Cass. pen., sez. V, sentenza 10/10/2018, n. 45829

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 10/10/2018, n. 45829
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 45829
Data del deposito : 10 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: NC RT nato a [...] il [...] NC RI nato a [...] il [...] IO LE nato a [...]( REP. CECA) il 13/01/1964 avverso la sentenza del 17/03/2017 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

MIGNOLO

Olga che ha concluso chiedendo il rigetto. Il difensore della parte civile, Avvocato Salvatore PROVIDENTI, si riporta alla memoria in atti e deposita conclusioni;
i difensori degli imputati, avv.ti Garzuglia Fabrizio, Ricci Francesca e Molinaro Ester, hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Milano ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale AN AR, AN NE e IO EN erano stati ritenuti responsabili del delitto di cui agli artt. 110 cod. pen. e 185 Dlgs 58/1998, per avere, in concorso tra loro e tramite una pluralità di proposte di negoziazione (165 sedute e 330 aste), operato su azioni di ER GI PA (società operante nel settore fotovoltaico), in un periodo immediatamente successivo alla quotazione della società sul mercato Expandi (a seguito della comunicazione di un collocamento riservato agli investitori istituzionali - c.d. I.P.

0 - luglio 2008) ed in vista di un successivo aumento di capitale (proposto in data 29 settembre 2008), in modo idoneo a sostenere il prezzo delle azioni ma anche ad alterare sensibilmente la quotazione del titolo (data di commissione del reato tra il 25 luglio 2008 e il 20 marzo 2009). La Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità concorsuale degli imputati, essendo AN AR amministratore delegato di ER NT for Research s.p.a. (società controllante di ER GI), AN NE suo TE (socio di ER NT e senza ruoli manageriali nella società) e IO EN (dipendente della società e persona legata da rapporto affettivo al presidente di entrambe le società), a causa della dimostrata quantità di azioni acquistate, in relazione a quelle complessivamente scambiate, alla continuità degli ordini e all'aggressività delle proposte di negoziazione.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati tramite i difensori, che hanno sollevato due questioni di natura processuale comuni a tutti e che saranno esaminate, per questo, in modo unitario.

2.1. Col primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione delle norme processuali di cui agli artt. 8 e 21 cod. proc. pen. e riproposta la questione dell'incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di ER. La Corte d'Appello, come già il Tribunale, aveva, infatti, respinto l'eccezione di incompetenza territoriale, fondandosi sulla natura di reato di pericolo concreto del delitto. Hanno premesso i ricorrenti che i Giudici del merito avevano considerato che il reato si consumerebbe nel luogo in cui "l'ordine di acquisto artificioso immesso nel sistema telematico è suscettibile di abbinarsi automaticamente con ordini di segno contrario, cosi da dar luogo alla conclusione di contratti idonei ad alterare i prezzi dei titoli quotati, secondo i meccanismi di funzionamento del Mercato Telematico Automatico, organizzato e gestito da Boisa Italiana, con sede in Milano".

2.2. Con le rispettive impugnazioni i due imputati AN hanno sostenuto che il delitto si consumerebbe nel luogo in cui si è realizzata la condotta, precisando AN IC che si tratterrebbe di un reato di pura condotta di pericolo, che nel caso di specie, coincidendo con il luogo in cui erano impartiti gli ordini, doveva essere individuato in ER, ove aveva sede la banca, tramite la quale le operazioni erano state realizzate. Sul punto AN IC ha citato la comunicazione Consob del Novembre 2005, che,aveva qualificato come condotta segnaletica k JA y ) • di un possibile abuso di mercato la semplice immissione di un ordine di acquisto, pur senza il perfezionamento di un contratto di compravendita.

2.3. La ricorrente IO ha segnalato la sentenza 4324/14 di questa Sezione, secondo la quale, in coerenza con la natura di reato di pericolo concreto della fattispecie, il momento di perfezionamento del delitto sarebbe quello in cui è stato effettuato l'ordine d'acquisto;
ne ha ricavato la conclusione, analoga alle precedenti, che il Giudice competente per territorio sarebbe il Tribunale di ER, ove si trovava la banca UN, che la ricorrente aveva usato per negoziare i titoli.

