Consiglio Nazionale Forense, determinerà, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i criteri per accertare quali siano gli iscritti alla Cassa stessa che, in conformità a quanto disposto dall'articolo 2 della legge 8 gennaio 1952, n. 6, sostituito dall'articolo 1 della legge 25 febbraio 1963, n. 289, esercitino la libera professione forense con carattere di
continuità".
Il citato art. 22 della legge n. 576/1980 ha successivamente disposto che "il Comitato dei delegati provvede ogni cinque anni, e per la prima volta nel secondo anno successivo all'entrata in vigore della presente legge, ad adeguare, se necessario, criteri per accertare l'esercizio della libera professione".
Ai fini dell'accertamento dell'esercizio continuativo della professione si pone la questione dell'interpretazione dell'art. 3 della legge 22 luglio 1975 n. 319, nel testo modificato dall'art. 22 della legge n. 576/1980, secondo cui "la Giunta esecutiva della
Cassa, sulla scorta dei criteri fissati dal comitato dei delegati, può provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell'esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell'anzianità di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata".
Il testo originario della norma stabiliva invece che "la Giunta esecutiva della Cassa, sulla scorta dei criteri adottati dal comitato dei delegati, provvede immediatamente, sentiti gli ordini competenti, alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell'esercizio della professione nell'ultimo decennio, e, successivamente, a revisioni quinquennali, sospendendo dall'iscrizione, per il periodo corrispondente di anni, coloro che non provino di aver svolto la libera professione con carattere di continuità".

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