Cass. civ., sez. III, sentenza 12/10/2021, n. 27806
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Testo completo
e R.G.N. 27416/2018
SENTENZA
Rep. sul ricorso 27416-2018 proposto da: GIOVANNINI VALTER, elettivamente domiciliato in ROMA,
CORSO
Ud. 31/03/2021
VITTORIO EMANUELE II
154/3DE, presso lo studio dell'Avvocato PU "cameralizzata" DANIELE GRANARA, che lo rappresenta e difende;
"
- ricorrente -
contro
PARROCCHIA ARCIPRESBITERIALE DEI SS MARTINO E GIORGIO DI PORTOFINO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEOMAGNO, 10/B, presso lo studio dell'Avvocato
FRANCESCO
1006 CO, che lo rappresenta e difende unitamente all'Avvocato FRANCESCO MASSIMO TISCORNIA;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 924/2018 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 12/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2021 dal Consigliere Dott. S G G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C FTI DI
CAUSA
1. V G ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 924/18, del 12 giugno 2018, della Corte di Appello di Genova, che - respingendone il gravame avverso la sentenza n. 3417/16, del 10 novembre 2016, del Tribunale di Genova - ha confermato sia il rigetto della domanda dallo stesso proposta e volta a ripetere quanto, a suo dire, indebitamente versato alla Parrocchia Arcipresbiteriale dei SS. Martino e Giorgio di Portofino (d'ora in poi, "la Parrocchia"), a titolo di canone di locazione dell'appartamento sito in Portofino in via Duca degli Abbruzzi n. 2, sia l'accoglimento della riconvenzionale della Parrocchia per il risarcimento dei danni cagionati all'immobile, quantificati in € 101.776,45, oltre accessori di legge.
2. In punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver condotto in locazione, dal 1989 al 2013, l'appartamento suddetto, in forza di . contratto concluso il 10 ottobre 1989 e debitamente registrato, impegnandosi a corrispondere, come da copia registrata del contratto, un canone di £ 300.000,00, maggiorato, tuttavia, in forza di scrittura privata sottoscritta alla stessa data di stipulazione, nella misura di £ 600.000,00. La medesima scrittura, inoltre, faceva carico al conduttore di realizzare a propria cura e spese - come effettivamente poi avvenuto, non essendo l'appartamento abitabile al momento della conclusione del 2 (À.. contratto - sia i lavori edili di ristrutturazione, esibendo un preventivo dell'importo di £ 55.000.00 (esclusa VIVA), che gli impianti elettrici, idraulici e gli infissi di porte e finestre, oltre alla pitturazione, il tutto per ulteriori £. 25.000,00 (sempre esclusa VIVA). Nel corso degli anni il canone trimestrale di locazione - che il ricorrente assume di aver sempre puntualmente pagato - veniva rideterminato, una prima volta, a far data dall'aprile 1995, nell'importo di £. 1.900.000,00, nonché, successivamente, in C 1.084,56 e, poi, in C 1.500,00. Tanto premesso, e sempre quale "antefatto" rispetto alla vicenda oggetto del giudizio culminato nella sentenza oggi impugnata, il G riferisce di essere stato convenuto innanzi al Tribunale di Chiavari, nell'anno 2009, con intimazione di sfratto per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, per la data del 15 dicembre di quell'anno. Eccepita, in quella sede giudiziale, l'intempestività della disdetta, egli denunciava di aver sempre pagato, illegittimamente, un canone doppio rispetto a quello pattuito il 10 ottobre 1989, manifestando l'intenzione di chiedere la ripetizione di quanto indebitamente pagato. Avendo l'adito giudicante chiavarese, con sentenza n. 701-10, rigettato la domanda della Parrocchia, dichiarando che il contratto sarebbe venuto a scadenza il 30 settembre 2013 (tanto da essere poi rilasciato dal conduttore il 2 ottobre 2013, essendo stata fissata per l'esecuzione del rilascio data non anteriore al 30 ottobre di quell'anno), il G con lettera raccomandata del 20 maggio 2010, trasmesso assegno per i canoni di locazione dall'ottobre 2009 al giugno 2010, formulava anche richiesta di ripetere le somme indebitamente versate in aggiunta a quanto pattuito nel contratto ed oggetto di registrazione. Essendo tale richiesta rimasta senza esito, egli adiva il Tribunale genovese, esperendo azione di ripetizione di indebito, in relazione alla quale la Parrocchia non solo resisteva alla pretesa attorea, ma agiva in riconvenzione per il risarcimento dei danni causati all'immobile. Rigettata da giudice di prime cure la domanda, ed accolta invece la riconvenzionale per l'importo dianzi indicato, il gravame dell'attore soccombente veniva respinto dal giudice di appello.
