Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/12/2009, n. 26279

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L'atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dalla eventuale ignoranza dell'evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente; ove l'impugnazione sia proposta invece nei confronti del defunto, non può trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 291 cod. proc. civ. (Principio enunciato dalla S.C. in riferimento ad un giudizio iniziato in epoca anteriore alla legge 26 novembre 1990, n. 353).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 16/12/2009, n. 26279
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26279
Data del deposito : 16 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. GEMELLI Torquato - Presidente Aggiunto -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di Sezione -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
SENTENZA sul ricorso 9616-2004 proposto da:
CA RA ([...]), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SETTEMBRINI 30, presso lo studio dell'avvocato MORRA PIER FRANCESCO, rappresentato e difeso dall'avvocato BOVIO VINCENZO, per procura speciale del notaio dott. Riccardo Fucci di Andria, rep. 15973 del 29/03/2004, in atti;

- ricorrente -

contro
ID VA ([...]), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D'ORO 157, presso lo studio dell'avvocato CIPRIANI ROMOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato LA PESA PIETRO, per procura a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 268/2003 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 04/03/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE NI, che ha concluso per il rigetto del ricorso enunciando il principio che, con riferimento alla disciplina anteriore all'entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, in caso di decesso della parte dopo l'udienza di discussione e prima della pubblicazione della sentenza, l'impugnazione deve essere proposta nei confronti degli eredi e non della parte deceduta presso il procuratore, atteso che nessuna norma prevede l'ultrattività del mandato ad litem.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in cancelleria il 13 maggio 1999 il Tribunale di Bari, adito da NI DA nei confronti di FA AD, accolse la domanda proposta dall'attore, intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità del testamento pubblico con cui suo fratello PP DA, deceduto il 18 luglio 1987, aveva nominato proprio erede universale il convenuto.
Adita dal soccombente, la Corte d'appello di Bari, con sentenza depositata in cancelleria il 4 marzo 2003, ha dichiarato inammissibile il gravame, in accoglimento dell'eccezione formulata in tal senso da OV DA, la quale si era costituita nel giudizio di secondo grado nell'udienza di precisazione delle conclusioni tenuta il 19 ottobre 2000, quale erede di DA NI deceduto il 22 marzo 1999. La decisione si basa sul rilievo che l'atto di impugnazione, nonostante la morte dell'originario attore, era stato a costui notificato presso il suo procuratore, invece che all'erede del defunto.
AD FA ha proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. OV DA si è costituita con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il motivo addotto a sostegno del ricorso AD FA deduce che la notificazione del proprio atto di appello avrebbe dovuto essere ritenuta valida, poiché legittimamente, in applicazione dell'art. 300 c.p.c., era stata rivolta ad DA NI presso il procuratore che lo aveva rappresentato nel giudizio di primo grado, non avendo prodotto alcun effetto il suo decesso, avvenuto nel periodo compreso tra la chiusura della discussione davanti al collegio e la pubblicazione della sentenza del Tribunale.
Sul tema delle impugnazioni proposte dopo la morte di una parte sono emersi nella giurisprudenza di legittimità contrasti, divergenze e oscillazioni, che non hanno trovato una stabile e definitiva composizione neppure in seguito ai vari interventi delle sezioni unite, che più volte sono state - e perciò di nuovo vengono ora - chiamate a pronunciarsi sulla questione.
Le prime loro decisioni sono state adottate con le sentenze 21 febbraio 1984, n. 1228, 1229 e 1230, con le quali si è ritenuto che la materia è disciplinata da norme non rispondenti a un criterio unitario e diverse secondo il momento in cui l'evento si verifica. Se questo è precedente alla chiusura della discussione e non è stato dichiarato o notificato, l'altra parte, anche se ne ha avuto altrimenti notizia, può rivolgere l'atto di impugnazione al defunto e notificarlo presso il suo procuratore, poiché la posizione di colui che è venuto a mancare resta stabilizzata come quella di persona ancora vivente per tutto l'ulteriore corso del giudizio anche nei gradi successivi, nei quali il mandato conserva ultrattivamente efficacia, per il disposto dell'art. 300 c.p.c.;
lo stesso procuratore è dunque altresì abilitato sia a ricevere la notificazione della sentenza sia a impugnarla, in nome del defunto, se il mandato non era limitato a quel grado. Quando invece la morte è posteriore alla chiusura della discussione, la notificazione della sentenza, a norma dell'art. 286 c.p.c., può essere rivolta indifferentemente alla parte deceduta presso il suo procuratore, oppure agli eredi. Infine, se l'evento si avvera nella pendenza del termine per l'impugnazione, influisce sulla sua decorrenza, secondo le previsioni dell'art. 328 c.p.c.: nel caso in cui la notificazione della sentenza sia già avvenuta, deve essere rinnovata agli eredi e solo da allora prende inizio il termine "breve" stabilito dall'art.325 c.p.c.;
altrimenti, si applica quello "lungo" di cui all'art. 327 c.p.c., che tuttavia è prorogato di sei mesi, ove la morte o la
perdita della capacità di stare in giudizio sia avvenuta più di sei mesi dopo la pubblicazione della sentenza.
Investite ancora della questione, le sezioni unite l'hanno affrontata con la sentenza 19 dicembre 1996 n. 11394. Con riferimento a una fattispecie di morte successiva alla pubblicazione della sentenza di primo grado, ma in base ad argomenti estensibili anche all'ipotesi di decesso anteriore, si è ritenuto che l'atto di appello, a norma dell'art. 328 c.p.c., deve essere notificato in ogni caso agli eredi, essendo irrilevante l'eventuale ignoranza dell'evento da parte dell'impugnante, il quale neppure può essere ammesso alla rinnovazione della notificazione prevista dall'art. 291 c.p.c., sicché l'unica sanatoria consentita è quella che deriva dalla costituzione in giudizio dei successori del defunto, purché effettuata prima della scadenza del

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