Cass. civ., sez. III, sentenza 12/06/2015, n. 12205
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In tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente in ordine all'esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, "ex ante", necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, "ex post", integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell'informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all'espletamento dell'atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall'esito favorevole dell'intervento.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. - Presidente -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22689/2012 proposto da:
DI IL MO [...], elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 2, presso lo studio dell'avvocato DANESI FABRIZIO HINNA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE (A.S.L.) 2 LANCIANO-VASTO CHIETI, in persona del suo Direttore Generale pro tempore dottor ZAVATTARO RA NICOLA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SUSA 1, presso lo studio dell'avvocato IDA DI DOMENICA, rappresentata e difeso dall'avvocato BOSCO ANTONELLA, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
LA ER, IC PP, PO RA, UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, SARA ASSICURAZIONI SPA, ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D'ITALIA SPA, MILANO ASSICURAZIONI SPA, REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA, ZURIGO ASSICURAZIONI SPA, GENERALI ASSICURAZIONI SPA, LLOYD ADRIATICO SPA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 820/2011 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 13/09/2011, R.G.N. 622/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
udito l'Avvocato FABRIZIO HINNA DANESI;
udito l'Avvocato ANTONELLA BOSCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso p.q.r.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
p.
1. Di SI MO ha proposto ricorso per cassazione contro l'Azienda A.U.S.L. di Chieti, BE TO, DU US e OB AN, nonché contro la Unipol Assicurazioni s.p.a. (incorporante per fusione l'Aurora Assicurazioni s.p.a., già Siad Ass.ni. s.p.a.) e la Sara Assicurazioni s.p.a., l'Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a., la Milano Assicurazioni s.p.a., la s.p.a. Reale Mutua Assicurazioni, la Zurigo Assicurazioni s.p.a., la Assicurazioni Generali s.p.a. e la Lloyd Adriatico s.p.a., avverso la sentenza del 13 settembre 2011, con la quale la Corte d'Appello di L'Aquila ha rigettato il suo appello contro la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Chieti il 3 marzo 2004 sulla controversia introdotta da essa ricorrente nel dicembre del 1997 per ottenere il risarcimento dei danni a suo dire sofferti in occasione di un intervento chirurgico cui si era sottoposta il 24 novembre 1995 presso l'Ospedale di Chieti.
p.
2. La domanda era stata proposta contro la struttura sanitaria, il BE quale direttore del reparto di ginecologia del detto ospedale e capo dell'equipe che aveva eseguito l'intervento, il DU ed il OB quali assistenti all'intervento, nonché contro altri tre medici, nei confronti dei quali il ricorso non è stato proposto.
2.1. Nella sua prospettazione l'attrice deduceva che l'intervento chirurgico che era stato programmato presso la struttura sanitaria convenuta per l'asportazione di una cisti ovalica destra e per il quale aveva prestato il consenso, si era esteso, d'iniziativa del dottor BE e durante la sua esecuzione, ad una laparatomia, una isterectomia totale, una anessectomia bilaterale, una appendicectomia ed omentectomia. Ciò, in ragione della evidenziazione, nelle more dell'intervento originario, da parte di un anatomapatologo all'uopo richiesto di un esame istologico, di una diagnosi di presenza di un adenocarcinoma, presenza poi confermata da successivi esami bioptici. L'attrice esponeva, tuttavia, che successivamente, essendosi recata in Francia presso altro nosocomio, le era stata fornita una diversa diagnosi di presenza di un tumore benigno c.d. in ragione di ciò lamentava i gravissimi danni a suo dire sofferti per gli interventi demolitori subiti, evocando la responsabilità dei componenti dell'equipe operatoria e della struttura sanitaria, nonché degli altri sanitari che avevano eseguito l'esame istologico estemporaneo e quelli bioptici.
2. Con la sentenza di primo grado il Tribunale di Chieti, nella contumacia dei convenuti ad eccezione dell'A.U.S.L. e del OB, nonché nel contraddittorio delle società assicuratrici chiamate dai convenuti in garanzia, istruita la causa con l'espletamento di c.t.u. medica e acquisiti documenti, rigettava la domanda, escludendo - sulla base della c.t.u., la quale aveva accertato che la diagnosi del nosocomio francese in realtà era stata di rilevazione di un tumore maligno di natura diversa, ma che comunque avrebbe giustificato l'estensione dell'intervento operatorio nei termini in cui era avvenuta - la sussistenza di profili di responsabilità professionale dei vari convenuti ed anche la configurabilità di una responsabilità per la violazione dell'obbligo del consenso informato.
