Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/01/2011, n. 503
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In tema di mobilità del personale, con riferimento al trasferimento del lavoratore dipendente dell'Ente Poste Italiane all'INPDAP, presso il quale si trovava già in posizione di comando, effettuato ai sensi dell'art. 4, comma 2, d.l. 12 maggio 1995 n. 163, del 1995, convertito nella legge 11 luglio 1995, n. 273, verificandosi solo un fenomeno di modificazione soggettiva del rapporto medesimo assimilabile alla cessione del contratto, compete all'ente di destinazione l'esatto inquadramento e la concreta disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti trasferiti, senza che su tali profili possa operare autoritativamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui d.p.c.m. 7 novembre 2000 - atto avente natura amministrativa, in quanto proveniente da una autorità esterna al rapporto di lavoro - non assolve alla funzione di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro, mancando un fondamento normativo all'esercizio di un siffatto potere, ma solamente a quella di dare attuazione alla mobilità (volontaria) tra pubbliche amministrazioni. Ne consegue che l'equiparazione della VI qualifica funzionale dell'Ente Poste Italiane all'area B, posizione economica B2, dell'INPDAP, contenuta nel citato d.p.c.m., non ha efficacia vincolante, dovendosi ritenere giuridicamente giustificata la verifica compiuta dal giudice di merito sulla correttezza dell'inquadramento spettante al lavoratore, sulla base dell'individuazione, nel quadro della disciplina legale e contrattuale applicabile nell'amministrazione di destinazione, della qualifica maggiormente corrispondente a quelle di inquadramento prima del trasferimento.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente Sezione -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - rel. Consigliere -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27850-2009 proposto da;
INPDAP - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN GERUSALEMME 55, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dall'avvocato MASSAFRA PAOLA, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AN RA ([...]), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA VITE 7, presso lo studio dell'avvocato MASINI MARIA STEFANIA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato NESPOR STEFANO, per delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
- intimata -
avverso la sentenza n. 1316/2008 della CORTE D'APPELLO DI MILANO, depositata il. 10/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;
udito l'Avvocato Paola MASSAFRA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l'inammissibilità, in subordina AGO, rimessione a sezione semplice per le altre questioni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda proposta da SA RA nei confronti dell'Inpdap, diretta ad accertare il diritto all'inquadramento - a tutti gli effetti economici e normativi - nell'area C, posizione economica C1, del c.c.n.l. enti pubblici non economici, a decorrere dalla data del i gennaio 2001, con conseguente riconoscimento delle differenze retributive maturate. Dichiarava invece il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri.
A seguito di appello dell'Inpdap, il SA resisteva al gravame, proponendo altresì appello incidentale al fine di ottenere la disapplicazione o l'annullamento del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, qualora ritenuto determinante nell'attribuzione dell'inquadramento contestato, nella parte in cui aveva equiparato la ex 6^ qualifica funzionale dell'ente Poste all'area B posizione economica B2 dell'Inpdap. La Presidenza del Consiglio, invece, chiedeva la riforma della sentenza salvo che per la dichiarazione del suo difetto di legittimazione passiva. La Corte d'appello di Milano, con sentenza depositata il 10.12.2008, confermava la sentenza di primo grado, salvo che per la condanna dell'Inpdap anche al pagamento della rivalutazione monetaria, che riteneva non dovuta.
Quanto alla riproposizione da parte dell'Inpdap dell'eccezione di difetto di giurisdizione, in relazione alla dedotta natura autoritativa del decreto 7 novembre 2000, relativo al trasferimento e all'inquadramento di dipendenti e alla conseguente configurabilità solo di posizioni di interesse legittimo, osservava che si era presenza di una controversia inerente alla materia del lavoro pubblico privatizzato, rispetto alla quale una questione di giurisdizione poteva porsi esclusivamente qualora risultasse coinvolta un'attività autoritativa della pubblica amministrazione, non configurabile nella specie. Infatti con il richiamato decreto 7.11.2000 della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della Funzione pubblica, adottato di concerto con il Ministero del tesoro, si era disposto, in attuazione del D.L. n. 163 del 1995, art.4, comma 2, convertito con L. n. 273 del 1995, il trasferimento
all'Inpdap di dipendenti dell'ente Poste già in posizione di comando presso lo stesso, nonché il relativo inquadramento;
successivamente, con Delib. Consiglio d'amministrazione dell'Inpdap 28 dicembre 2000, esecutiva del predetto provvedimento, aveva avuto luogo l'immissione in ruolo dei lavoratori. Quest'ultima attività dell'amministrazione, sebbene rivolta ad una molteplicità di soggetti, non risultava destinata all'organizzazione generale degli uffici, ma alla mera collocazione dei lavoratori nei diversi livelli contrattuali;
essa non era pertanto suscettibile di essere ricondotta nella sfera degli atti organizzativi di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, ma andava compresa nell'ambito degli atti adottati iure privatorum ex art. 5, comma 2, D.Lgs. citato. Di conseguenza le situazioni giuridiche soggettive coinvolte si configuravano non come interessi legittimi ma come diritti soggettivi, tutelabili davanti al giudice ordinario.