3. Avverso la sentenza della Corte genovese ricorre per cassazione il G, sulla base - come detto - di quattro motivi, i primi due attinenti al rigetto della propria domanda, i restanti due relativi, invece, all'accoglimento della riconvenzionale.
3.1. Con il primo motivo - proposto ai sensi dei nn. 3) e 4) del comma 1 dell'art. 360 cod. proc. civ. - è denunciata violazione degli artt. 13 e 14 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta. Si censura la sentenza impugnata in quanto essa, sebbene abbia ritenuto di confermare la "inapplicabilità dell'equo canone ai sensi della legge 392/78" al contratto per cui è causa, ha deciso di non applicare ad esso neppure l'art. 13 della legge 431 del 1998, e ciò sebbene la già citata sentenza n. 701 del 2010 del Tribunale di Chiavari, passata in giudicato, avesse accertato che il contratto concluso nel 1989 si fosse rinnovato ai sensi di tale legge. Il ricorrente censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per pervenire a tale conclusione, ritenendo che essa abbia fatto cattiva applicazione del principio - pure espressamente richiamato - enunciato da questa Corte nella sentenza 5 giugno 2009, n. 12966, secondo cui, "in ipotesi di pendenza alla data di entrata in vigore della L. n. 431 del 1998 di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello previsto della L. n. 392 del 1978, art. 12 e ss. qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi della stessa L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 6, il conduttore, nonostante l'abrogazione della L. n. 392 del 1978, art. 79 verificatasi per effetto della cessazione della sua ultrattività fino al momento della rinnovazione per il periodo in corso, cui allude la L. n. 431 del 1998, art. 14, comma 5, può esercitare l'azione ai sensi del detto art. 79 diretta a rivendicare l'applicazione fin dall'origine al contratto del canone legale e la sostituzione imperativa di esso al canone convenzionale". Invero, secondo il ricorrente, il citato arresto non avrebbe affatto affermato la persistente, generalizzata, applicabilità dell'art. 79 della legge n. 392 del 1978 ai contratti rinnovatisi sotto la vigenza della legge n. 431 del 1998 (con esclusione, dunque, dell'applicazione art. 13 della stessa), avendola, per contro, limitata "per il periodo in corso" al momento della sopravvenienza della nuova legge. Di qui, pertanto, la necessità di accogliere la domanda di ripetizione, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 431 del 1998, se non addirittura per i pagamenti indebiti effettuati a far data dal 30 dicembre 1998 (data di entrata in vigore della nuova legge), almeno per quelli successivi al 30 settembre 2001, giacché il "periodo in corso", al quale continuerebbe ad applicarsi l'art. 79 della legge sull'equo canone, sarebbe quello della prima rinnovazione del contratto per cui è causa successiva all'entrata in vigore della legge 431 del 1998, ovvero quello quadriennale compreso tra il 1° ottobre 1997 e 30 settembre 2001. Si censura, inoltre, la sentenza impugnata anche per essere "intrinsecamente contraddittoria ed illogica", laddove, per un verso, "ha ritenuto che il contratto inter partes fosse un contratto a canone libero, siccome allo stesso non si applicherebbe la normativa sul canone legale contenuta nella legge 392/78", salvo ritenere "applicabile proprio tale normativa (ad eccezione soltanto delle regole sulla «durata») in forza di una pretesa ultrattività della stessa oltre «il periodo in corso»".
