Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/07/2004, n. 12138
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Nel caso in cui in primo grado una questione di giurisdizione sia stata espressamente risolta in senso sfavorevole alla parte rimasta, sia pure parzialmente, soccombente nel merito, quest'ultima, ove la controparte abbia proposto appello (in relazione alle parti della sentenza che l'hanno vista soccombente), deve proporre appello incidentale ove intenda impugnare la decisione relativa alla giurisdizione, rispetto alla quale si è verificata nei suoi confronti una soccombenza "pratica" e non "teorica", non essendo sufficiente, pertanto, la mera riproposizione della medesima questione, ai sensi dell'art. 346 cod. proc. civ.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. E S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TITO LABIENO 70, presso lo studio dell'avvocato G N, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, PIETRO MASTRANGELO, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
REGIONE PUGLIA;
- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 01/02/10 proposto da:
REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, domiciliata in ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato C D M, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
G V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TITO LABIENO 70, presso lo studio dell'avvocato G. Nardelli, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, PIETRO MASTRANGELO, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 19/01 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di Lecce Sez.ne dist.ta di TARANTO - Sezione Lavoro, depositata il 12/04/01;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/04/04 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;
udito l'Avvocato Vincenzo DE MICHELE, per delega dell'avvocato Costanzo DE MICHELE;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per il rigetto del primo e secondo motivo del ricorso incidentale della Regione Puglia, rinvio per il resto ad una sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 7 aprile 1992 presso la cancelleria della Pretore di Taranto, adito in funzione di giudice del lavoro, il sig. Vito Galante conveniva in giudizio la Regione Puglia ed esponeva quanto segue.
Era stato assunto alle dipendenze dell'Ufficio irrigazione della Regione, subentrata all'Ente in precedenza preposto alla gestione degli impianti irrigui regionali.
L'assunzione era avvenuta con più contratti a termine, stipulati fra il 1990 ed il 1991, con finalità elusive della disciplina di cui alla legge n. 230 del 1962, sicché essendo stato superato, per somma di giornate lavorative complessivamente prestate, il limite delle 180 unità, previsto per i settore dei lavoratori agricoli, doveva ritenersi costituito ab initio un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Chiedeva, pertanto, che fosse accertata l'esistenza di siffatta trasformazione, dichiarata la nullità od inefficacia degli atti con i quali la Regione aveva comunicato la scadenza dei termini illegittimi e disposta la sua reintegrazione nel posto di lavoro, con condanna della convenuta al pagamento delle retribuzioni maturate nelle more.
La Regione Puglia, costituendosi in giudizio, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e l'infondatezza nel merito della domanda.
L'eccezione era rigettata dal pretore, che, nel merito, negata la sussistenza delle condizioni di legge per la trasformazione delle varie assunzioni a termine in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, attribuiva, tuttavia, al lavoratore il diritto alle retribuzioni maturate nei periodi di inoperosità, durante i quali era tuttavia rimasto a disposizione della Regione.
La sentenza era appellata dal lavoratore e la Regione, con memoria difensiva depositata in cancelleria il 3 marzo 2001, in relazione all'udienza di discussione fissata per il successivo 14 marzo, pur definendo tale atto come appello incidentale, non ne curava la notificazione. Nella stessa memoria, peraltro, riproponeva la questione di giurisdizione espressamente disattesa dal pretore. L'eccezione veniva ancora una volta respinta dall'adito Corte d'appello di Lecce, la quale, con sentenza depositata il 12 aprile 2001, rigettava anche l'appello del lavoratore. In particolare e per quanto ancora rileva in questa sede, il giudice del gravame disattendeva l'eccezione suddetta per una duplice ragione. Da un lato osservava che essa era stata rigettata espressamente dal Pretore, la cui statuizione doveva essere impugnata con appello incidentale, con la conseguenza che, non essendo stato quest'ultimo proposto, sulla questione si era ormai formato 0 giudicato interno, non essendo sufficiente la mera riproposizione dell'eccezione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 346 cod. proc. civ.;dall'altro, esaminando, comunque, la questione, affermava
la sussistenza della giurisdizione ordinaria, sul rilievo che i rapporti di lavoro controversi erano da qualificare di natura privatistica, per espressa previsione in tal senso della legge Regione Puglia 18 aprile 1994, n. 15.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono, in via principale, il lavoratore, che propone censure di merito, ed in via incidentale la Regione, la quale, svolge due motivi di censura.
Col primo di tali motivi la Regione sostiene che ad impedire il presunto giudicato sull'espressa statuizione di rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione, resa dal primo giudice, era sufficiente la riproposizione, ai sensi dell'art. 346 cod. proc. civ., senza die vi fosse necessità dell'appello incidentale.
Col secondo motivo sostiene che deve essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, cui appartiene la cognizione di qualsiasi domanda proposta, come nella specie, per fare accertare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con un ente pubblico non economico, salva l'eccezione, qui non sussistente (poiché la gestione di impianti di irrigazione è da annoverare fra i compiti istituzionali dell'ente, ai sensi dell'art. 73 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e dell'art. 6 del d.P.R. 18 aprile 1979, e
costituisce servizio pubblico a sostegno dell'agricoltura, in sintonia con quanto disposto dall'art. 11 dello Statuto regionale), di prestazioni rese in una struttura separata, con funzioni di natura imprenditoriale. Nè, ad avviso della ricorrente, può qui invocarsi la qualificazione che di rapporti consimili a quello di causa fornisce la citata legge regionale del 1994, stante la posteriorità di questa rispetto alla vicenda controversa.
