Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/12/2006, n. 26420

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Nel caso in cui una domanda (nella specie relativa alla verifica dell'esistenza di un rapporto di lavoro con l'uno o l'altro dei Comuni evocati in giudizio) sia proposta alternativamente nei confronti di due soggetti e tra gli stessi vi sia contestazione circa l'individuazione dell'unico obbligato, i rapporti processuali relativi ai due convenuti sono legati dal nesso di dipendenza reciproca delle cause (la decisione di ciascuna causa comportando quella anche dell'altra) che dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in virtù del quale le cause medesime devono essere decise da un unico giudice e rimanere riunite anche in fase di impugnazione, ove sia ancora in discussione la questione dell'individuazione dell'effettivo obbligato.

La mobilità volontaria prevista dall'art. 33 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato da ultimo dall'art. 16 della legge 28 novembre 2005, n. 246, integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto, per cui è illegittima la pretesa di un nuovo patto di prova nell'Amministrazione di destinazione, ove il patto di prova sia stato già superato nell'Amministrazione di provenienza.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/12/2006, n. 26420
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26420
Data del deposito : 12 dicembre 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. N G - Primo Presidente f.f. -
Dott. S S - Presidente di sezione -
Dott. C O F - Pres. sez. -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. C M - Consigliere -
Dott. D M A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M P, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUIGI FARAVELLI

22, presso lo studio dell'avvocato M A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato M P, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
C T, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AQUILEIA

12, presso lo studio dell'avvocato M A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L M, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


e contro
C D R;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n. 09639/04 proposto da:
C T, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AQUILEIA

12, presso lo studio dell'avvocato M A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato L M, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
C D R, M P;



- intimati -


e sul 3^ ricorso n. 09849/04 proposto da:
C D R, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLLINA

36, presso lo studio dell'avvocato ADRIANO GIUFFRÈ, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato EUGENIA MONEGATTI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
M P, COMUNE DI TRENZANO;



- intimati -


avverso la sentenza n. 362/03 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 28/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 26/10/2006 dal Consigliere Dott. Aldo DE MATTEIS;

udito gli avvocati Marcello PEDRAZZOLI, Andrea MORSILLO, Adriano GIUFFRÈ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PALMIERI

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del sesto motivo del ricorso principale con conferma della giurisdizione A.G.A. e rimessione a sezione semplice per le altre censure.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Dott. Paola M è stata assunta il 3 novembre 1997 dal Comune di Trenzano (BS) con contratto a tempo indeterminato, con la qualifica di istruttore direttivo contabile-economico;
passata a seguito di mobilità volontaria al comune di Roccabianca (PR), vi ha preso servizio il 29 giugno 1998;
si è assentata per malattia dal 20 luglio al 22 novembre 1998;
l'11 dicembre successivo la amministrazione le ha sottoposto per la firma il contratto di lavoro, con patto di prova;
alla sua richiesta di spatium deliberandi, in relazione alla inserzione del patto di prova, è stata allontanata dal servizio.
Dopo due procedimenti ex art. 700 c.p.c., con esiti alterni, la M, con ricorso ex art. 414 c.p.c., ha sottoposto al Tribunale di Parma, giudice del lavoro, le seguenti domande:


1. in via principale, accertata l'illegittimità del licenziamento, ordinare la immediata reintegra con le mansioni di istruttore direttivo contabile economico;
condannare il comune di Roccabianca a pagare tutte le retribuzioni spettanti ed il risarcimento del danno, conseguente all'illegittimo demansionamento e all'illegittimo recesso, ivi compreso il danno alla professionalità, alla dignità della persona e biologico;



2. in via subordinata, ritenuta la trilateralità del rapporto, ordinare al comune di Trenzano la riammissione in servizio, con le mansioni attribuite da tale ente prima del trasferimento, nonché condannarlo al risarcimento del danno.
Il giudice adito ha respinto la domanda.
Egli ha ritenuto che la delibera di assunzione ha il valore di un atto di nomina;
che il rapporto di lavoro deve essere costituito in forma scritta ad substantiam;
che, non avendo la M sottoscritto il contratto di assunzione con l'amministrazione ad quem, il rapporto va qualificato come rapporto di fatto, disciplinato dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 36, comma 8, e, per gli enti locali, dalla L. n. 3 del 1979, art. 5;
che dall'art. 2126 cod. civ. non deriva il diritto alla prosecuzione del rapporto. La sentenza è stata confermata dalla Corte d' Appello di Bologna con sentenza 23 ottobre/28 novembre 2003 n. 362. Il giudice d'appello ha preliminarmente qualificato la mobilità volontaria come passaggio diretto che consente la costituzione, senza soluzione di continuità, di un nuovo e diverso rapporto di lavoro con altra amministrazione pubblica, senza l'espletamento di una nuova procedura concorsuale;