3.2. Con il secondo motivo - proposto ai sensi dei nn. 3) e 4) del comma 1 dell'art. 360 cod. proc. civ. - è denunciata violazione degli artt. 12 e 25 della legge 27 luglio 1978, n. 392, oltre che violazione ed errata applicazione dell'art. 26 della stessa legge n. 392 del 1978, nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta, ed infine violazione dell'art. 437 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il canone fosse liberamente determinabile, attesa l'esclusione degli artt. 12 e 25 della legge n. 392 del 1978, ai sensi del successivo art. 26, "in quanto ben costituisce fatto notorio locale, come dedotto dall'appellata, che il Comune di Portofino, così come molti altri piccoli Comuni della Liguria, dal 1971 in poi e, quindi, anche dal 1971 alla stipula della locazione in questione nel 1989" non abbia "avuto alcun aumento della popolazione residente". Ancora una volta la sentenza impugnata, secondo il ricorrente, non avrebbe operato una corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte. Difatti, essa ha certamente affermato che, "ai fini dell'applicazione dell'art. 26, comma 2, della I. n. 392 del 1978 - il quale stabilisce che le disposizioni per la determinazione dell'equo canone non si applicano alle locazioni concernenti immobili siti in Comuni che, al censimento del 1971, avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti, qualora nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della legge stessa, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati dell'ISTAT - deve aversi riguardo unicamente al dato relativo alla popolazione residente al momento genetico del
SENTENZA
Rep. sul ricorso 27416-2018 proposto da: GIOVANNINI VALTER, elettivamente domiciliato in ROMA,
CORSO
Ud. 31/03/2021
VITTORIO EMANUELE II
154/3DE, presso lo studio dell'Avvocato PU "cameralizzata" DANIELE GRANARA, che lo rappresenta e difende;
"
- ricorrente -
contro
PARROCCHIA ARCIPRESBITERIALE DEI SS MARTINO E GIORGIO DI PORTOFINO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEOMAGNO, 10/B, presso lo studio dell'Avvocato
FRANCESCO
1006 CO, che lo rappresenta e difende unitamente all'Avvocato FRANCESCO MASSIMO TISCORNIA;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 924/2018 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 12/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2021 dal Consigliere Dott. S G G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C FTI DI
CAUSA
1. V G ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 924/18, del 12 giugno 2018, della Corte di Appello di Genova, che - respingendone il gravame avverso la sentenza n. 3417/16, del 10 novembre 2016, del Tribunale di Genova - ha confermato sia il rigetto della domanda dallo stesso proposta e volta a ripetere quanto, a suo dire, indebitamente versato alla Parrocchia Arcipresbiteriale dei SS. Martino e Giorgio di Portofino (d'ora in poi, "la Parrocchia"), a titolo di canone di locazione dell'appartamento sito in Portofino in via Duca degli Abbruzzi n. 2, sia l'accoglimento della riconvenzionale della Parrocchia per il risarcimento dei danni cagionati all'immobile, quantificati in € 101.776,45, oltre accessori di legge.
