Cass. civ., sez. III, sentenza 02/03/2018, n. 04921
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Testo completo
to la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 9857/2016 R.G. proposto da M M e I F, rappresentati e difesi dall'Avv. R I e dall'Avv. T P, con domicilio eletto in Roma, via Giuliana, n. 32, presso lo studio dell'Avv. T P;
- ricorrenti -
contro
A A, rappresentata e difesa dagli Avv.ti G C 2,0A9-- e G C, con domicilio eletto in Roma, largo Goldoni, n. 47, presso lo studio dell'Avv. F P;
c9(t'772 - con troricorrente, ricorrente incidentale - avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli, n. 3990/2015, depositata il 14 ottobre 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2017 dal Consigliere E I;
udito l'Avvocato T P;
udito l'Avvocato G C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R F G, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, assorbito quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. M M e F I ricorrono, con tre mezzi, nei confronti di A A (che resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato) avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d'appello di Napoli ha rigettato l'appello dei primi confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato risolto per grave inadempimento degli stessi, quali conduttori, il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, stipulato in data 1 marzo 1998 e registrato il 12 marzo 2012. Premesso che il giudice di primo grado aveva ritenuto dovuto il canone di locazione nella misura convenzionalmente pattuita e non in quella (pari al triplo della rendita catastale) prevista dall'art. 3, comma 8, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, per il caso di tardiva registrazione del contratto, e ciò per essere stata tale disciplina dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza n. 50 del 10 marzo 2014, hanno rilevato i giudici d'appello (per quel che in questa sede ancora interessa) che: — la norma (invocata dagli appellanti) di cui all'art. 5, comma I- ter, d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, che aveva fatto «salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23» è stata a sua volta dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 16 luglio 2015, per contrasto con l'art. 136 Cost.;
— nessun rilievo invalidante può essere attribuito al fatto che l'originario contratto di locazione sia stato registrato tardivamente solo nel 2012, non potendo trovare applicazione retroattiva la norma di cui all'art. 1, comma 346, legge 30 dicembre 2004, n. 311, atteso che il requisito della registrazione da essa prescritto, incidendo sull'individuazione dei requisiti sostanziali di validità del contratto, non può operare che per i contratti stipulati in epoca successiva alla sua entrata in vigore;
— alla luce di tali premesse il versamento effettuato da parte dei conduttori in corso di causa, dell'importo di C 2.320,94, pari alle mensilità di gennaio, febbraio e marzo 2012 (per C 722,00 mensili) e di aprile 2012 (per C 154,94), non poteva considerarsi satisfattivo, risultando non versata la differenza rispetto ai canoni dovuti di C 559,06. I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie ex art.378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso M M e F I chiedono l'applicazione dello ius superveniens rappresentato dall'art. 13, comma 5, legge 9 dicembre 1998, n. 431, come sostituito dall'art. 59 legge 28 dicembre 2015, n. 208 (sopravvenuta alla pubblicazione della sentenza impugnata), a mente del quale «per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall'articolo 5, comma 1-ter, del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato». Sostengono che, in base a tale norma sopravvenuta, il canone da loro offerto in corso di giudizio nella misura pari al triplo della rendita catastale deve ritenersi quello effettivamente dovuto e che non è dovuta, invece, la differenza di C 559,06, donde l'insussistenza dei requisiti di gravità dell'inadempimento.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono, in subordine, violazione e/o falsa applicazione del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, per avere la Corte d'appello liquidato le spese processuali poste a carico dei soccombenti in misura eccedente quella determinabile in base al valore della causa che essi assumono compreso nello scaglione tra C 0,00 e C 1100,00 essendo stato dichiarato risolto il contratto di
- ricorrenti -
contro
A A, rappresentata e difesa dagli Avv.ti G C 2,0A9-- e G C, con domicilio eletto in Roma, largo Goldoni, n. 47, presso lo studio dell'Avv. F P;
c9(t'772 - con troricorrente, ricorrente incidentale - avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli, n. 3990/2015, depositata il 14 ottobre 2015;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 5 dicembre 2017 dal Consigliere E I;
udito l'Avvocato T P;
udito l'Avvocato G C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R F G, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, assorbito quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. M M e F I ricorrono, con tre mezzi, nei confronti di A A (che resiste con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato) avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d'appello di Napoli ha rigettato l'appello dei primi confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato risolto per grave inadempimento degli stessi, quali conduttori, il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, stipulato in data 1 marzo 1998 e registrato il 12 marzo 2012. Premesso che il giudice di primo grado aveva ritenuto dovuto il canone di locazione nella misura convenzionalmente pattuita e non in quella (pari al triplo della rendita catastale) prevista dall'art. 3, comma 8, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, per il caso di tardiva registrazione del contratto, e ciò per essere stata tale disciplina dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con sentenza n. 50 del 10 marzo 2014, hanno rilevato i giudici d'appello (per quel che in questa sede ancora interessa) che: — la norma (invocata dagli appellanti) di cui all'art. 5, comma I- ter, d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, che aveva fatto «salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23» è stata a sua volta dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 169 del 16 luglio 2015, per contrasto con l'art. 136 Cost.;
— nessun rilievo invalidante può essere attribuito al fatto che l'originario contratto di locazione sia stato registrato tardivamente solo nel 2012, non potendo trovare applicazione retroattiva la norma di cui all'art. 1, comma 346, legge 30 dicembre 2004, n. 311, atteso che il requisito della registrazione da essa prescritto, incidendo sull'individuazione dei requisiti sostanziali di validità del contratto, non può operare che per i contratti stipulati in epoca successiva alla sua entrata in vigore;
— alla luce di tali premesse il versamento effettuato da parte dei conduttori in corso di causa, dell'importo di C 2.320,94, pari alle mensilità di gennaio, febbraio e marzo 2012 (per C 722,00 mensili) e di aprile 2012 (per C 154,94), non poteva considerarsi satisfattivo, risultando non versata la differenza rispetto ai canoni dovuti di C 559,06. I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memorie ex art.378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso M M e F I chiedono l'applicazione dello ius superveniens rappresentato dall'art. 13, comma 5, legge 9 dicembre 1998, n. 431, come sostituito dall'art. 59 legge 28 dicembre 2015, n. 208 (sopravvenuta alla pubblicazione della sentenza impugnata), a mente del quale «per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di cui all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall'articolo 5, comma 1-ter, del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, su base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato». Sostengono che, in base a tale norma sopravvenuta, il canone da loro offerto in corso di giudizio nella misura pari al triplo della rendita catastale deve ritenersi quello effettivamente dovuto e che non è dovuta, invece, la differenza di C 559,06, donde l'insussistenza dei requisiti di gravità dell'inadempimento.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono, in subordine, violazione e/o falsa applicazione del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, per avere la Corte d'appello liquidato le spese processuali poste a carico dei soccombenti in misura eccedente quella determinabile in base al valore della causa che essi assumono compreso nello scaglione tra C 0,00 e C 1100,00 essendo stato dichiarato risolto il contratto di
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