esso comporta la estinzione del rapporto originario con l'amministrazione cedente.
Da tale ricostruzione dommatica ha fatto derivare il rigetto dell'appello principale della M sulla domanda proposta in via principale, e la declaratoria del difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata (in accoglimento dell'appello incidentale del Comune di Trenzano).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la M, con sei motivi, dei quali i primi cinque attinenti alla domanda principale, il sesto riguardante la declaratoria del difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata di riammissione in servizio presso il Comune di Trenzano, questione per la quale la causa viene a queste Sezioni Unite.
I Comuni intimati si sono costituiti con controricorso, resistendo;

il Comune di Roccabianca ha proposto ricorso incidentale per le spese processuali. Hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., la ricorrente ed il Comune di Roccabianca.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il sesto motivo di ricorso la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, come modificato da D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda volta ad ottenere, in via subordinata, la reintegra presso l'amministrazione a quo.
Rileva che secondo lo stesso giudice d'appello la mobilità volontaria consente la costituzione senza soluzione di continuità di un nuovo e diverso rapporto di lavoro;
ne trae la conseguenza che se il nuovo rapporto non viene in essere, il primo non viene a cessare;

pertanto il rapporto con il Comune di Trenzano non si sarebbe sciolto il 29 giugno 1998, ma sarebbe continuato oltre il 30 giugno 1998, radicando così la giurisdizione del giudice ordinario, a norma del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17, che devolve al giudice amministrativo le questioni relative a rapporti di lavoro cessati prima del 30 giugno 1998.
Fa notare ancora che rispetto a tale rapporto non vi furono ne' licenziamento, ne' dimissioni, atto, quest'ultimo, che, secondo l'art. 27 quater c.c.n.l., comma 2, Regioni/Enti locali 1994/97 richiede la forma scritta.
La Corte ritiene che la delibazione della questione di giurisdizione richieda la qualificazione della domanda sotto il profilo processuale e di merito.
Sotto il primo profilo, si deve ribadire che nel caso in cui una domanda (nella specie la esistenza di un rapporto di lavoro con l'uno o l'altro Comune) sia proposta alternativamente nei confronti di due soggetti e tra gli stessi vi sia contestazione circa l'individuazione dell'unico obbligato, i rapporti processuali relativi ai due convenuti sono legati dal nesso di dipendenza reciproca delle due cause (la decisione di ciascuna causa comportando la decisione anche dell'altra) che da luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in forza del quale le cause medesime devono essere decise da unico giudice e rimanere riunite anche in fase di impugnazione, ove sia ancora in discussione la questione dell'individuazione dell'obbligato (Cass. 1 aprile 1999 n. 3114, Cass. 27 ottobre 1995 n. 11190, Cass.24 ottobre 1983 n. 6231). Sotto il profilo di merito (esaminabile dalla Corte in sede di determinazione della giurisdizione, come in qualsiasi questione di carattere processuale: ex plurimis Cass. Sez. un. 10 luglio 2003 n. 10840), si deve qualificare il fenomeno della mobilità volontaria nell'ambito del pubblico impiego, prevista dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, come sostituito prima dal D.Lgs. n. 470 del 1993, art. 13, poi dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 18 dalla L. n. 488 del 1999, art. 20, comma 2, recepito dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 30, ed infine modificato dalla L. 28 novembre 2005, n.246, art. 16. La sentenza impugnata, facendo leva sul precedente
semantico della L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 11, comma 6, (ripetuto dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 33, comma 12), il quale ammette il passaggio del lavoratore direttamente dall'azienda in cui è occupato ad un'altra, ha applicato al passaggio diretto di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, la giurisprudenza di questa Corte sulla prima norma, nel senso che l'istituto giuridico da essa previsto si realizza non in virtù di due distinti negozi, il primo unilaterale e recettizio (licenziamento o, eventualmente dimissioni), ed il secondo bilaterale tra il nuovo datore di lavoro e lavoratore, ma attraverso l'incontro delle volontà dei tre soggetti interessati in unico complesso negozio;
esso presuppone, al momento della sua pattuizione, il primo rapporto di lavoro in atto, ed esclude, quindi, un precedente licenziamento che, privando il lavoratore medesimo del prescritto requisito dell'occupazione, renderebbe illegittima la nuova assunzione (Cass. 16 dicembre 1988 n. 6878, Cass. 2 aprile 1993 n. 4012). Da tale giurisprudenza la sentenza impugnata desume che nel passaggio diretto da mobilità nel pubblico impiego si abbia la estinzione del precedente rapporto e la costituzione di uno nuovo (argomentando da Cass. 4157/1997, Cass. 11645/1992, in tema di passaggio diretto ex L. n. 264 del 1949, art. 11).
La Corte osserva che: a) l'espressione "passaggio diretto" non qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel campo laboristico privato, l'esenzione dall'obbligo di assunzione tramite ufficio di collocamento, e, nel campo pubblicistico, un particolare strumento attuativo del trasferimento del personale, da una amministrazione ad un'altra, che necessita di essere inquadrata negli schemi dominatici generali. Con tale espressione, e con l'altra analoga di mobilità, si indicano fenomeni giuridici diversi, che necessitano di una definizione individuale sulla base della disciplina positiva concreta del fenomeno;
così, ad es., la procedura di mobilità prevista dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art.4, implica la risoluzione del rapporto, vedi comma 9);