3. Con il motivo ottavo del ricorso AN AR e secondo dei ricorsi AN IC e IO EN, nonché nei motivi aggiunti del primo e della terza, è stata prospettata la violazione dell'art. 649 cod. proc. pen. in relazione all'art. 4 par. 1 del protocollo 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza Grande EV della Corte EDU e da numerose successive pronunzie di questa Corte. I ricorrenti hanno premesso di aver sollevato nel giudizio di merito la questione della violazione del principio del divieto di bis in idem nei termini precisati, poiché gli imputati erano stati sanzionati per lo stesso fatto in via amministrativa ai sensi dell'art. 187 ter e quater Tuf, e precisamente con la sanzione di C 150mila AN AR e con la sanzione di C 100mila ciascuno AN IC e IO EN, nonché con le sanzioni interdittive accessorie di un anno il primo ed otto mesi ciascuno gli altri due. In proposito è stato rappresentato che le condotte illecite oggetto dei due procedimenti erano identiche, riferendosi in entrambi i casi all'ipotizzata manipolazione del prezzo delle azioni quotate di ER tra il 25 Luglio 2008 ed il 20 Marzo 2009 e che il procedimento penale era iniziato e proseguito in base alla segnalazione Consob relativa agli accertamenti effettuati sulle predette operazioni.

3.1. La Corte d'Appello di Milano aveva respinto la censura di violazione dell'art. 649 cod. proc. pen., sul rilievo che le sanzioni irrogate dalla Consob erano ancora sub iudice, pendendo ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Perugia di rigetto delle opposizioni avverso il provvedimento sanzionatorio amministrativo e, quindi, a causa delle non definitività del provvedimento e della sanzione.

3.2. AN IC ha specificamente lamentato, altresì, la violazione dell'art. 649, comma 2, cod. proc. pen., poiché la Corte territoriale aveva rigettato la doglianza di violazione del divieto di bis in idem sulla scorta di pronunzie di questa Corte, secondo le quali per l'applicazione del principio occorrerebbe non solo l'identità di imputato e del fatto storico ma anche l'identità dell'Ufficio del Pubblico Ministero e del Giudice chiamato a decidere, mentre nel caso in esame i due procedimenti erano in capo a soggetti istituzionali diversi. Tale interpretazione sarebbe - secondo il ricorrente - contraria alla lettera della legge e pregiudizievole dei diritti del cittadino a non essere giudicato due volte per il medesimo fatto e, quindi, sottoposto a sanzioni non proporzionali, a causa di una visione formalistica della disposizione processuale di cui all'art. 649 cod. proc. pen.

3.3. In proposito i ricorrenti hanno citato la pronunzia di questa Corte del Dicembre 2016, che ha affermato il principio per il quale non sussiste la preclusione di cui all'art. 649 cod. proc. pen. quando il procedimento amministrativo e quello penale siano complementari, in quanto diretti al soddisfacimento di finalità sociali differenti e determinino l'irrogazione di una sanzione penale integrata, che sia prevedibile e, in concreto, proporzionata al disvalore del fatto (Sez. 2 9184/2016, Rv 269237). Nel caso in esame è stato osservato che la sanzione amministrativa di cui all'art. 187 ter Tuf e quella penale di cui all'art. 185 Tuf puniscono la medesima condotta illecita e tutelano il medesimo bene/interesse giuridico costituito dalla regolarità dell'andamento dei mercati e, dunque, in alcun modo possono essere considerate complementari.

3.4. La difesa di IO EN, anche nei motivi aggiunti, ha lamentato in particolare la violazione della Carta Europea dei diritti fondamentali, in combinato con l'art. 4 del protocollo n. 7 CEDU, il cui art. 50 sancisce che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato giudicato nell'Unione Europea con una sentenza penale divenuta definitiva in modo conforme a legge. Ha citato una recentissima sentenza della Corte di giustizia Europea (Marzo 2018 n. 537/16), secondo la quale la norma è di ostacolo ad una normativa nazionale che consenta di celebrare un procedimento amministrativo, con l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di persone accusate di condotte illecite, che integrino la manipolazione del mercato, per la quale sia stata già emessa sentenza penale definitiva di condanna, nei limiti in cui la condanna, tenuto conto del danno causato alla società dal reato commesso, sia idonea a reprimerlo in maniera efficace, proporzionata e dissuasiva.

3.5. I difensori hanno depositato, con i motivi aggiunti, la pronuncia della Prima Sez. Civile di questa Corte, pubblicata ad Aprile, che ha rigettato i ricorsi degli odierni imputati avverso la decisione della Corte d'Appello di Perugia riguardante le sanzioni amministrative, ed hanno segnalato la definitività del provvedimento amministrativo.

4. Ha proposto ricorso la difesa di AN AR, che -- col secondo motivo - ha lamentato violazione di legge e vizio di motivazione illogica quanto alla ritenuta sussistenza del reato. La sentenza avrebbe violato la regola, posta dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen., sulla valutazione indiziaria della prova, attribuendo valore di gravità ed univocità ad elementi, quali il legame dei tre ricorrenti con le società coinvolte, la loro residenza a ER e l'essersi avvalsi della medesima banca, pur avendo i tre realizzato condotte che, considerate singolarmente, non avrebbero avuto rilievo penale, come affermato dalla stessa Corte.

4.1. Nel terzo motivo ci si è doluti della violazione dell'art. 185 Tuf e della illogicità

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