Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/10/2022, n. 30798
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la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 23525/2016 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12 9 - ricorrente -contro T F G, rappresentato e difeso dall'avv. M G, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Bergamo, via dei Carrozzai, 4/C - con troricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, n. 1512/16, depositata il 15 marzo 2016. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell'8 marzo 2022, tenutasi nelle forme previste dall'art. 23, comma 8 bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., nella I. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere P C;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Rosa Maria Dell'Erba, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso FATTI DI CAUSA 1. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. dist. di Brescia, depositata il 15 marzo 2016, che, in accoglimento dell'appello di T F G, ha annullato l'atto di contestazione, notificatogli quale amministratore di fatto della Sistema Lavoro Società Cooperativa, con gli erano state irrogate sanzioni per violazioni di obblighi tributari gravanti su quest'ultima. 2. Il giudice di appello ha accolto il gravame sul fondamento dell'operatività del principio della personalità delle sanzioni tributarie, previsto dall'art. 7, primo comma, d.l. 30 settembre 2003, n. 269. 3. Il ricorso è affidato a tre motivi. 4. Resiste con controricorso T F G ? tk< 441(4" A. - MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo l'Agenzia denuncia, con riferimento all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli a rtt. 112 e 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., 118, disp. att., c.p.c., :L8, 36, secondo comma, n. 4, 53, 57 e 61, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver la sentenza impugnata annullato l'atto impositivo in ragione di un vizio del medesimo non sollevato con i motivi cui era stato affidato il ricorso introduttivo e prospettato solo con i motivi di appello. Censura, altresì, la decisione di appello per aver ritenuto in modo apodittico che il ricorrente avesse eccepito tale vizio (anche) con il ricorso originario 1.1. Il motivo è infondato. Dall'esame del ricorso introduttivo emerge che il ricorrente ha negato la sua qualità di amministratore di fatto, contestando in tale modo l'elemento posto dall'Amministrazione a fondamento della sua responsabilità, pur non facendo menzione della previsione di cui all'art. 7, d.l. n. 269 del 2003. Pertanto, deve escludersi che con l'appello interposto il contribuente abbia introdotto nuovi motivi di illegittimità dell'atto impugnato e che la Commissione regionale si sia pronunciata su una questione nuova. Si osserva, in ogni caso, che il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all'art. 57, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario, che restano sempre deducibili, anche con nuove argomentazioni giuridiche (cfr. Cass., ord., 23 maggio 2018, n. 12651;Cass., ord., 29 dicembre 2017, n. 31224;Cass., ord., 22 settembre 2017, n. 22105). 2, Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, d.l. 269 del 2003, conv., con modif., nella I. 24 novembre 2003, n. 326, e 9 e 11, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per aver la Commissione regionale omesso di considerare che le sanzioni erano state irrogate a titolo di concorso nell'illecito ed escluso la responsabilità del contribuente, amministratore di fatto della società, senza valutare se lo stesso, come contestato nell'atto impositivo, fosse l'esclusivo beneficiario delle violazioni rilevate e avesse utilizzato la società quale schermo per i suoi comportamenti illeciti.
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