Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/12/2022, n. 36054

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 09/12/2022, n. 36054
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36054
Data del deposito : 9 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 28012-2021 proposto da: M M, M C, P I, R A, C L, M A, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ATTILIO REGOLO

12/D, presso lo studio dell'avvocato M F, che li rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
- con troricorrente - avverso la sentenza n. 96/2021 della CORTE DEI CONTI - II SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO - ROMA, depositata il 18/03/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2022 dal Consigliere D S;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale R M, il quale chiede alle Sezioni Unite della Corte di dichiarare il ricorso inammissibile e, in ogni caso, di rigettarlo. Ric. 2021 n. 28012 sez. SU - ud. 08-11-2022 -2- Rilevato che: con sentenza n. 96/2021 del 18,3.2021, la Corte dei Conti - Sezione II Giurisdizionale Centrale d'Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza n. 256/2019 con cui la medesima Sezione aveva confermato la sentenza n. 2153/2010 resa dalla Sezione territoriale, che aveva rigettato la domanda dei predetti -già dipendenti degli Organismi di Informazione e Sicurezza, collocati a riposo dopo il 1° gennaio 1996- volta alla riliquidazione del trattamento pensionistico con inclusione dell'indennità di funzione o operativa di cui all'art. 18, comma 1 del D.P.C.M. n. 8 del 21.11.1980, percepii:a in costanza di rapporto;
premesso che la richiesta di revocazione era basata sulla circolare del Segretario Generale del Cesis n. 325-26/3136 del 23 gennaio 1998 e richiamato l'art. 202, comma 1, lett. cl) del c.g.c., la Corte ha ritenuto che i ricorrenti non avessero «in alcun modo dato conto delle modalità dell'avvenuto recupero del documento sul quale fondano il ricorso per revocazione» e, altresì, che la circolare amministrativa costituisse, «per la sua natura documento non decisivo»;
ha concluso pertanto che «il documento sul quale gli interessati fondano il ricorso per revocazione [...] non è documento nuovo, né è stata fornita la prova della non imputabilità della mancata produzione, né è, infine, decisivo»;
avverso tale decisione è stato proposto avanti a questa Corte «ricorso per regolamento di competenza», con richiesta di «statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia [...] individuandola in capo al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio»;
ha resistito, con controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo «di dichiarare il ricorso inammissibile e, in ogni caso, di rigettarlo».Considerato che: con l'unico motivo, i ricorrenti denunciano «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1 e 14 D.Lvo 174/2016 c.g.c.;
violazione art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 T.U.P.1.»;
premesso che il trattamento di quiescenza era stato liquidato «senza valutare in esso l'indennità di funzione od operativa come percepita in servizio, ritenendo non applicabili [...] le disposizioni previste dall'art. 2 della legge 8.8.1995, n. 335», i ricorrenti contestano l'orientamento espresso dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, con sentenza 2/2018 QM del 29.1.2018, che ha riconosciuto prevalenza alla previsione dell'art. 18 del D.P.C.M. n. 8 del 1980, considerandola norma speciale rispetto alla legge n. 335/1995;
tanto dedotto, assumono che, «in merito alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto non sussist[o]no dubbi, "ratione temporis", sulla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Ciò in quanto le predette indennità costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell'attività Ilavorativa, trova la sua causa generativa nella prestazione resa in costanza di servizio e, pertanto, trattasi di materia estranea al trattamento pensionistico e come tale non rientrante nella giurisdizione della Corte dei Conti»;
aggiungono che «tuttavia il criterio del "petiturri" sostanziale al fine di determinare la giurisdizione nelle controversie afferenti al pubblico impiego, laddove vengano in contestazione anche atti amministrativi generali o regolamentari presupposti sembrano far capo all'art. 63 del Dlgs 30/3/2001 n. 165 che devolve al Giudice del Lavoro tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1. / 20 comma, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti»;concludono chiedendo a questa Corte che, «in accoglimento del proposto gravame ed ai sensi degli artt. 43 e ss. cpc, voglia cassare la sentenza impugnata e così statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia e sul connesso rapporto processuale instauratosi tra i ricorrenti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri in virtù delle statuizioni relative alla natura delle indennità percepite durante il rapporto di impiego individuandola in capo al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio»;
il ricorso è inammissibile;
benché intitolato come «ricorso per regolamento facoltativo di competenza» e benché richiedente di «statuire sulla competenza per materia a decidere sulla controversia», il ricorso deduce -nella sostanza- una questione di giurisdizione e (pur compiendo una digressione sulla giurisdizione del giudice del lavoro in materia di pubblico impiego) afferma chiaramente come «in merito alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto non sussistano dubbi, "ratione temporis", sulla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo» (e ciò in quanto le indennità richieste «costituiscono trattamento che, anche se erogato alla cessazione dell'attività lavorativa, trova la sua causa generativa nella prestazione resa in costanza di servizio e, pertanto, trattasi di materia estranea al trattamento pensionistico, e come tale opn jrientrante nella Ul/o giurisdizione della Corte dei Conti») NE conclude chiedendo che la / «competenza» venga individuata «in capo al Tribunale Amministrativo del Lazio»;
queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare che, in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze della Corte dei Conti pronunciate su ricorso per revocazione, può sorgere questione di giurisdizione solo con riferimento al potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione medesima, restando esclusa la possibilità di rimettere in discussione detto potere sulla precedente decisione di merito (così Cass., S.U. 4879/2017, Cass., S.U. n. 32179/2018, Cass., S.U. n. 18670/2019, Cass., S.U. n. 20180/2019, Cass. n. 28214/2019 e Cass., S.U. n. 31559/2021);
il tutto in conformità con quanto statuito a proposito delle sentenze del Consiglio di Stato rese in sede di revocazione (cfr. Cass., S.U. n. 16754/2014 e Cass., S.U. n. 1520/2016);
nello specifico, tuttavia, i ricorrenti non pongono alcuna questione circa il potere giurisdizionale in ordine alla statuizione sulla revocazione, ma impugnano la relativa sentenza al solo fine di mettere in discussione, per la prima volta, la giurisdizione sulla controversia concernente la riliquidazione del trattamento pensionistico, che essi stessi avevano proposto avanti alla Corte dei Conti;
così introducendo un tema sul quale -come correttamente evidenziato dal P.M.- era intervenuto giudicato implicito a seguito delle due decisioni di merito;
all'inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite;
sussistono le condizioni per l'applicazione dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
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