Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/05/2023, n. 21985

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 22/05/2023, n. 21985
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21985
Data del deposito : 22 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da SI AR, nato a [...] il [...] IR NO, nato a [...] il [...] avverso la sentenza emessa il 21/4/2022 dalla Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Perla Lori, che ha chiesto l'annullamento con rinvio per SI e il rigetto del ricorso per IR;
udito l'avvocato Salvatore Sansone, difensore di AR SI, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato Vincenzo Pillitteri, difensore di NO IR, anche in qualità di sostituto processuale dell'avvocato Giovanni Pagano, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo confermava la condanna di AR SI, all'epoca dei fatti in servizio presso il Commissariato di Bagheria, in ordine a plurime condotte di peculato commesse appropriandosi delle armi conferite dai privati per la rottamazione e che, invece, venivano fatte risultare come cedute in suo favore, sopprimendo i verbali di conferimento ed inserendo al sistema informativo gli atti di cessione. Talune delle suddette armi venivano cedute a IR NO, per tale ragione ritenuto responsabile del reato di ricettazione, detenzione e cessione illegale di armi.

2. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso AR SI formulando cinque motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, sostenendo che erroneamente le condotte appropriative erano state qualificate in termini di peculato, essendo più correttamente riconducibili alla meno grave ipotesi di violazione della pubblica custodia, prevista dall'art. 351 cod. pen. Nel caso di specie, le armi che venivano conferite dai privati non comportavano l'acquisto della proprietà in capo alla pubblica amministrazione, posto che il Commissariato di P.S. aveva il solo compito di custodirle fino al momento del conferimento all'ente militare competente per la distruzione.

2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di detenzione illegale di armi comuni da sparo, evidenziando che l'imputato, in quanto appartenente alla Polizia di Stato, era munito di regolare porto d'armi, né l'illegalità della detenzione poteva essere fatta dipendere dalle modalità illecite con le quali le stesse erano pervenute nella sua disponibilità. La Corte di Appello, pur riconoscendo tale impostazione, aveva ugualmente ritenuto la sussistenza del reato, ancorando l'illiceità della detenzione alla mancanza di una formale denuncia all'autorità competente. In tal modo si sarebbe determinata la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., in quanto il fatto oggetto della condanna sarebbe "nuovo" rispetto all'imputazione. Peraltro, la diversa ricostruzione recepita dalla Corte di appello, avrebbe comportato quanto meno la derubricazione del reato nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 697 cod. pen. Rispetto a tale condotta, peraltro, si sarebbe dovuto tener conto del fatto che l'imputato ha provveduto a denunciare il possesso delle armi, annotandolo nel registro informativo, tant'è che per tale fatto è stato formulato un autonomo capo di imputazione, sul presupposto della falsità dell'annotazione.

2.3. Con il terzo motivo, relativo ai reati di falso contestati ai capi 3 e 4, si eccepisce l'errata 'l'attribuzione della qualifica di atto pubblico alle dichiarazioni rese dai privati attestanti la consegna delle armi. Tali documenti, infatti, non contenevano affatto una dichiarazione fidefacente proveniente dal pubblico ufficiale, bensì costituivano una dichiarazione unilaterale resa dal privato.

2.4. Con il quarto motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla contestazione di vendita o cessione senza licenza di armi comuni da sparo, in quanto difetterebbe la prova di un commercio illecito di armi, posto che l'imputato si era limitato a detenere e cedere tra privati armi, senza che ciò possa di per sé costituire reato.

2.5. Con il quinto motivo, si contesta la quantificazione della pena e la mancanza di motivazione in ordine agli aumenti applicati per i reati posti in continuazione. Evidenzia il ricorrente che la contestazione riguardava 17 cessioni di armi, ma che in relazione a quella oggetto del capo K), il proprietario delle armi, LA DA, aveva riconosciuto l'autenticità della propria firma, sicchè per tale episodio non poteva pronunciarsi condanna. La Corte di appello, anziché prendere atto di tale elemento, applicava un aumento per continuazione interna ed esterna per "i residui 61 reati", senza indicare quali questi fossero, né l'aumento per ciascuno di loro. Nel calcolo della pena, inoltre, i giudici di merito avrebbero erroneamente omesso di considerare che una parte della condotta era stata commessa in epoca antecedente all'innalzamento del minimo edittale previsto per il reato di cui all'art.314 cod. pen., in tal modo violando il principio del favor rei.

3. Nell'interesse di NO IR sono stati formulati cinque motivi di ricorso.

3.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l'erronea applicazione della legge penale, nonché vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di ricettazione di due armi ricevute dal SI. I giudici di merito avrebbero immotivatamente escluso l'acquisto in buona fede, pur dando atto dell'affidamento in ordine alla lecita provenienza delle armi, derivante dal fatto che le stesse erano cedute da un appartenente alla Polizia di Stato.

3.2. Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, si deduce la contraddittorietà della motivazione in relazione alla rilevanza dell'intercettazione telefonica intercorsa tra l'imputato e US Di AT, nel corso della quale il primo si dichiarava del tutto ignaro dei traffici illeciti del SI. I giudici di merito hanno ritenuto che tali affermazioni, rese quando le indagini erano già avviate, costituivano il tentativo dell'imputato di precostituirsi una prova a favore. Invero, alla data della

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