Cass. pen., sez. III, sentenza 21/10/2022, n. 39835
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P M, nato a Orbetello il 25/04/1968 avverso la sentenza del 22/10/2021 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere S C;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale O A, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per essere il fatto non punibile per particolare tenuità;udito il difensore, avv. O L del foro di Roma, in sostituzione dell'avv. A P del foro di Grosseto, che insiste per l'accoglimento del ricorso.RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Grosseto e appellata dall'imputato, la quale aveva condannato M P alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di cui all'art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000, a lui ascritto perché, nella sua qualità di legale rappresentante e socio accomandatario della "Palmaverdi Edilizia s.a.s.", al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto per l'importo di 53.047 euro, non presentava, essendovi obbligato, la dichiarazione annuale fiscale relativa all'anno di imposta 2012. 2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a uno motivo, che deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all'art. 131-bis cod. pen. Evidenzia il difensore che l'imputato, sia pure in maniera tardiva e parziale ma comunque volontaria, ha versato all'erario la somma di 3.250 euro, per effetto della quale l'imposta evasa è pari a 49.980 euro, quindi sotto la soglia di punibilità prevista dalla norma incriminatrice. Di conseguenza, ad avviso del difensore, la Corte di merito non ha correttamente applicato l'art. 131-bis cod. pen, sia perché il superamento della soglia non eccede il 10%, sia perché non ha considerato l'indicato pagamento postumo ma spontaneo di una parte del tributo evaso. Argomenta il difensore che la Corte di merito, anche d'ufficio, avrebbe dovuto rilevare la sussistenza dei presupposti dell'indicata causa di punibilità e pronunciare sentenza assolutoria. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato per quanto di ragione. 2. Come prevede il chiaro dettato letterale, la speciale causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen. - applicabile, ai sensi del comma 1, ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta - è configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richiesta la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalità della condotta e dell'esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'art. 133 cod. pen., cui segue, in caso di vaglio positivo - e dunque nella sola ipotesi in cui si sia ritenuta la speciale tenuità dell'offesa -, la verifica della non abitualità del comportamento, che il legislatore esclude nel caso in cui l'autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
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