Cass. pen., sez. V, sentenza 08/05/2023, n. 19345
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BACCARINI PAOLO nato a MODENA il 25/09/1966 avverso la sentenza del 05/03/2021 della CORTE APPELLO di BOLOGNAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere R P;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore A V che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per l'inammissibilita' e in subordine il rigetto udito il difensore L'avv. M rileva la carenza motivazionale della sentenza impugnata e chiede l'accoglimento del ricorso, in subordine la dichiarazione di estinzione del reato per la maturata prescrizione RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 05.03.2021, la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa in data 03.06.2015 dal Tribunale di Modena, ha ridotto ad anni sei di reclusione le pene accessorie fallimentari ex art. art. 216 co. 4 R.D. n. 267/1942 applicate a B P, revocando altresì le statuizioni civile e confermando nel resto la sentenza impugnata. 1.1.L'imputato è stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione ex artt. 216 co. 1, n. 1, e 223 co. 1 R.D. n. 267 del 1942), perché - in qualità di amministratore unico della società Il Borgo s.r.I., dichiarata fallita in data 11.11.2008 - distraeva, mediante plurime condotte, denaro della fallita, allo scopo di recare pregiudizio alla massa creditoria e segnatamente distraeva la somma di euro 20.263,26 dalla cassa contante societaria, che non era rinvenuta al momento del fallimento;eseguiva spese - per un importo di euro 27.914,00 - non inerenti all'attività societaria utilizzando somme provenienti dal conto corrente intestato alla società fallita;emetteva assegni - per una complessiva cifra di euro 114.480,00 - sui conti correnti della società a favore di sé stesso, impiegandoli per spese non societarie, ma personali;si impossessava della somma di euro 29.700,00 versata alla fallita dalla società MAGI s.a.s. a margine della sottoscrizione dell'atto notarile di risoluzione del contratto di affitto di azienda mediante assegno, che era incassato in data 07.05.2008 e mai versato nelle casse societarie. 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Baccarini, con atto a firma del proprio difensore di fiducia, avv. Lorenzo Ado M, che ha affidato le proprie censure a due motivi, con i quali deduce: 2.1. con il primo motivo, i vizi di violazione di legge e di motivazione, per avere la Corte territoriale mancato di confrontarsi compiutamente con le doglianze sviluppate in sede di appello con il terzo motivo, mancando di esprimersi sulla richiesta avanzata dalla difesa di derubricazione della fattispecie in contestazione nella differente e meno grave ipotesi di bancarotta semplice, non dovendosi di conseguenza procedere, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione;emerge, invero, dagli elementi processuali che potrebbe al più attribuirsi al Baccarini una condotta colposa grave, consistita nella mancata tempestiva richiesta di fallimento e non la volontà di pregiudicare la massa creditoria;da una serie di elementi emerge la mera volontà del ricorrente di preservare (seppure colposamente) la continuità dell'attività commerciale, quali esemplificativamente il non aver mai percepito alcun compenso per la carica ricoperta o l'aver stipulato fideiussioni a propria firma a garanzia delle obbligazioni della fallita o l'aver incentrato, in prossimità del fallimento, interamente sulla propria persona il rischio di impresa;la sentenza impugnata con motivazione meramente apparente ed anzi quasi graficamente inesistente rigetta le argomentazioni - volte a sottolineare la mancanza dell'elemento soggettivo richiesto perché possa configurarsi la fattispecie di bancarotta fraudolenta distrattiva - sottese all'istanza della difesa di riqualificazione giuridica della fattispecie contestata in bancarotta semplice, neppure potendosi giustificare tale lacuna motivazionale a mezzo del richiamo alla sentenza di primo grado, atteso che il Tribunale non si era pronunciato su tale questione;2.2 con il secondo motivo, il vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale individuato nel mancato rinvenimento all'atto della dichiarazione di fallimento dei beni societari la prova della responsabilità del ricorrente in ordine dal reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, laddove la giurisprudenza di legittimità chiaramente individua, invece, in tale circostanza fattuale, la mera presunzione della distrazione dei beni societari;la prova contraria alla presunzione di distrazione, può invero sostanziarsi anche soltanto nella prova testimoniale ove non siano rivenuti riscontri contabili, purché la validità della testimonianza sia legittimamente apprezzabile;la Corte territoriale, tuttavia, erroneamente ha affermato, nel caso di specie, la responsabilità del ricorrente meramente in forza delle risultanze delle scritture contabili e su tali elementi ha innestato l'intero apparato argomentativo della sentenza impugnata, ritenendo concretamente vincibile il dato documentale solo mediante altro dato parimenti documentale e contabile e non mediante un differente dato naturalistico o fattuale;all'uopo, la Corte territoriale ha mancato di adeguatamente valorizzare le dichiarazioni testimoniali del G e del M - i quali evidenziavano in dibattimento di essere stati pagati, per lavori di falegnameria, in contanti - e le testimonianze di debitori e dipendenti della fallita che, contro il proprio interesse, mancavano di dichiararsi insoddisfatti;la somma di cui all'ammanco contabile oggetto di contestazione è stata asservita ad esigenze societarie e precisamente al pagamento di crediti della società, come espressamente dichiaravano in dibattimento i creditori della fallita, che confermavano di essere stati pagati in contanti, pur vantando ancora in sede contabile un credito nei confronti della società;la distrazione della somma di euro 27.914,00 dal conto della fallita è stata erroneamente affermata a ragione della cessazione dell'attività della fallita, trascurando invece di considerare che le spese sostenute antecedentemente alla cessazione dell'attività possono essere state pagate successivamente;l'emissione di assegni a favore di sé stesso, appoggiati ai conti correnti della fallita, sono stati consegnati dal Baccarini brevi manu al G e al M a pagamento di lavori dagli stessi effettuati, laddove apoditticamente osserva, invece, la Corte territoriale che il ricorrente si è appropriato delle somme servendosi del M e del G;la distrazione, poi, della somma ricevuta dalla società MAGI s.a.s. - asseritamente mai confluita nelle casse societarie - non era legata alla risoluzione del contratto, perché corrispettivo di una vendita personalmente fatta dal ricorrente ad E M, legale rappresentante della società MAGI s.a.s.;in particolare, quanto alla distrazione della somma di euro 27.914,00 prelevata dal ricorrente dai conti della fallita, la Corte territoriale indebitamente ha formato il proprio convincimento sulla base di generiche dichiarazioni del curatore fallimentare, il quale invero affermava che il ricorrente in confidenza ammetteva di aver usufruito della detta somma per spese esclusivamente personali;la valutazione della Corte territoriale ha, tuttavia, maggiormente valorizzato la testimonianza indiretta del curatore rispetto a quanto affermato dall'imputato, laddove le dichiarazioni del fallito rese al curatore fallimentare debbono ritenersi rilevanti soltanto nel caso in cui siano trasfuse nella relazione ex art. 33 R.D. n. 267 del 1942, perché atte a costituire, se verbalizzate con le formalità richieste dal caso, prova documentale, laddove non sono rilevanti se riferite dal curatore de auditu e smentite dalla fonte primaria in dibattimento.
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