b) in entrambi i casi, è richiesto un accordo trilaterale, ma il contenuto ne è profondamente diverso;
infatti nel settore privato vi è libertà del nuovo datore di lavoro di determinare le condizioni essenziali del rapporto di lavoro (mansioni, trattamento economico), mentre la mobilità nel settore pubblico è soggetta a vincoli quanto a conservazione dell'anzianità, della qualifica, del trattamento economico;
c) la dottrina amministrativa, già sotto la vigenza del D.Lgs. n. 29 del 1993, aveva qualificato in maniera pressoché unanime tale fenomeno, denominato nel testo legislativo passaggio diretto, come modificazione meramente soggettiva del rapporto, con continuità del suo contenuto, e quindi come cessione di contratto;

d) tale qualificazione sembra corretta alla luce del tipo contrattuale delineato nell'art. 1406 cod. civ., e della giurisprudenza di questa Corte. Infatti la cessione del contratto, ammissibile anche per il contratto di lavoro (Cass. 6 novembre 1999 n. 12384), comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali (Cass. 5 novembre 2003 n. 16635, Cass. 6 dicembre 1995 n. 12576, Cass. 9 agosto 1990 n. 8098);

e) tale qualificazione riceve conforto dalla L. 28 novembre 2005, n.246, art. 16, il quale, nel modificare il D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165, art. 30 pur mantenendo la rubrica di "passaggio diretto", nel
testo della norma parla testualmente di "cessione del contratto", così offrendo un elemento per la interpretazione dell'espressione atecnica "passaggio diretto" anche per il passato;
f) riceve altresì conforto da specifiche disposizioni normative precedenti, le quali si giustificano nell'ambito di tale qualificazione giuridica. Così, ad es. il D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, art. 6, comma 23, (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale relativo al comparto del personale degli enti locali), sulla cui base sono state assunte le delibere comunali riguardanti il trasferimento della M, dispone espressamente che il personale trasferito a seguito di mobilità è esente dall'obbligo del periodo di prova, purché abbia superato analogo periodo presso l'ente di provenienza. E il D.P.C.M. 16 settembre 1994, n. 716, art. 18 (regolamento della mobilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che si applica anche ai dipendenti non collocati in disponibilità) dispone la conservazione della anzianità maturata e del trattamento economico, se più favorevole. La qualificazione della vicenda traslativa come cessione del contratto corrobora la decisione in punto di giurisdizione (sulla cessione del contratto ex artt. 1406 cod. civ., e ss., quale negozio plurilaterale, per il cui
perfezionamento è necessaria la partecipazione di tutti e tre i soggetti interessati, con conseguente litisconsorzio necessario, unicità di causa e del giudice: Cass. 9 marzo 2006 n. 5122, Cass. 14 marzo 2006 n. 5439, Cass. 9 gennaio 1991 n. 2674, Cass. 2640/1973, Cass. 3170/1972), la quale spetta al giudice ordinario che ha giurisdizione sull'unico rapporto al momento della lesione dei relativi diritti. Infatti, pur comportando la conclusione della cessione la liberazione del contraente cedente, senza che sia necessario il consenso esplicito del contraente ceduto (Cass. 29 luglio 1995 n. 8344), la continuità degli elementi oggettivi essenziali del contratto impone la considerazione unitaria dello stesso.
Da quanto precede deriva altresì la illegittimità della pretesa della stipulazione di un nuovo contratto di assunzione e di un nuovo patto di prova.
L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro (da ultimo D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art.35), sostitutivo dell'atto di nomina della previgente legislazione
(come precisato dalla contrattazione collettiva;
