Cass. civ., sez. III, sentenza 26/07/2019, n. 20321

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In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l'errore nella determinazione del canone a misura, che sia stato specificamente pattuito sia con riferimento alla base di calcolo, sia con riferimento al risultato finale, collocandosi nel momento della formazione della volontà negoziale, e non in quello dell'esecuzione del contratto, non legittima direttamente all'azione di ripetizione di indebito, trovando il pagamento della somma convenuta giustificazione nell'accordo contrattuale, il quale rimane valido ed efficace fino a quando il vizio del consenso non venga fatto valere con l'azione di annullamento e questa non trovi accoglimento.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 26/07/2019, n. 20321
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20321
Data del deposito : 26 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

M ORIGINALE 20321-201 9 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta da Locazione - Immobile adibito ad uso non abitativo Canone Determinazione a Canone versato in Errore misura Ripetizione – Condizioni eccedenza Azione di annullamento A A - Presidente - Oggetto C G R.G.N. 11944/2017 - Consigliere - - Consigliere Rel. - E I Cron. 20321 Marco Dell'utri Consigliere - M G UP 21/06/2019- - Consigliere - C.I. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 11944/2017 R.G. proposto da C G, C E, C M e C D, rappresentati e difesi dall'Avv. V Z;

- ricorrenti -

contro

Comune di Altamura, rappresentato e difeso dall'Avv. Giuseppe Di Sabato;

- controricorrente -

2019 avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, n. 661/2016, pubblicata il 7 dicembre 2016;
1441 Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 giugno 2019 dal Consigliere E I;
udito l'Avvocato G P P, per delega;
udito l'Avvocato G D S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A P, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi sesto e settimo;
rigetto del primo e del secondo, assorbiti gli altri.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1998 i coniugi N C e S R notificarono al Comune di Altamura due decreti ingiuntivi, ottenuti per il pagamento dei canoni di locazione relativi ai bimestri marzo-aprile e maggio-giugno 1998, con riferimento ad immobile adibito a scuola media statale. Ad entrambi si oppose l'ente, deducendo di avere corrisposto ai locatori somme eccedenti il canone pattuito per complessive L. 469.765.048, di cui chiedeva in via riconvenzionale la ripetizione. Riuniti i giudizi, con sentenza del 6/11/2011, per quanto ancora interessa, l'adito tribunale rigettò le opposizioni e la domanda riconvenzionale di ripetizione di indebito.

2. La Corte d'appello di Bari ha accolto l'appello interposto dal Comune, condannando S R e gli eredi di N C al pagamento in favore del Comune della somma di € 228.401,36, oltre interessi dalla domanda, a titolo di ripetizione di indebito. -Ha infatti ritenuto sulla scorta della documentazione che ha considerato ritualmente prodotta dall'appellante attraverso la " ricostruzione del fascicolo di parte di primo grado e della espletata c.t.u. che con i contratti di locazione succedutisi nel tempo e, - segnatamente, con quelli rinnovati nel 1992, con decorrenza dal 1990, e nel 1996, le parti avessero determinato il canone a misura, in proporzione cioè alla superficie dei locali concessi in locazione, la cui estensione era però risultata di fatto inferiore, per circa un terzo, a quella indicata nei contratti medesimi.

3. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Giuseppa, Elisabetta, Maria e Domenico Cornacchia, quali eredi degli 2 originari locatori, articolando sette motivi, cui resiste il Comune di Altamura depositando controricorso. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 342 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile l'appello sebbene carente di alcun motivo specifico di impugnazione ma limitantesi ad una mera riproposizione delle tesi esposte in primo grado e disattese dal primo giudice.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 2719 cod. civ., in relazione all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello ritenuto utilizzabili i documenti contenuti nei fascicoli ricostruiti, benché costituiti da fotocopie, in mancanza di un esplicito disconoscimento della conformità di queste agli originali. Sostengono che in realtà, diversamente da quanto affermato in sentenza, tale contestazione era in atti, dovendosi in particolare desumere: a) dalla comparsa di costituzione e risposta del 17/4/2012 nella quale essi contestavano «la documentazione, così come indicata da pag. 10 a pag. 12 dell'atto di appello, non essendo stata data da controparte alcuna prova della corrispondenza degli atti suddetti con quelli effettivamente prodotti ed allegati ai fascicoli dell'Avv. Giovanni Moramarco»;
b) dalla dichiarazione verbalizzata dal proprio difensore all'udienza del 13/6/2012, successiva alla costituzione in giudizio degli appellanti, del seguente testuale tenore: < in ogni caso disconosce la documentazione depositata da controparte, poiché non facente parte del fascicolo e ci si riporta a quanto eccepito a pag. 16 della comparsa ...»;
c) ancora da quanto dichiarato nella comparsa di costituzione del 18/11/2014, successiva alla riassunzione del giudizio.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360, 3 comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1369 cod. civ., assumendo che la decisione impugnata sia frutto di una errata interpretazione dei contratti. Rilevano al riguardo che: all'inizio della vicenda contrattuale, nel 1981, le parti fecero riferimento ai locali nel loro intero considerati;
- nei contratti non vi è alcun richiamo ad una contrattazione a metro, mentre il riferimento al prezzo a metro quadro indica solo il metodo utilizzato dall'ente per motivare in merito alla congruità della spesa e non rappresenta una componente dell'accordo negoziale;
l'errore in cui incorre il Comune deriva da una infelice descrizione degli immobili effettuata nel primo contratto del 3/4/1981;
i criteri interpretativi del contratto e il comportamento - complessivo delle parti confermano

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