Cass. pen., sez. V, sentenza 14/04/2021, n. 13979

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 14/04/2021, n. 13979
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13979
Data del deposito : 14 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CHITA TIZIANA nato a MATERA il 18/05/1974 avverso la sentenza del 28/02/2019 della CORTE APPELLO di POTENZAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere E D G;
("udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L G che ha concluso chiedend udito il difensore

CAMERALIZZATA RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza ora in esame la Corte d'Appello di Potenza, su impugnazione della parte civile, ha riformato la pronunzia in primo grado nei confronti dell'imputata di assoluzione dal delitto di diffamazione a mezzo facebook ai danni di un collega professore, per esercizio del diritto di critica, condannandola al risarcimento del danno morale, liquidato equitativamente in euro 800 oltre che alla rifusione delle spese sostenute nei due gradi di giudizio.

2. Ha presentato ricorso tramite difensore di fiducia l'imputata, che con due motivi, argomentati unitariamente, ha dedotto la violazione dell' art. 51 cp e la mancanza di motivazione in relazione alla riforma della pronunzia di condanna. Dopo aver ripercorso le articolate proposizioni in fatto e diritto con le quali il Tribunale era giunto all'esito liberatorio per la giudicabile, la difesa ha lamentato che la sentenza di secondo grado non aveva in alcun modo esposto le ragioni ritenute adeguate a disarticolare la decisione del Tribunale, essendosi limitata ad affermare che la qualificazione della persona offesa come essere spregevole, associata all'accusa di essere autore di manipolazioni psicologiche non era proporzionata e pertinente al tema della critica ai metodi di insegnamento di un collega. La motivazione, quindi, eluderebbe i principi elaborati da questa Corte - brevemente richiamati -in caso di pronunzia di secondo grado che sovverta l'esito assolutorio raggiunto nel primo giudizio.

2.1 La Corte lucana non avrebbe preso in considerazione, come avrebbe dovuto, le richieste subordinate fatte dalla difesa in primo grado, ovviamente non riproposte in appello per l'accoglimento della domanda principale, con riferimento alla circostanza aggravante di cui all'art 595/3 cp in relazione al social facebook,all'operatività della causa di giustificazione ex art 51 cp in tema di conflitti personali dettati da contrapposizioni ideologiche, ai criteri di determinazione del danno. Per altro verso è stato posto in luce che le censure presentate nei motivi di appello dalla parte civile sarebbero aspecifiche, al punto di meritare una sanzione di inammissibilità ex art 581 cpp, secondo il testo introdotto con legge 103/2017. 3.Quanto al riconoscimento ed alla liquidazione del danno morale in favore della parte civile, non si era considerato che l'imputata, avuta notizia della reazione del collega, aveva immediatamente oscurato la propria pagina facebook ed aveva porto le sue scuse. Sul punto l'appellante non avrebbe assolto agli oneri deduttivi e probatori impostigli ex art 2627 cc, anche in riferimento al danno morale mentre la quantificazione del danno sarebbe completamente disancorata da ogni elemento di giustificazione sul piano assertivo -probatorio. Con requisitoria scritta a norma dell'art. 83, comma 12-ter, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, con la legge 24 aprile 2020, n. 27, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, ha concluso per l'annullamento della sentenza. i La difesa di parte civile ha depositato memoria scritta con la quale ha esplicitato le ragioni per il rigetto del ricorso ed ha replicato alle conclusioni del PG presso questa Corte, depositando nota spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Le doglianze racchiuse nell'unico articolato motivo di ricorso pongono, in primis, una questione di metodo, sostenendo che il Giudice di appello, nel riformare la sentenza in senso sfavorevole all'imputata, avrebbe dovuto fornire una motivazione definita rafforzata o comunque un complesso argomentativo dotato di maggior forza persuasiva rispetto alle giustificazioni adoperate dal primo Giudice, citando in proposito nota giurisprudenza di questa Corte. Il principio - ovviamente in sé corretto - non si attaglia alla fattispecie in esame, nella quale si discute del delitto di diffamazione tramite mezzo di pubblicità, questione che la Corte d'Appello ha risolto in senso opposto a quanto deciso dal Tribunale, esclusivamente attraverso una differente valutazione giuridica delle frasi in primo grado giudicate espressione del diritto di critica e, quindi, scriminate ex art 51 cp.

1.1 In tali ipotesi, secondo recenti pronunzie emesse da questa Corte - alle quali il Collegio intende dare seguito - il Giudice di appello non ha la necessità di offrire una motivazione dotata di una maggiore forza persuasiva, in quanto oggetto del giudizio è una questione squisitamente ed esclusivamente giuridica, non essendovi alcuna diversa valutazione del materiale probatorio riguardo alla quale il Giudice di secondo grado
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