Cass. civ., sez. III, sentenza 31/05/2019, n. 14898

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 31/05/2019, n. 14898
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14898
Data del deposito : 31 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25670/2017 R.G. proposto da Comune di Qualiano, rappresentato e difeso dall'Avv. G F, con domicilio eletto in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 107, presso lo studio del Prof. Avv. E e E D P;

- ricorrente -

contro

Acqua Campania S.p.A.;
ZtA, - intimata - e nei confronti di Regione Campania, rappresentata e difesa dall'Avv. M C, con domicilio eletto in Roma, via Poli, n. 29, presso l'Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania;
— interveniente — avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli, n. 3531/2017, pubblicata il 4 agosto 2017;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 28 marzo 2019 dal Consigliere E I;
udito l'Avvocato G F;
udito l'Avvocato M C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A M S, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Eniacqua Campania S.p.A. (successivamente denominata Acqua Campania S.p.A.) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Napoli il Comune di Qualiano;
premesso di essere mandataria della Regione Campania per l'accertamento, il recupero e l'incasso delle ragioni creditorie collegate al servizio di collettamento e depurazione delle acque reflue effettuato a mezzo degli impianti di depurazione regionale, espose che l'ente convenuto, pur servendosi dell'impianto di depurazione regionale, sin dal 1992 era venuto meno all'obbligo di dichiarare alla Regione i volumi idrici forniti agli utenti nonché a quello di versare i canoni del servizio;
chiese pertanto, previo accertamento dei detti obblighi, la condanna del Comune al pagamento dei canoni dall'1/1/92 al saldo, oltre interessi. Instaurato il contraddittorio il Tribunale, respinte preliminari eccezioni in rito (tra le quali quelle di difetto di giurisdizione e di legittimazione attiva della società), accolse la domanda, determinando l'importo dovuto, sulla base della espletata c.t.u., in C 4.920.657,57, oltre interessi dalla domanda al soddisfo.

2. Con la sentenza in epigrafe la Corte d'appello di Napoli ha solo parzialmente accolto il gravame interposto dal Comune, con limitato riferimento alla quantificazione dell'importo dovuto, determinato nella minor somma di C 3.738.466,97, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, avuto riguardo all'eccezione, ritenuta fondata, di pagamento parziale. Ha confermato nel resto la decisione impugnata, rigettando le reiterate eccezioni preliminari e confermando nel merito la legittimità e fondatezza della pretesa.

3. Avverso tale sentenza il Comune di Qualiano propone ricorso per cassazione sulla base di undici motivi. La società intimata non svolge difese. Interviene nel presente giudizio, depositando controricorso e allegando di farlo ai sensi dell'art. 111, cod. proc. civ., la Regione Campania, quale originaria mandante del servizio di riscossione e titolare del diritto per essa azionato da Acqua Campania S.p.A., nel frattempo cessata dall'incarico per l'intervenuto recesso della Regione dalla relativa convenzione. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi due motivi di gravame sono così rubricati:

1. Violazione dell'art. 360, comma 1, n. 5) assenza di motivazione ovvero per motivazione perplessa elo apparente corredata dalla scarsa coerenza logico-giudica delle espressioni usate — in relazione al rigetto del secondo motivo di gravame;

2. Violazione dell'art. 360, comma 1, n. 3) in relazione agli artt. 1418, 1325 e 1423 c.c., R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 16 e 17- violazione degli artt 1418 c.c. in combinato disposto con artt. 10, comma 3 e 4 della legge n. 36/1994 c.d. legge Galli, con l'art. 12, comma 1 1..r. n. 14 del 1997 e degli artt 1322 c.c in combinato disposto con gli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. (collegamento negoziale);
in relazione al rigetto del secondo motivo di gravame Entrambi investono la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione attiva della società rispetto alle pretese dedotte in giudizio: eccezione reiterata in appello sul rilievo della illegittimità della concessione di servizio in favore di Acqua Campania, poiché in contrasto con l'art. 10, commi 3 e 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. legge Galli) La Corte d'appello ha ritenuto non pertinente il riferimento a tali disposizioni, e quindi infondata l'eccezione, evidenziando che «nel caso di specie non si è trattato di una concessione per gestire il servizio idrico, ma più semplicemente di un mandato alla riscossione, come tale esulante dai divieti (di detta legge)». Ha soggiunto che «dunque, ai fini della validità ed opponibilità, nei confronti dei terzi, del mandato, appare senza dubbio idonea la delibera della giunta regionale n. 6887 del 13 ottobre 1998 prodotta dalla parte appellata sin dal primo grado di giudizio».

1.1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, che la Corte territoriale: omette di illustrare le argomentazioni logico-giuridiche a sostegno del proprio convincimento;
contraddice la propria precedente affermazione, spesa in punto di giurisdizione, secondo cui si verterebbe nella specie su «un rapporto tra enti a diverso titolo incaricati della gestione del servizio»;
non precisa se si tratti di mandato con o senza rappresentanza, nel qual caso non potrebbe dubitarsi che esso implichi un rapporto gestorio;
giunge alla illogica conclusione secondo cui si tratterebbe di mandato fondato su una deliberazione di giunta;
afferma erroneamente che il mandato avrebbe ad oggetto la riscossione (dei canoni) del servizio idrico e non del servizio di depurazione.

1.2. Con il secondo motivo deduce che, motivando nel modo predetto, la Corte d'appello ha violato le norme che impongono, a pena di nullità, la forma scritta per i contratti della pubblica amministrazione;
osserva infatti che la deliberazione di giunta è un atto di indirizzo interno, inidoneo a tal fine. Sotto altro profilo rileva che erroneamente la Corte d'appello ha escluso la riferibilità del contratto ai divieti posti dalla legge Galli, atteso che, come emerge dallo stesso tenore della sentenza, la società non agisce in nome della Regione Campania ma per conto di essa, ed è dunque configurabile un mandato senza rappresentanza che postula necessariamente un rapporto concessorio di gestione del servizio. Rileva ancora che la convenzione in oggetto viola l'art. 12 della legge regionale Campania 21 maggio 1997 n. 14 che prevede che il servizio idrico integrato debba essere espletato esclusivamente dagli enti d'ambito (c.d. ATO). 2. È infondata la censura — dedotta con il primo motivo di ricorso — di nullità della sentenza per mancanza di motivazione. Non può infatti dubitarsi che una motivazione esista e che non sia meramente apparente, consentendo la stessa di comprendere quale sia la ragione della decisione adottata (legittimità della convenzione e fondatezza della pretesa azionata). Ciò vale certamente ad escludere la dedotta violazione dai doveri decisori di cui all'art. 112 cod proc. civ. denunciata dall'amministrazione ricorrente, che si configura soltanto nell'ipotesi in cui sia mancata del tutto da parte del giudice — ovvero sia meramente apparente (come quando sia affidata ad espressioni del tutto generiche o tautologiche e prive di ogni specifico riferimento al caso concreto) — ogni statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio, mentre rientra nell'ambito dell'art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ. e soggiace pertanto ai relativi limiti di ammissibilità ogni altra censura che riguardi il quomodo della motivazione (v. ex multis Cass. 15/07/2016, n. 14474;
07/04/2008, n. 6858).

3. Il secondo motivo è poi in parte inammissibile (con riferimento ai primi due profili di doglianza), in altra parte infondato (in relazione al terzo).

3.1. Il rilievo di nullità del contratto di mandato in base al quale Acqua Campania S.p.A. ha azionato la propria pretesa creditoria appare privo di supporto fattuale, non risultando dalla sentenza alcun accertamento circa l'inesistenza di una convenzione redatta senza il rispetto della forma scritta, né tantomeno l'affermazione che tale requisito nel caso di specie non fosse necessario. La censura si appunta su un inciso contenuto nella sentenza impugnata (pagg. 11-12, prime tre righe) che, nel contesto argomentativo nel quale è inserito, pare solo voler dire che la delibera di giunta autorizzativa del contratto non viola le norme della legge Galli, non anche che il rapporto sia esclusivamente fondato su detta delibera. Costituisce anzi incontroversa premessa fattuale, desumibile dalla stessa descrizione dei motivi d'appello, che tra la Regione e Acqua Campania S.p.A. fosse stata al riguardo stipulata apposita convenzione, sulla cui validità, sotto il profilo in esame, non risulta sollevato alcun dubbio.

3.2. Sotto il secondo profilo la censura, lungi dall'evidenziare un'affermazione in contrasto con le norme di diritto evocate, si risolve in una apodittica contestazione dell'accertamento in fatto contenuto in sentenza secondo cui il rapporto intercorso tra la Regione e Acqua Campania S.p.A. non ha natura concessoria, ma di mero mandato privatistico. Inoltre la censura è dedotta senza la specifica indicazione degli atti su cui è fondata, in violazione dell'onere imposto dall'art. 366 n. 6 cod. proc. civ., non risultando trascritto il contenuto del contratto in questione, né essendone stata fornita adeguata ed esaustiva sintesi, e nemmeno
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