Neanche ostava all'appartenenza della controversia alla giurisdizione ordinaria il coinvolgimento delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio in tema di trasferimento all'Inpdap e d'inquadramento dei lavoratori, visto che la pretesa fatta valere in giudizio non aveva quale oggetto principale la declaratoria d'illegittimità di tale atto, ma il riconoscimento del diritto al corretto inquadramento, previa disapplicazione del decreto;
con la conseguenza che dovevano ritenersi estranee al tema della giurisdizione, e attinenti al merito, le problematiche relative all'interpretazione ed all'efficacia, vincolante o meno, delle suddette disposizioni, salvo il potere del giudice ordinario di disapplicare, ove ritenuto illegittimo, il provvedimento amministrativo presupposto dell'atto di gestione dei rapporti di lavoro, come previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1. In ordine al merito della controversia, osservava che di fatto era ravvisabile l'illegittimità del richiamato decreto della Presidenza del Consiglio, in presenza di elementi riconducibili alle figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere, in relazione ad ipotesi di violazione dei principi di completezza e veridicità dell'istruttoria nonché di giustizia sostanziale. Il decreto della Presidenza del Consiglio in questione prevedeva l'applicazione delle disposizioni in materia di mobilità volontaria o concordata e di passaggio diretto tra amministrazioni D.Lgs. n. 29 del 1993, ex art.33 (poi recepito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30), e si
configuravano come principi vigenti di tale istituto quello dell'inquadramento in posizione corrispondente per contenuto a quella precedentemente posseduta, desumibile dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30 e dall'art. 27 del c.c.n.l. Comparto enti pubblici non
economici 1998/2001, nonché quello del vincolo della conservazione della qualifica rivestita, dell'anzianità e del trattamento economico goduto dai lavoratori (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 1). Al fine di garantire il mantenimento di tali elementi
oggettivi, risultava dunque necessario un previo raffronto tra il trattamento giuridico-economico applicato presso l'ente di provenienza e quello vigente nel comparto dell'amministrazione di destinazione, così da stabilire un quadro di effettiva corrispondenza tra essi, in applicazione di un criterio sostanziale e non meramente formale, come ritenuto anche dalla giurisprudenza amministrativa.
Nel caso in esame il D.P.C.M. 7 novembre 2000 - consistente in un elenco nominativo dei lavoratori dell'Ente Poste da trasferire all'Inpdap, con le rispettive qualifiche di provenienza e quelle, asseritamene corrispondenti, di nuova assegnazione - aveva disposto il passaggio definitivo tra le amministrazioni, secondo le precise indicazioni provenienti dall'Istituto medesimo, basate su un criterio - meccanico e formale - di mantenimento della qualifica originaria e di sua trasposizione orizzontale nell'area e nel livello retributivo corrispondenti, senza alcuna specifica verifica in ordine all'effettiva corrispondenza tra le diverse categorie professionali. In ogni caso, era ravvisabile un travisamento della situazione reale a causa del riferimento alle qualifiche funzionali rivestite dai lavoratori, visto che tale criterio d'inquadramento era stato superato al tempo del passaggio alle dipendenze dell'Inpdap, quando ormai i lavoratori erano inquadrati secondo il diverso sistema delle aree professionali (con previsione, all'interno di queste, di differenti posizioni e livelli economici), sulla base del contratto collettivo 26.11.1994, che in realtà era quello che avrebbe dovuto essere preso in considerazione ai fini di una corretta procedura di trasferimento dei dipendenti. Peraltro le qualifiche funzionali all'epoca non erano più esistenti neanche presso l'ente di destinazione (c.c.n.l. parastato 1998/ 2001, art. 13). Ulteriore ragione di illegittimità del decreto amministrativo era individuata dalla Corte d'appello in un errore di apprezzamento dei presupposti nell'ambito del procedimento di classificazione, consistente nell'erronea valutazione delle declaratorie contrattuali relative alle qualifiche funzionali e della loro corrispondenza. Al riguardo il Tribunale di Milano con la sentenza impugnata aveva affermato che gli specifici elementi caratterizzanti la 6^ categoria delle Poste trovavano riscontro nella 7^ categoria del c.c.n.l del Comparto enti pubblici (e, secondo la nuova classificazione contrattuale, nell'area C, livello retributivo C1). La Corte affermava di concordare pienamente con l'analisi comparativa iva svolta dalla quale risultava che il personale ricompreso nella 6^ categoria Poste era dotato di una conoscenza e di una preparazione professionale superiori, di un'autonomia operativa e di un grado di responsabilità maggiori rispetto a quelle della corrispondente qualifica funzionale del parastato, sicché le funzioni previste nella 6^ categoria Poste dovevano ricondursi alla 7^ qualifica funzionale Inpdap, nonché - secondo la classificazione c.c.n.l. di comparto 1998-2001 - all'area C, posizione Ci (in cui era inquadrato il personale dotato di una