Cass. pen., sez. V trib., sentenza 18/04/2023, n. 16556

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 18/04/2023, n. 16556
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16556
Data del deposito : 18 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BRANCACCIO ANGELO nato a ORTA DI ATELLA il 01/12/1960 avverso l'ordinanza del 22/09/2022 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere P B;
lette le conclusioni del Procuratore generale P L, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
riunito, al presente procedimento, quello recante il n. 38860/22 RG, trattandosi dello stesso ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il ricorso straordinario al vaglio odierno di questa Corte è stato presentato dal difensore e procuratore speciale di A B avverso l'ordinanza (pronunziata il 22 settembre 2022 e depositata il 13 ottobre 2022) della settima sezione penale di questa Corte — composta da Presidente e Consiglieri della prima sezione penale — che aveva dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell'interesse del B contro l'ordinanza del 22 luglio 2022 della Corte di appello di Napoli, emessa in funzione di Giudice dell'esecuzione ed in sede di opposizione. Con tale ordinanza, la Corte territoriale aveva revocato l'indulto applicato al condannato nella misura di un anno in relazione alla condanna inflittagli dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, confermata in appello dalla Corte partenopea il 26 febbraio 2019;
la revoca era stata disposta in quanto il Collegio dell'esecuzione aveva rilevato che quell'indulto era stato erroneamente concesso giacché, con la medesima sentenza, B era stato condannato anche per il reato di peculato commesso il primo settembre 2006, quindi nei cinque anni dall'entrata in vigore della I. 241 del 2006 (2 maggio 2006), il che, costituendo una causa di revoca del beneficio, ostava in radice all'applicazione dell'indulto in relazione al reato contestualmente giudicato, indulto che andava, quindi, revocato. La Corte di cassazione ha reputato il ricorso inammissibile avallando l'esegesi della Corte territoriale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso straordinario sub iudice è inammissibile.

1. Le ragioni dell'inammissibilità del rimedio straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. al vaglio odierno di questa Corte risiedono nella natura del provvedimento della Corte di appello su cui la settima sezione si è pronunziata, concernente, come sopra ricordato, il tema della revoca dell'indulto. Alla conclusione della non praticabilità del rimedio straordinario in tema di indulto è già giunta questa sezione con la sentenza n. 33143 del 26/03/2018, Vitagliano, Rv. 273773 ed essa è ispirata ai principi sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza Nunziata (Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, Rv. 269789) che vanno rievocati per chiarire la logica della decisione odierna. L'autorevole precedente ha, in primo luogo, ricordato che le disposizioni di cui all'art. 625-bis cod. proc. pen. non sono suscettibili di applicazione analogica e non possono essere estese ai casi non espressamente previsti dalla legge (richiamando Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile;
Sez. U, n. 16104 del 27/03/2002, De Lorenzo). Dopodiché ha sancito il principio — per quanto di specifico interesse in questa sede — secondo cui il ricorso straordinario può essere proposto dal condannato anche per la correzione dell'errore di fatto contenuto nella decisione della Corte di cassazione emessa su ricorso avverso ordinanza del giudice dell'esecuzione, quando tale decisione, intervenendo a stabilizzare il giudicato, determini l'irrimediabilità del pregiudizio derivante dall'errore di fatto. Nella motivazione le Sezioni Unite hanno indicato, a mero titolo esemplificativo, le seguenti ipotesi: a) decisione che abbia ad oggetto le procedure di cui agli artt. 671 e 673 cod. proc. pen.;
b) decisione sul ricorso avverso l'ordinanza negativa del giudice dell'esecuzione chiamato a decidere, ex art. 670 cod. proc. pen, una questione riguardante la validità della notifica della sentenza di condanna di merito;
c) decisione sull'ordinanza che respinga una richiesta di restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna. Per rendere appieno il percorso che ha condotto il massimo Consesso alla conclusione anzidetta, orientando, così l'interprete nella verifica dell'applicabilità del ricorso di cui all'art. 625-bis anche ad altri procedimenti di esecuzione diversi rispetto a quelli esemplificativamente indicati, soccorre, nelle motivazioni, una frase che rende plasticamente il senso dell'oggetto del ricorso straordinario;
ci si riferisce al passaggio argomentativo secondo cui: «Deve trattarsi di un provvedimento che, collocandosi nel cono d'ombra dell'accertamento della responsabilità penale (o anche civile) della persona interessata, riaffermi comunque l'ambito del giudicato stesso». A chiarire ulteriormente il concetto, le Sezioni Unite hanno poi obiettato, alla tesi secondo cui la materia dell'esecuzione non si attaglia al ricorso straordinario — non perfezionando alcuna fattispecie di giudicato e non conducendo all'applicazione di una sanzione penale — che, al contrario, talvolta il Giudice dell'esecuzione interviene a stabilizzare il giudicato, sicché, sotto questo profilo, non vi sarebbe ragione per impedire l'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 625-bis all'esecuzione, almeno nei casi in cui la decisione della Cassazione è in grado di determinare l'irrimediabilità del pregiudizio derivante dall'errore di fatto;
di qui indicando, in via meramente esemplificativa, i casi di procedimenti di esecuzione sopra ricordati, inclusi nell'ambito del rimedio straordinario di cui si discute perché, qLando si occupa di continuazione o di tenuta del titolo esecutivo ovvero, ancora, di abolitio criminis, la Corte di cassazione interviene direttamente sul giudicato, "manipolandolo", ovvero mettendone in discussione lo stesso perfezionamento. Ebbene, considerato che le Sezioni Unite si sono prese cura di definire — individuandone la ratio — l'ambito di applicabilità del ricorso straordinario in materia di esecuzione, il Collegio deve verificare se la logica sottesa al principio enunciato si ritrovi nell'indulto. Tale verifica deve avere, come anticipato, esito negativo. Orienta in questo senso già il dato sistematico-definitorio, dal momento che l'indulto è disciplinato dall'art. 174 cod. pen., che è inserito nel Capo II del Titolo VI del Libro I del codice penale, tra le cause di estinzione cella pena, che si collocano a valle del giudicato e che non ne mettono in dubbio il perfezionamento. Riguardandone nel concreto gli effetti tale conclusione è confermata: l'indulto interviene a condonare parte della pena già inflitta — la legittimità della quale non è in discussione come non è in discussione la regolarità del processo che è sfociato nella condanna — in virtù di specifici provvedimenti di clemenza, tesi ad incidere esclusivamente sul momento esecutivo e a perseguire obiettivi di politica giudiziaria, in particolare la riduzione del sovraffollamento carcerario. Ne consegue, in conclusione, che non vi è alcuna affinità con i provvedimenti esecutivi indicati da Sezioni Unite Nunziata né vi è spazio per scorgere, sul tema dell'indulto, la logica sottesa al principio enunciato in materia di esecuzione, donde la non praticabilità del ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. con riferimento all'indulto. Applicato questo principio nel caso concreto, se ne deve inferire l'inammissibilità del ricorso straordinario promosso avverso l'ordinanza impugnata.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi