Cass. civ., SS.UU., sentenza 26/05/2004, n. 10139

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 26/05/2004, n. 10139
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10139
Data del deposito : 26 maggio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D P M - Primo Presidente f. f. -
Dott. G A - Presidente di sezione -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
Dott. V G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N, elettivamente domiciliato in LOCALITA1, Lgt.M.n.24, presso lo studio dell'avvocato N2, che
lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- controricorrente -


e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- intimato -


avverso la sentenza n. 14/02 del Consiglio superiore magistratura, depositata il 05/03/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/04 dal Consigliere N3;

udito l'avvocato N4, per delega dell'avvocato N2;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. N5 che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, cassazione sentenza impugnata con rinvio a sezione disciplinare C.S.M., assorbite le altre censure.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con due distinti atti la Procura Generale presso la Corte di Cassazione ed il Ministro della Giustizia davano inizio nei confronti del Dott. N, all'epoca dei fatti Procuratore della Repubblica presso la Pretura circondariale di LOCALITA1, a due separati procedimenti disciplinari, che successivamente venivano riuniti. Veniva contestato al dott. N la violazione dell'art. 18 del r. d.lgs. 31 maggio 1946 n. 511 per avere gravemente mancato ai propri
doveri e per essersi reso immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato, addebitandosi allo stesso che il 5 marzo 1998 si era recato negli uffici della Questura di LOCALITA1 dove, con voce stentorea ed alterata, aveva diffidato il dott. N6, capo della Squadra mobile, di proseguire nelle investigazioni a suo carico intimandogli di rivelargliene il contenuto, veniva addebitato ancora al Dott. Ndi avere convocato nello stesso giorno il suddetto Dott. N6 chiedendogli nuovamente notizie al riguardo.
La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con sentenza depositata in data 20 dicembre 2000, assolveva il Dott. Ndalle incolpazioni contestategli perché il fatto non costituiva illecito disciplinare.
Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 3 ottobre 2001 n. 12212, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Generale, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla stessa Sezione disciplinare del Consiglio superiore.
A seguito di tale decisione la Sezione disciplinare, con sentenza depositata in cancelleria il 5 marzo 2002, dichiarava il dott. N responsabile della incolpazione ascrittagli e gli infliggeva, in considerazione della sua limpidissima carriera e delle circostanze ambientali e soggettive nelle quali si era svolta l'intera vicenda,la sanzione minima dell'ammonimento. Avverso tale sentenza N propone ricorso per
Cassazione, affidato a quattro motivi.
Il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso. Con ordinanza di questa Corte del 10 ottobre 2002 il giudizio veniva rinviato a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte Costituzionale, davanti alla quale era stata sollevata da queste Sezioni Unite la questione della illegittimità degli artt. 4 e 6 della legge 24 marzo 1958 n. 195 (anche nel testo modificato dall'art. 2 della legge 28 marzo 2002 n. 44) nella parte in cui non prevedeva l'elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura di ulteriori supplenti della Sezione disciplinare in modo da consentire il rispetto del principio della terzietà del giudice, anche nelle decisioni da prendersi nel giudizi davanti alla stessa Sezione disciplinare in caso di sentenza di rinvio delle Sezioni Unite della Cassazione.
A seguito dell'intervenuta sentenza del 22 luglio 2003 n. 262 della Corte Costituzionale, la controversia viene nuovamente all'esame di queste Sezioni Unite. Il N ha depositato, ai sensi dell'art. 378 c.p.c., memoria sia per l'udienza del 10 ottobre 2002 sia per
l'udienza del 1^ aprile 2004.
MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo del ricorso il Nha denunziato violazione e falsa applicazione di legge ex art. 33 del r. d.lgs. 31 maggio 1946 n. 511, 61, 543 e 544 c.p.p. del 1930, 4, 6, 17 l. n. 195 del 1958, 32, 33 e ss. r. d.lgs. n. 511 del 1946 in relazione
all'art. 360 n. 3 c.p.c., ed ha sollevato questione di illegittimità costituzionale delle summenzionate disposizioni per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
Il ricorrente ha evidenziato che nel caso di specie si è venuta a determinare "la abnorme situazione" che uno stesso organo giudicante (la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura), nella medesima composizione personale, ha pronunziato la sentenza a seguito della cassazione della precedente decisione da esso stesso adottata. Ciò ha comportato una lesione dei principi della "terzietà del giudice" e del "giusto processo," che deve far ritenere nulla la decisione impugnata. Tale nullità, anche in ragione della nuova formulazione dell'art. 111 Cost., deve qualificarsi come assoluta ed insanabile e non relativa, come invece era stato in precedenza ritenuto dai giudici di legittimità. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di legge(art. 29 r. d.lgs. 31 maggio 1946 n. 511, 25 c.p.p. del 1930 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.) nonché
questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, ult. comma, del r. d.lgs. del 1946 n. 511 per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione. In particolare il ricorrente sostiene che la Sezione disciplinare ha dato una interpretazione dell'art. 29 del suddetto r. d.lgs. che, per essere implicitamente abrogativa dell'art. 25 del c.p.p. del 1930, consente di utilizzare gli accertamenti compiuti dal
giudice penale nel giudizio disciplinare, pur quando il giudizio penale si è concluso con sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste,senza che venga riconosciuto il diritto ed il correlativo potere di contestare quei fatti nella competente sede penale, essendo pacifico che la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste non è suscettibile di impugnazione da parte dall'imputato.
Con il terzo e quarto motivo il ricorrente ha dedotto, infine, violazione e falsa applicazione dell'art. 384 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., nonché vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., per non avere la decisione impugnata proceduto al riesame
di tutti gli elementi della fattispecie sottoposta al suo giudizio (terzo motivo), nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 18 del r. d.lgs. 31 maggio 1946 n. 511 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. ed ancora vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., per
avere la Sezione disciplinare riconosciuto erroneamente alle argomentazioni della sentenza di rinvio della Corte di Cassazione un valore vincolante, il che aveva determinato un incompleto riesame
della condotta dell'incolpato(quarto motivo).


2. Il motivo del ricorso con il quale si denunzia la nullità della decisione impugnata, per riguardare una questione pregiudiziale attinente al processo, va esaminato prima degli altri.

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