2. In punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver condotto in locazione, dal 1989 al 2013, l'appartamento suddetto, in forza di . contratto concluso il 10 ottobre 1989 e debitamente registrato, impegnandosi a corrispondere, come da copia registrata del contratto, un canone di £ 300.000,00, maggiorato, tuttavia, in forza di scrittura privata sottoscritta alla stessa data di stipulazione, nella misura di £ 600.000,00. La medesima scrittura, inoltre, faceva carico al conduttore di realizzare a propria cura e spese - come effettivamente poi avvenuto, non essendo l'appartamento abitabile al momento della conclusione del 2 (À.. contratto - sia i lavori edili di ristrutturazione, esibendo un preventivo dell'importo di £ 55.000.00 (esclusa VIVA), che gli impianti elettrici, idraulici e gli infissi di porte e finestre, oltre alla pitturazione, il tutto per ulteriori £. 25.000,00 (sempre esclusa VIVA). Nel corso degli anni il canone trimestrale di locazione - che il ricorrente assume di aver sempre puntualmente pagato - veniva rideterminato, una prima volta, a far data dall'aprile 1995, nell'importo di £. 1.900.000,00, nonché, successivamente, in C 1.084,56 e, poi, in C 1.500,00. Tanto premesso, e sempre quale "antefatto" rispetto alla vicenda oggetto del giudizio culminato nella sentenza oggi impugnata, il G riferisce di essere stato convenuto innanzi al Tribunale di Chiavari, nell'anno 2009, con intimazione di sfratto per finita locazione e contestuale citazione per la convalida, per la data del 15 dicembre di quell'anno. Eccepita, in quella sede giudiziale, l'intempestività della disdetta, egli denunciava di aver sempre pagato, illegittimamente, un canone doppio rispetto a quello pattuito il 10 ottobre 1989, manifestando l'intenzione di chiedere la ripetizione di quanto indebitamente pagato. Avendo l'adito giudicante chiavarese, con sentenza n. 701-10, rigettato la domanda della Parrocchia, dichiarando che il contratto sarebbe venuto a scadenza il 30 settembre 2013 (tanto da essere poi rilasciato dal conduttore il 2 ottobre 2013, essendo stata fissata per l'esecuzione del rilascio data non anteriore al 30 ottobre di quell'anno), il G con lettera raccomandata del 20 maggio 2010, trasmesso assegno per i canoni di locazione dall'ottobre 2009 al giugno 2010, formulava anche richiesta di ripetere le somme indebitamente versate in aggiunta a quanto pattuito nel contratto ed oggetto di registrazione. Essendo tale richiesta rimasta senza esito, egli adiva il Tribunale genovese, esperendo azione di ripetizione di indebito, in relazione alla quale la Parrocchia non solo resisteva alla pretesa attorea, ma agiva in riconvenzione per il risarcimento dei danni causati all'immobile. Rigettata da giudice di prime cure la domanda, ed accolta invece la riconvenzionale per l'importo dianzi indicato, il gravame dell'attore soccombente veniva respinto dal giudice di appello.
3. Avverso la sentenza della Corte genovese ricorre per cassazione il G, sulla base - come detto - di quattro motivi, i primi due attinenti al rigetto della propria domanda, i restanti due relativi, invece, all'accoglimento della riconvenzionale.
