Cass. pen., sez. I, sentenza 24/03/2023, n. 12468

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 24/03/2023, n. 12468
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12468
Data del deposito : 24 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da D I L nato a Benevento 111/07/1983, difeso dall'avv. A L del Foro di Benevento avverso la sentenza del 24 gennaio 2022 della Corte di Appello di Napoli udita la relazione del consigliere P M;
lette ai sensi dell'art. 23 bis legge n.176/2020 le richieste del Pubblico Ministero Franca Zacco, che ha concluso chiedendo la declaratoria d'inammissibilità del ricorso con ogni conseguente statuizione. RITENUTO IIl

FATTO

1. Con sentenza emessa il 24 gennaio 2022 nei confronti di L D Icovo la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente riformato quella emessa il 20 novembre 2017 dal Tribunale di Benevento e, dichiarato non doversi procedere per i reati di cui all'art. 697 cod. pen. contestati ai capi B) e C) perché estinti per prescrizione, ha rideterminato la pena per i residui reati di cui agli artt. 1 e 2 legge n. 895/1967 in tre anni di reclusione e 11.000 euro di multa. Il procedimento ha ad oggetto i reati di fabbricazione e detenzione di due armi da sparo realizzate artigianalmente, entrambi contestati al capo B), e trae origine dall'arresto in flagranza operato nei confronti del ricorrente il 3 agosto 2015, all'esito di una perquisizione domiciliare e veicolare. Nel rispondere alle censure sollevate con l'atto di appello, la Corte napoletana ha ritenuto, in primo luogo, infondata quella riferita alla mancata prova della funzionalità delle due armi artigianali. La Corte ha escluso che l'offesa penalmente rilevante fosse insussistente per la mancanza di prova circa l'efficienza delle armi stesse. In particolare ha evidenziato come queste, pur essendo artigianali, risultassero composte da tutte le parti meccaniche necessarie a consentirne il normale impiego, in modo da creare pericolo per l'ordine pubblico. Ha altresì precisato che l'imputato è stato condannato per le due distinte condotte di cui all'art. 1 (fabbricazione) e all'art. 2 (detenzione) della legge n. 895/1967, contestate nell'unico capo Et). Circa la riferibilità del possesso delle armi all'imputato, la Corte ha sottolineato l'illogicità della versione della sua fidanzata, che si è assunta la responsabilità della detenzione dicendo di averle trovate in una cantina prossima alla sua abitazione e che lei stava pulendo per poi prenderla in locazione. La Corte ha altresì ritenuto rilevante il fatto che il Dello I avesse ammesso la proprietà di quattro pugnali e di una katana rinvenuti nella medesima occasione, perché se egli aveva trasportato tali oggetti nella casa della donna, pur avendo iniziato la convivenza con lei solo da una settimana, era logico che vi avesse portato anche le due pistole artigianali. La fabbricazione delle armi e la presenza di gravi precedenti penali sono state ritenute circostanze sintomatiche della spiccata capacità a delinquere dell'imputato e tali da impedire «ogni rivisitazione del trattamento sanzionatorio» a titolo di pena base, aumento in continuazione e concedibilità delle attenuanti generiche.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione L D Icovo, per mezzo del proprio difensore Avv. A L, articolando due motivi.

2.1 Con il primo ha eccepito plurime violazioni di legge e difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e), cod.proc.pen. In primo luogo ha rilevato la omessa pronuncia sul primo motivo di appello, relativo al delitto di cui all'art. 1 legge n. 895/1967, in ordine alla condotta di fabbricazione delle armi artigianali di cui al capo B), dichiarata sussistente dal primo giudice con una motivazione ritenuta «apodittica». Il relativo motivo di appello sollevato dalla difesa non è stato neppure menzionato nella sentenza e, quindi, non è stato preso in considerazione. La Corte ha così disatteso all'obbligo motivazionale in ordine alla condotta di fabbricazione delle due armi, che non può essere attribuita all'imputato solo deducendola dalla ritenuta responsabilità per quella di detenzione, come motivato dal giudice di primo grado. Per quanto riguarda il profilo della funzionalità o della riparabilità delle armi rinvenute, il ricorrente ha rilevato che la Corte napoletana non ha accertato, se non attraverso la mera visione fotografica di quanto in sequestro, l'idoneità all'uso di quelle armi o la loro agevole riparabilità. Anche su tale punto erano state sollevate delle specifiche censure con l'atto di appello, e tali rilievi sono rimasti privi di un'adeguata risposta. Il ricorrente ha altresì lamentato la mancata considerazione complessiva ed il travisamento delle dichiarazioni della fidanzata dell'imputato, E D R, che aveva reso una spiegazione ben più articolata rispetto a quella presa in considerazione dalla Corte di appello. Infine, è stato omesso l'esame del dato oggettivo costituito dalla diversità del luogo di ritrovamento delle armi da sparo di cui al capo B) rispetto a quello del rinvenimento delle armi bianche di cui al capo C).
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