Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/05/2021, n. 12902

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L'art. 54 l. n. 247 del 2012 (diversamente da quanto previsto dalla previgente normativa, novellata dall'art. 1 della l. n. 97 del 2001) disciplina in termini di reciproca autonomia i rapporti tra il procedimento disciplinare nei confronti di avvocati e quello penale avente ad oggetto gli stessi fatti: pertanto, in deroga alla generale previsione dell'art. 653 c.p.p., soltanto l'accertamento con sentenza penale irrevocabile che "il fatto non sussiste" o che "l'imputato non lo ha commesso" ha efficacia di giudicato, preclusivo di un'autonoma valutazione dei fatti ascritti all'incolpato da parte del Consiglio Nazionale Forense, effetto che non determinano, invece, le diverse formule assolutorie "il fatto non costituisce reato o illecito penale" o il fatto "non è previsto dalla legge come reato".

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/05/2021, n. 12902
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12902
Data del deposito : 13 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

129 02-21 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CRTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: DISCIPLINARE MARGHERITA CASSANO - Presidente Aggiunto - AVVOCATI GUIDO RAIMONDI - Presidente di Sezione - Ud. 09/02/2021 - FELICE MANNA Presidente di Sezione - U.P. cam. R.G.N. 5504/2020 A TRICE - Consigliere - Car 12902 Rep. A V - Rel. Consigliere - ALBERTO GIUSTI Consigliere - ем ANTONELLO CSENTINO - Consigliere - LINA RUBINO Consigliere - GUIDO MERCLINO - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 5504-2020 proposto da: LITRIC PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BALDASSARRE CASTIGLIONE 55, presso lo studio dell'avvocato M P, rappresentato e difeso da sé medesimo;

- ricorrente -

contro

I تی رے 53 21 CNSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VENEZIA, CNSIGLIO DISTRETTUALE DI DISCIPLINA DEL VENETO, CNSIGLIO NAZIONALE GENERALE PRESSO LAFORENSE, PROCURATORE CRTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

avverso la sentenza n. 171/2019 del CNSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 16/12/2019. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/02/2021 dal Consigliere A V;
lette le conclusioni scritte dell'Avvocato Generale FRANCESC SALZANO, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di cassazione vogliano rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

assistito dall'avvocata Laura 1. L'avvocato Paolo L, V, collaboratrice esterna del suo studio, conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Chioggia, la Uniqa Assicurazioni e Davide C, al fine di ottenere il risarcimento del residuo 50% del danno subitodetratta la quota già risarcita dall'Assicurazione - a seguito di un sinistro stradale verificatosi il 15 marzo 2009. Il convenuto C si costituiva, rappresentato e difeso dall'avvocata Cristina T, anch'essa collaboratrice dell'avvocato L, presso il cui studio, secondo quanto affermato dallo stesso ricorrente, aveva in corso diverse domiciliazioni». Con la costituzione in giudizio, l'avvocato T riconosceva la piena responsabilità del proprio assistito per l'incidente occorso, chiedendo accertarsi la fondatezza della domanda proposta da parte attrice.

1.1. In data 4 luglio 2011, la compagnia di assicurazioni inviava un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Padova, nei confronti dell'avvocato T, al fine di accertare eventuali condotte 2 تنيا ت deontologicamente scorrette della professionista, per essersi la stessa costituita per il convenuto C, eleggendo domicilio presso lo studio dell'attore ed ammettendo, per di più, la responsabilità del proprio assistito. L'avvocato T a seguito di tale fatto sporgeva denuncia nei confronti dell'avvocato L, per - i reati di cui agli artt. 481 e 485 cod. pen., negando di essere l'autrice della comparsa di risposta e disconoscendo le firme apposte in calce al mandato. Il Consiglio dell'Ordine archiviava, intanto, l'esposto, considerando i fatti privi di rilievo disciplinare, mentre il Giudice di pace di Chioggia, con sentenza n. 76/2011, accertava la responsabilità esclusiva del C nella causazione del sinistro del 15 marzo 2009. 1.2. A seguito della denuncia veniva instaurato processo penale nei confronti dell'avvocato L sulla base di tre capi di imputazione: 1) formazione di un mandato falso in favore dell'avvocato T, con firma falsificata;
2) falsificazione della firma dell'avvocato T nella comparsa di risposta;
3) falsificazione della delega a sostituto processuale in favore di altro legale, per un'udienza istruttoria del processo civile. L'imputato veniva assolto con sentenza n. 885/2016 emessa dal Tribunale di Venezia - dal - capo 1) perché il fatto non sussiste, essendo emerso a seguito di perizia grafica che le sottoscrizioni apposte in calce al mandato fossero attribuibili al L, e dai capi 2) e 3) perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

