Cass. civ., sez. I, sentenza 29/07/2015, n. 16049

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La cessione del diritto di credito agli utili spettante al socio, posta in essere dopo che l'assemblea, a seguito dell'approvazione del bilancio, abbia deliberato di non distribuirli imputandoli a riserva, dà luogo alla garanzia per l'inesistenza del credito in favore del cessionario di cui all'art. 1266 c.c.

La cessione, separatamente dalla vendita della partecipazione sociale, del credito vantato dal socio nei confronti della società quale restituzione di un'erogazione del primo in favore della seconda dà luogo alla garanzia per inesistenza del credito di cui all'art. 1266 c.c. solo qualora risulti che la causa concreta del negozio societario posto in essere sia riconducibile ad un versamento assimilabile a capitale di rischio, in quanto, in tal caso, il trasferimento della partecipazione sociale include, quale bene "di secondo grado", quello di ogni posta esistente nel patrimonio sociale, incluso il denaro ricevuto dalla società; la garanzia non opera, invece, nelle ipotesi di finanziamento del socio o di versamento finalizzato ad un futuro aumento del capitale nominale, dai quali deriva il diritto di credito del socio alla restituzione, l'uno ai sensi dell'art. 1813 c.c. in tema di mutuo e l'altro qualora venga successivamente meno la causa giustificativa dell'attribuzione patrimoniale eseguita in favore della società, onde il trasferimento della partecipazione sociale di regola non include anche tale credito, che può formare oggetto autonomo di diritti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 29/07/2015, n. 16049
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16049
Data del deposito : 29 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F F - Presidente -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
Dott. V A - Consigliere -
Dott. N L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 28227-2011 proposto da:
C E (C.F. CRNRNN50T06G560E), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso l'avvocato P P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato C M, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
C S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 55, presso l'avvocato G G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato G S, giusta procura a margine del controricorso;

OFFICINE BREVETTI C S.R.L. (c.f. 00171560246), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso l'avvocato C S, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato P G, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1814/2010 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/2015 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato MARIO CALGARO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente C S.R.L., l'Avvocato G G che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per la controricorrente SOC. OFFICINE BREVETTI C, l'Avvocato SABINA CICCOTTI che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso e condanna alle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La C s.r.l. convenne C E innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa, chiedendo l'accertamento dell'inesistenza di due crediti (per restituzione di un finanziamento di L. 95.000.000 e per utili non distribuiti di L. 132.451.743), oggetto del contratto di cessione dell'8 marzo 1999, che il cedente C E aveva dichiarato di vantare nei confronti della Officine Brevetti C s.r.l. (di seguito, O.B.C. s.r.l.) e che aveva ceduto all'attrice (nominata in base ad espressa riserva in tal senso contenuta nel contratto preliminare concluso il 27 gennaio 1999 tra Ermanno e C R), oltre alla condanna a corrispondere un importo, ai sensi dell'art. 1266 c.c., pari ai crediti non acquistati, almeno per il prezzo pagato di L. 227.451.742, interessi legali e maggior danno;

in subordine, chiese dichiararsi la nullità della cessione per inesistenza dell'oggetto e la restituzione del prezzo a titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., con interessi legali e maggior danno.
Il convenuto si costituì, chiedendo il rigetto delle domande e, in via riconvenzionale subordinata, l'annullamento per errore sul prezzo del contratto di compravendita di quota sociale della OBC s.r.l., parimenti concluso fra le parti;
l'accertamento dell'effettivo prezzo di L.

3.235.000.000 concordato tra i fratelli C E e R per definire i loro rapporti nel contratto preliminare del 27 gennaio 1999;
la condanna della C s.r.l., che era stata nominata da C R quale cessionaria nel suddetto contratto definitivo dell'8 marzo 1999, a corrispondergli il prezzo di L. 227.451.742;
in ulteriore subordine, l'accertamento della sua qualità di socio "per la quota di L. 227.451.742 di valore nominale" e la condanna in solido di C R e della O.B.C. s.r.l. al pagamento in proprio favore della somma di L. 227.451.742, con iscrizione del proprio nominativo nel libro dei soci. Chiamata in causa dal convenuto C E, la O.B.C. s.r.l. eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla domanda di condanna alla predetta iscrizione nel libro soci;
il chiamato C R eccepì la carenza di legittimazione passiva della domanda di annullamento parziale per errore sul prezzo della quota sociale.
Il Tribunale di Bassano del Grappa con sentenza del 1 luglio 2003 dichiarò l'inesistenza dei due crediti, condannando il cedente C E a pagare alla cessionaria C s.r.l., in forza della garanzia di cui all'art. 1266 c.c., la somma corrispondente al prezzo corrisposto, respingendo tutte le altre domande proposte dalle parti.
C E ha adito, quindi, la Corte d'appello di Venezia, che ha respinto l'impugnazione.
La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che:
il contratto preliminare concluso tra i fratelli C E e R, con il quale essi hanno inteso definire le loro questioni economiche, è stato attuato mediante cinque diversi contratti definitivi (cessione di quota, cessione di crediti, compravendita di immobili, compravendita di una vettura, cessione di altra quota sociale), che hanno interamente sostituito il preliminare, divenendo l'unica fonte dei reciproci diritti ed obblighi;