3.1. Con il primo motivo - proposto ai sensi dei nn. 3) e 4) del comma 1 dell'art. 360 cod. proc. civ. - è denunciata violazione degli artt. 13 e 14 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta. Si censura la sentenza impugnata in quanto essa, sebbene abbia ritenuto di confermare la "inapplicabilità dell'equo canone ai sensi della legge 392/78" al contratto per cui è causa, ha deciso di non applicare ad esso neppure l'art. 13 della legge 431 del 1998, e ciò sebbene la già citata sentenza n. 701 del 2010 del Tribunale di Chiavari, passata in giudicato, avesse accertato che il contratto concluso nel 1989 si fosse rinnovato ai sensi di tale legge. Il ricorrente censura il ragionamento svolto dalla Corte territoriale per pervenire a tale conclusione, ritenendo che essa abbia fatto cattiva applicazione del principio - pure espressamente richiamato - enunciato da questa Corte nella sentenza 5 giugno 2009, n. 12966, secondo cui, "in ipotesi di pendenza alla data di entrata in vigore della L. n. 431 del 1998 di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello previsto della L. n. 392 del 1978, art. 12 e ss. qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi della stessa L. n. 431 del 1998, art. 2, comma 6, il conduttore, nonostante l'abrogazione della L. n. 392 del 1978, art. 79 verificatasi per effetto della cessazione della sua ultrattività fino al momento della rinnovazione per il periodo in corso, cui allude la L. n. 431 del 1998, art. 14, comma 5, può esercitare l'azione ai sensi del detto art. 79 diretta a rivendicare l'applicazione fin dall'origine al contratto del canone legale e la sostituzione imperativa di esso al canone convenzionale". Invero, secondo il ricorrente, il citato arresto non avrebbe affatto affermato la persistente, generalizzata, applicabilità dell'art. 79 della legge n. 392 del 1978 ai contratti rinnovatisi sotto la vigenza della legge n. 431 del 1998 (con esclusione, dunque, dell'applicazione art. 13 della stessa), avendola, per contro, limitata "per il periodo in corso" al momento della sopravvenienza della nuova legge. Di qui, pertanto, la necessità di accogliere la domanda di ripetizione, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 431 del 1998, se non addirittura per i pagamenti indebiti effettuati a far data dal 30 dicembre 1998 (data di entrata in vigore della nuova legge), almeno per quelli successivi al 30 settembre 2001, giacché il "periodo in corso", al quale continuerebbe ad applicarsi l'art. 79 della legge sull'equo canone, sarebbe quello della prima rinnovazione del contratto per cui è causa successiva all'entrata in vigore della legge 431 del 1998, ovvero quello quadriennale compreso tra il 1° ottobre 1997 e 30 settembre 2001. Si censura, inoltre, la sentenza impugnata anche per essere "intrinsecamente contraddittoria ed illogica", laddove, per un verso, "ha ritenuto che il contratto inter partes fosse un contratto a canone libero, siccome allo stesso non si applicherebbe la normativa sul canone legale contenuta nella legge 392/78", salvo ritenere "applicabile proprio tale normativa (ad eccezione soltanto delle regole sulla «durata») in forza di una pretesa ultrattività della stessa oltre «il periodo in corso»".
3.2. Con il secondo motivo - proposto ai sensi dei nn. 3) e 4) del comma 1 dell'art. 360 cod. proc. civ. - è denunciata violazione degli artt. 12 e 25 della legge 27 luglio 1978, n. 392, oltre che violazione ed errata applicazione dell'art. 26 della stessa legge n. 392 del 1978, nonché mancanza di motivazione sotto il profilo dell'illogicità e della contraddittorietà manifesta, ed infine violazione dell'art. 437 cod. proc. civ. Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il canone fosse liberamente determinabile, attesa l'esclusione degli artt. 12 e 25 della legge n. 392 del 1978, ai sensi del successivo art. 26, "in quanto ben costituisce fatto notorio locale, come dedotto dall'appellata, che il Comune di Portofino, così come molti altri piccoli Comuni della Liguria, dal 1971 in poi e, quindi, anche dal 1971 alla stipula della locazione in questione nel 1989" non abbia "avuto alcun aumento della popolazione residente". Ancora una volta la sentenza impugnata, secondo il ricorrente, non avrebbe operato una corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte. Difatti, essa ha certamente affermato che, "ai fini dell'applicazione dell'art. 26, comma 2, della I. n. 392 del 1978 - il quale stabilisce che le disposizioni per la determinazione dell'equo canone non si applicano alle locazioni concernenti immobili siti in Comuni che, al censimento del 1971, avevano popolazione residente fino a 5.000 abitanti, qualora nel quinquennio precedente l'entrata in vigore della legge stessa, e successivamente ogni quinquennio, la popolazione residente non abbia subito variazioni in aumento, o comunque l'aumento percentuale sia stato inferiore a quello medio nazionale, secondo i dati dell'ISTAT - deve aversi riguardo unicamente al dato relativo alla popolazione residente al momento genetico del
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