1.3. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia avuto - notizia del procedimento penale sospendeva in via cautelare l'avvocato L dall'esercizio della professione, con provvedimento dell'1 luglio 2013, poi annullato dal Consiglio Nazionale Forense, con decisione n. 1/2014, confermata da questa Corte con sentenza n. 3184/2015. In data 27 maggio 2014, il Consiglio dell'Ordine degli 3 с Avvocati di Venezia comunicava, quindi, all'incolpato, l'apertura del procedimento disciplinare nei suoi confronti. Con deliberazione del 22 luglio 2016, emessa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto, veniva disposta la citazione a giudizio dell'avvocato L, per i seguenti capi di incolpazione: a) violazione dell'art. 88 cod. proc. civ. e dei doveri di lealtà, correttezza, dignità e decoro di cui agli artt. 9 e 24 del Codice deontologico forense, «per avere provveduto a gestire tramite l'attività del proprio studio professionale sia la propria posizione personale di attore, sia quella del sig. C, pur essendo parti contrapposte dello stesso sinistro [...] avendo assunto così di fatto - la difesa anche della controparte, solo formalmente assistita dall'avvocato T»»>;
b) violazione degli artt. 7 e 19 del Codice deontologico forense, per avere utilizzato solo formalmente il nome dell'avvocato T, mentre i relativi atti erano stati predisposti dalla sua collaboratrice, avvocata V;
c) violazione dell'art. 63 del Codice deontologico forense, per avere sollecitato la costituzione in giudizio del C, al fine di aggravare gli oneri processuali a carico dell'assicurazione convenuta.

1.4. Con decisione nn. 14/2017, notificata il 10 maggio 2017, il Consiglio Distrettuale di Disciplina nonostante l'acquisizione della - sentenza penale di assoluzione - accertava che le firme disconosciute non appartenevano comunque all'avvocato T, ed accertava la sussistenza di un conflitto di interessi, anche se apparente, in quanto l'avvocato L aveva di fatto gestito, - mediante il proprio studio, sia la propria posizione di attore che quella di convenuto. Il Consiglio assolveva, pertanto, l'incolpato dall'imputazione di cui al capo c), per difetto di prova, mentre lo riteneva responsabile delle violazioni di cui ai capi a) e b), 4 irrogandogli la sanzione della sospensione dell'esercizio della professione per la durata di anni uno.

2. Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 171/2019, depositata il 16 dicembre 2019 e notificata il 10 gennaio 2020, respinta l'eccezione preliminare di prescrizione, in parziale accoglimento del ricorso riduceva la sanzione della sospensione dell'attività per anni uno alla sanzione della censura.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'avvocato Paolo L affidato a tre motivi. Gli intimati, Consiglio Nazionale Forense, Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia, Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto e Procura Generale presso la Corte di Cassazione, non hanno svolto attività difensiva. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. In via pregiudiziale va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Consiglio nazionale forense e del Consiglio distrettuale di disciplina, che, in quanto soggetti terzi rispetto alla controversia e autori della impugnata decisione, sono privi di legittimazione nel presente giudizio, le parti del quale vanno individuate nel soggetto destinatario del provvedimento impugnato, cioè nel Consiglio dell'Ordine locale che, in sede amministrativa, ha deciso in primo grado e nel pubblico ministero presso la Corte di Cassazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. un., 6 giugno 2003, n. 9075;
Cass. Sez. U., 7 dicembre 2006, n. 26182;
Cass. Sez. U., 13 giugno 2008, n. 19513;
Cass. Sez. U., 24 gennaio 2013, n. 1716;
Cass. Sez. U., 24 febbraio 2015, n. 3670;
Cass. Sez. U., 27 dicembre 2016, n. 26996). Il ricorso è stato notificato il 5 febbraio 2020 anche al Consiglio distrettuale di disciplina. -2. Con il primo e secondo motivo di ricorso che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente l'avvocato 5 C Paolo L denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 129, 530 e 653 cod. proc. pen., 55 della legge n. 247 del 2012 e 37 del Codice deontologico forense, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.

2.1. Si duole il ricorrente del fatto che il Consiglio Nazionale Forense abbia escluso che la sentenza di assoluzione dell'avvocato L con formula piena avesse efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare, ai sensi dell'art. 653 cod. proc. pen., essendo stato il ricorrente assolto da due delle tre imputazioni - «sulla base di una - depenalizzazione del comportamento contestatogli, per cui il fatto non costituiva (più) reato» (p. 10). Per il che, in siffatta evenienza, la decisione penale a parere dell'istante- riconoscerebbe - l'ontologia del fatto e l'affermazione che l'imputato lo ha commesso», ma ne escluderebbe «l'illiceità penale» (p. 9). L'organo decidente avrebbe, pertanto, in tal modo confuso la formula

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