Cass. pen., sez. V, sentenza 10/03/2021, n. 09559
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to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RAFFA FABIO nata a TAURIANOVA il 03/12/1979 avverso la sentenza del 05/06/2019 della CORTE DI APPELLO DI TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G F letta la requisitoria scritta in data 13/11/2020 presentata ex art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione PERLA LORI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nella parte relativa al trattamento sanzionatorio e segnatamente all'applicazione della recidiva reiterata infraquinquennale RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del giorno 5 giugno 2019 (dep. il 25 giugno 2019) la Corte di Appello di Torino, in riforma della pronuncia resa in data 28 aprile 2015 dal Tribunale di Aosta, ha dichiarato la penale responsabilità di F R per il delitto di lesioni aggravate (art. 582 e 585 cod. pen.) commesse in danno di M A e, ritenuta la recidiva reiterata infraquinquennale (art. 99, quarto comma, cod. pen.), lo ha condannato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.2. Avverso la sentenza di appello il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, per i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo ha denunciato la mancanza di motivazione in relazione alla recidiva (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), che sarebbe stata ritenuta senza compiere alcuna valutazione e senza esplicitare le modalità di determinazione della pena anche in considerazione della circostanza in discorso;ed invece, ad avviso del ricorrente, in difetto dei presupposti per ravvisare la recidiva la Corte territoriale avrebbe dovuto prosciogliere anche il RAFFA (alla stessa stregua del coimputato) in ragione dell'estinzione del reato per prescrizione. 2.2. Con il secondo motivo sono state, anzitutto, denunciate l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale e la mancanza e la contraddittorietà della motivazione (art. 606, comma 1, lett. b e lett. e, cod. proc. pen.), deducendo che sarebbero stati ravvisati i presupposti per l'applicazione della recidiva reiterata infraquinquennale (art. 99, quarto comma, cod. pen.) nonostante il RAFFA non sia mai stato ritenuto recidivo all'esito di precedenti giudizi;laddove, anche sotto tale profilo, la Corte di appello avrebbe dovuto pronunciare sentenza di proscioglimento in ragione dell'estinzione del reato per prescrizione. In via subordinata, è stata denunciata la violazione della legge processuale (art. 606, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.), indicata negli artt. 552, comma 1, lett. c, e 522 cod. proc. pen. nonché negli artt. 111 Cost. e 6, parr. 1 e 3, Carta EDU, poiché - a cagione della generica contestazione della recidiva - i Giudici di secondo grado non avrebbero potuto ritenere l'ipotesi più grave tra quelle contemplate 'dall'art. 99, quarto comma, cod. proc. pen.;pertanto, erroneamente sarebbe stato determinato in dieci anni il termine di prescrizione del delitto in imputazione. 3. Con il terzo motivo è stata allegata la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) con riguardo ai criteri di valutazione delle prove adottati e all'enunciazione delle ragioni per cui non sono state ritenute attendibili le prove a discarico (artt. 192, comma 1, 546, comma 1, lett e, cod. proc. pen.) in violazione del canone dell'«oltre ogni ragionevole dubbio» (art. 533, comma 1, cod. proc. pen.). CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto, nei limiti di seguito esposti. 1. Deve, anzitutto, essere esaminato il primo motivo di ricorso, con il quale è stato denunciato il vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità di F R, profilo logicamente precedente rispetto alle doglianze inerenti alla recidiva. Più in dettaglio, il ricorrente ha dedotto che la sentenza impugnata - come esposto, resa a seguito di una pronuncia assolutoria in primo grado che aveva attribuito attendibilità al teste M G e negato credibilità alla versione della persona offesa M A - non avrebbe reso la necessaria motivazione rafforzata allorché ha fondato la condanna sulla narrazione di quest'ultimo e negato radicalmente la credibilità del menzionato teste a discarico, mancando anzi di argomentare rispetto alle valutazioni logiche svolte dal Tribunale anche con riferimento all'intento calunniatorio che l'ADDARIO potrebbe aver avuto. La censura è manifestamente infondata. 1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità: - la mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi addotti nel giudizio di legittimità, devono essere «di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici» (Sez. 2, n. 46288/2016, cit., che rimanda a Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794;Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074;Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);- ciò è a dirsi anche quando si prospettino doglianze relative alla violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. riguardanti l'attendibilità dei testimoni dell'accusa, censurabili per l'appunto quale vizio della motivazione, nei limiti appena esposti (cfr. Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016 - dep. 2017, Pecorelli, Rv. 271294 - 01);- in tema di valutazione della prova testimoniale, l'attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, ed in'suscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 - 01;cfr. pure Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 - 01);- il difetto di motivazione non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti della sentenza, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, per cui, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (Sez. 2, n. 38818 del 07/06/2019, M., Rv. 277091);- «in tema di giudizio di appello, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore» (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 - 01);- tuttavia, «il giudice di appello che riformi la decisione di assoluzione pronunciata in primo grado, pervenendo ad una sentenza di condanna, non ha l'obbligo di fornire una motivazione rafforzata nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, posto che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo, invece, il giudizio d'appello l'unico realmente argomentato» (Sez.5, n. 12783 del 24/01/2017, Caterino Rv. 269595 - 01).
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