- l'estraneità della C s.r.l. al contratto preliminare concluso fra i due fratelli impedisce di ipotizzare la riconoscibilità del preteso errore del dante causa C E con riguardo al prezzo complessivamente pattuito da questi per l'uscita dalle varie attività svolte con il fratello R;

- i due fratelli, dopo aver concluso il contratto preliminare, hanno liberamente deciso di porre in essere sia il contratto di compravendita della quota sociale (ricomprendente il diritto agli utili per l'esercizio in corso del 1999), sia il distinto contratto di cessione dei due crediti per finanziamento ed utili afferenti i precedenti anni 1997 e 1998;

- quanto al primo, si tratta di un "finanziamento" ma "in conto capitale" da restituire in caso di liquidazione dell'ente, tuttavia "inattuale", essendo stata revocata la liquidazione e, comunque, restando esso subordinato all'effettiva sussistenza di un residuo all'esito di una liquidazione futura;
quanto al secondo, non è stata deliberata dall'assemblea la distribuzione degli utili;

- nessuna residua posizione di socio della O.B.C. s.r.l. si configura in capo ad C E, posto che egli ha trasferito l'intera sua partecipazione, ne' certamente può dirsi titolare di una percentuale commisurata al prezzo asseritamente non ricevuto.
Avverso questa sentenza propone ricorso C E, affidato a quattro motivi, illustrati anche da una memoria. Resistono con controricorsi Officine Brevetti C s.r.l. e C s.r.l.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - I motivi del ricorso censurano la sentenza impugnata per:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1401 c.c., oltre al vizio d'insufficiente e contraddittoria motivazione, per non avere la corte del merito considerato che il dante causa C E ha concluso i contratti definitivi di compravendita con la C s.r.l., nominata a scioglimento della riserva contenuta nel contratto preliminare concluso dal promissario C R: onde essa ha preso il posto che aveva questi nel preliminare, e la corte del merito avrebbe dovuto considerare che il prezzo della cessione dei due predetti crediti non era ricompreso in quello previsto nel contratto di vendita della quota sociale;

2) violazione e falsa applicazione dell'art. 1266 c.c., oltre al vizio di omessa o insufficiente motivazione, per avere la sentenza impugnata escluso, confermando la valutazione del tribunale, che il credito per versamento soci in conto capitale fosse esistente, reputando costituire esso un apporto a fondo perduto, quando invece in tal caso si verifica la mera inesigibilità, non l'inesistenza del credito, come del resto affermato anche dalla corte d'appello;
quanto al credito per utili non distribuiti, l'assemblea secondo il ricorrente ha "approvato l'esistenza di utili" e solo non ha manifestato la volontà di destinarli;

3) violazione degli artt. 1427, 1428, 1429 e 1431 c.c., oltre all'omessa o insufficiente motivazione, con riguardo alla disattesa domanda subordinata di annullamento parziale per errore del contratto di cessione della quota del 50% della O.B.C. s.r.l., in quanto, ove questo si reputasse ricomprendere anche la cessione dei predetti crediti del socio, C E sarebbe caduto in errore avendo escluso detta circostanza, errore riconoscibile ed essenziale;

4) in via subordinata, errata motivazione, per non avere la sentenza impugnata ritenuto sussistere la qualità di socio in capo al ricorrente, posto che, ove fosse stato nullo il contratto di cessione, i crediti sarebbero rimasti in capo al disponente e, avendo la società successivamente ai predetti contratti deliberato l'aumento del capitale sociale utilizzando entrambi i crediti oggetto della cessione, il ricorrente dovrebbe essere reputato socio della O.B.C. s.r.l..
2. - Il primo motivo è infondato.
È principio consolidato (e multis, Cass. 5 novembre 2009, n. 23455) che l'interpretazione del contratto costituisce operazione riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione. Nè sono utilmente deducibili in sede di legittimità errores in iudicando risolventisi nella mera denuncia della violazione degli artt. 1362 ss. c.c., occorrendo invece che tale denuncia - la quale non può essere generica - specifichi in qual modo detto giudice, nel ricostruire la portata degli accordi delle parti, abbia deviato dal canone interpretativo che si assume violato.
Nella specie, la corte del merito ha dato ampia ed esauriente motivazione del suo convincimento, facendo altresì applicazione del principio, del tutto costante, secondo cui qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i

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