nel caso dal c.c.n.l. Regioni e Autonomie Locali del 15 marzo 1995 che all'art. 14, comma 7, stabilisce che "il contratto individuale di cui al comma 1 ... sostituisce i provvedimenti di nomina dei candidati da assumere. In ogni caso produce i medesimi effetti dei provvedimenti di nomina previsti dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, artt. 17 e 28"). Gli artt. 17 e 28 citati, come già rilevato nella presente causa dal Tribunale di Parma nella ordinanza in sede di reclamo 11 agosto 1999, si riferiscono alla prima assunzione in servizio dei candidati dichiarati vincitori nelle selezioni dei concorsi, per i quali era previsto l'atto di nomina per "l'immissione in servizio". Ne consegue che il contratto individuale, sostituendo l'atto di nomina dei "candidati da assumere", del quale ha acquistato la medesima funzione, si riferisce alla assunzione costitutiva del rapporto e quindi allo status di pubblico dipendente, con la conseguenza che non è richiesta la stipulazione di successivi contratti individuali in relazione al verificarsi di eventi successivi modificativi di un rapporto già costituito. In effetti l'amministrazione di destinazione ha già espresso la sua volontà con la delibera di accettazione della domanda di mobilità, senza poter modificare il contenuto essenziale del rapporto di lavoro.
Che tali procedure siano una fattispecie del tutto diversa dall'assunzione risulta da vari dati normativi: nelle procedure di mobilità, la cui disciplina precede, nel D.Lgs. 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, quella sul reclutamento del
personale, non vi è alcuna menzione del contratto di assunzione, disciplinato nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36 citato;
la contrattazione collettiva (art. 27 bis del c.c.n.l. integrativo per il personale Regioni e Autonomie Locali del 13 maggio 1996, in tema di accordi di mobilità) disciplina dettagliatamente tutta la procedura degli accordi di mobilità: per i dipendenti è prevista l'adesione scritta o la domanda di trasferimento a mezzo di tale procedura. Se il dipendente possiede i requisiti prescritti, è trasferito e "il rapporto di lavoro continua", senza interruzioni, con l'amministrazione di destinazione. Anche la giurisprudenza amministrativa ritiene che nelle procedure di mobilità (nella specie quelle derivanti dalla L. 20 marzo 1975, n. 70) vi sia continuità del rapporto (Cons. Stato, sez. 6^, 7 maggio 1991 n. 281). Da quanto precede, e dall'espressa esclusione normativa (D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, art. 6, comma 23, cit.), consegue anche l'inammissibilità di
un nuovo patto di prova.
Consegue altresì la illegittimità del licenziamento per mancata sottoscrizione di patto di prova (peraltro preteso con efficacia retroattiva), e quindi la fondatezza, per quanto di ragione, dei primi tre motivi di ricorso, con i quali la M, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme sopra esaminate, censura la sentenza impugnata nella parte in cui nega la qualificazione della mobilità volontaria come cessione del contratto (2^ motivo), e nella parte in cui ha ritenuto necessaria la stipulazione di un nuovo contratto di lavoro ed ammissibile un nuovo patto di prova (1 motivo), anche con effetto retroattivo (5^ motivo);
da ciò consegue l'assorbimento del terzo motivo, con il quale la M contesta che ella si sia rifiutata di sottoscrivere un nuovo contratto di lavoro, ma solo richiesto uno spatium deliberandi e del quarto, con cui ricorda il termine di trenta giorni per il lavoratore per sottoscrivere il contratto di lavoro.
Consegue l'assorbimento del ricorso incidentale del Comune di Roccabianca, relativo alle spese processuali, e l'inammissibilità del ricorso del comune di Trenzano. In conclusione vanno accolti il sesto motivo del ricorso principale - e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario - nonché gli altri cinque motivi per quanto di ragione;
assorbito il ricorso incidentale del comune di Roccabianca;

inammissibile il ricorso del Comune di Trezzano;
la sentenza impugnata va cassata e gli atti rinviati alla Corte d' Appello di Firenze, la quale deciderà la causa attenendosi al seguente principio di diritto: "La mobilità volontaria prevista dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 33, come modificato da ultimo dalla L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 16, integra una modificazione soggettiva
del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto, per cui è illegittima la pretesa di un nuovo patto di prova nell'amministrazione ad quem, ove il patto di prova sia stato già superato nell'amministrazione a quo". Il giudice di rinvio provvederà altresì alle spese del presente giudizio.

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