In considerazione del contenuto delle censure proposte col ricorso incidentale, l'esame dei ricorsi è stato affidato alle Sezioni unite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., siccome proposti avverso la medesima sentenza.
Pregiudiziale è l'esame del ricorso incidentale, in ragione del contenuto delle censure con esso proposte.
Il primo motivo del ricorso non ha fondamento.
Come si è riferito in narrativa la memoria difensiva non è stata finalizzata alla proposizione dell'appello incidentale, ancorché menzionato nell'atto, essendo mancata la notificazione di cui all'art. 436, terzo comma cod. proc. civ.. La ricorrente sostiene che ad impedire il giudicato sulla statuizione di rigetto dell'eccezione di difetto di giurisdizione, espressamente resa dal giudice di primo grado, sarebbe, comunque, sufficiente la riproposizione dell'eccezione con la detta memoria, ai sensi dell'art. 346 cod. proc. civ.. La copiosa giurisprudenza citata a questo fine non giova, tuttavia, all'assunto, poiché essa si riferisce al caso della cosiddetta soccombenza teorica nel giudizio di appello (diverse essendo le regole che governano, in parte qua il giudizio di Cassazione: v., da ultima e per tutte, Cass. 8 gennaio 2003, n. 30), ossia della parte totalmente vittoriosa nel merito, sfavorevolmente alla quale sia stata risolta una questione preliminare o pregiudiziale. I diversi brani delle sentenze citate nel ricorso, correttamente riferiti dalla ricorrente, mettono in luce tale ristretto ambito di applicazione del principio di sufficienza della riproposizione, in luogo di impugnazione, là dove fanno esplicita menzione della necessità di espressa censura in caso "soccombenza pratica" (v. Cass. n. 6229 del 1997, citata a pag. 8 del ricorso incidentale) e limitano l'utilizzabilità del rimedio di cui all'art. 346 all'eventualità della parte "del tutto vittoriosa nel merito", spiegando che solo "in mancanza di detta soccombenza (ossia quella pratica, sia pure soltanto parziale: n.d.r.) difetta l'interesse a proporre appello sia pure incidentale sul capo di sentenza formatosi sulla questione pregiudiziale" (v. Cass. n. 1887 del 1994, riportata a pag. 9 dello stesso ricorso).
In effetti, l'interesse ad impugnare sussiste solo in presenza della soccombenza, intesa come situazione di fatto nella quale la sentenza di primo grado abbia tolto o negato alla parte un bene della vita accordandolo all'avversario, ed abbia quindi concretamente determinato per la stessa una condizione di sfavore, a vantaggio della controparte. Una situazione di soccombenza in primo grado che sia invece soltanto teorica - ravvisabile quando la parte, pur vittoriosa, abbia però visto respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero taluni dei suoi sistemi difensivi, od anche abbia visto accolte le sue conclusioni per ragioni diverse da quelle prospettate - non fa sorgere l'interesse ad appellare, e non legittima un'impugnazione, ne' principale, ne' incidentale, ma impone alla parte, vittoriosa nel merito, soltanto l'onere di manifestare in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre le domande e ad eccezioni respinte o dichiarate assorbite nel giudizio di primo grado, onde superare la presunzione di rinuncia, e quindi la decadenza di cui all'art. 346 cod. proc. civ.. Nella specie, come riferito in narrativa e come ricorda la stessa ricorrente, quest'ultima, rispetto alla sentenza di primo grado, versava in una situazione di soccombenza pratica, essendo stato accertato - pur in presenza della resistenza della convenuta, che aveva chiesto il rigetto della domanda (v. pg. 3 del ricorso incidentale) - il diritto dell'attore alle retribuzioni maturate negli intervalli non lavorati, durante i quali era rimasto, tuttavia, a disposizione della Regione.
Questa soccombenza pratica fondava l'interesse della Regione all'appello incidentale, con conseguente necessità dell'estensione del medesimo alla statuizione reiettiva dell'eccezione di difetto di giurisdizione, secondo i criteri suesposti: in difetto di tale impugnazione deve, dunque, ritenersi, sulla relativa statuizione ormai intervenuto il giudicato formale.
Il rigetto del primo motivo di ricorso, risolvendosi nell'accertamento del giudicato interno sulla giurisdizione, rende inammissibile il secondo motivo, inteso a riporre esattamente la stessa questione cui tate giudicato si riferisce, sicché, conclusivamente, la Corte provvede al rigetto del ricorso incidentale.
Esaurito in tali sensi lo scrutinio dette questioni di competenza delle Sezioni unite, la causa va rimessa, giusta il disposto dell'art. 142 disp. att. cod. proc. civ., per l'esame delle censure proposte col ricorso principale e per i provvedimenti sulle spese processuali, alla Sezione Lavoro, competente per materia, sensi dell'art. 19 della legge 11 agosto 1973, n. 533.