3. La Corte aquilana, investita nel merito di un motivo di appello in ordine all'esclusione della responsabilità a motivo del carattere dovuto e risolutivo per la salute del'attrice dell'estensione dell'intervento chirurgico e di altro motivo di gravame riguardo all'esclusione della responsabilità per violazione del consenso informato, li ha rigettati entrambi.
4. Al ricorso per cassazione della Di SI ha resistito con controricorso soltanto l'A.U.S.L. di Chieti.
5. Ha depositato memoria la resistente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p.
1. Con il primo motivo di ricorso - che concerne il rigetto del secondo motivo di appello inerente il consenso informato - si deduce "falsa applicazione dell'art. 329 c.p.c., nonché omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".
Vi si lamenta che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la ricorrente avesse fatto acquiescenza alla motivazione della sentenza di primo grado sull'esclusione della responsabilità per violazione dell'obbligo del consenso informato.
La motivazione da cui risulterebbe l'erronea affermazione dell'acquiescenza si rinverrebbe nel passo in cui la Corte aquilana, dopo avere riferito del motivo di appello, ha osservato - alla pagina 23 - quanto segue: "in primo luogo deve ribadirsi l'osservazione già correttamente formulata dal Giudice di primo grado e non censurata dall'appellante che l'accertamento della violazione dello specifico obbligo in esame costituisce un posterius logico rispetto all'accertamento del rapporto di causalità tra la condotta dei sanitari e il pregiudizio lamentato dalla paziente. Di conseguenza poiché nella vicenda in esame il nesso causale tra il pregiudizio logico e morale sofferto e l'asserita colposa condotta professionale deve essere recisamene escluso, nessuna rilevanza può attribuirsi all'eventuale violazione di previa acquisizione di consenso". p.
1.1. Il motivo è gradatamente inammissibile e privo di fondamento. L'inammissibilità discende dal fatto che, pur ammettendo che nel passo motivazionale la sentenza impugnata abbia evocato effettivamente il concetto di acquiescenza e ne abbia fatto in concreto applicazione, l'art. 366 c.p.c., n. 6, imponeva alla ricorrente di indicare, riproducendola direttamene od indirettamente, mediante rinvio alla parte della sentenza di primo grado in cui l'indiretta riproduzione troverebbe rispondenza, la parte di motivazione della sentenza stessa che si era espressa nel senso ipotizzato dalla sentenza di appello e, quindi, di evidenziare come e dove, attraverso la sua evocazione, essa era stata criticata nell'atto di appello.
Viceversa, nell'illustrazione del motivo non si svolge tale attività, ma si riproduce (p. 14, in corsivo) un passo dell'atto di appello nel quale non si fa alcun riferimento alla motivazione della sentenza di primo grado. Ne consegue che non emerge in alcun modo che esso fosse correlato alla questione su cui vi sarebbe stata la pretesa acquiescenza.
1.2. Il motivo, tuttavia, è anche privo di fondamento, perché in realtà l'affermazione della sentenza impugnata in cui si è colta un'erronea valutazione di acquiescenza (cioè quella che allude alla "osservazione già correttamente formulata dal Giudice di primo grado e non censurata dall'appellante") - in disparte il rilievo che non evocando la sentenza in alcun modo l'art. 329 c.p.c., e non usando essa nemmeno l'espressione "acquiescenza" non v'è alcun indice espresso di valutazione ai sensi di detta norma - non ha oggettivamente quel valore.
Infatti, immediatamente di seguito al passo riportato, la sentenza impugnata si diffonde nelle ultime tre righe della pagina 23 e fino alla terzultima riga della pagina successiva a sostenere l'esattezza della valutazione della rilevanza della lesione del consenso informato in termini tali che, se ex posi l'intervento non assentito del primo giudice si riveli scelta terapeutica corretta, detta lesione non avrebbe rilievo come fonte di danno. Ebbene, ciò evidenzia che la sentenza di appello ha motivato nel merito sul problema della violazione del consenso informato come fonte di danno, sicché l'affermazione nella quale si è vista un'applicazione della nozione di acquiescenza in realtà non risulta assolutamente interpretabile in quel senso.
p.
2. Con un secondo motivo si deduce "violazione del diritto al consenso informato e del conseguente danno alla salute di cui agli artt. 2, 13 e 32 Cost., della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 33, nonché insufficiente motivazione e ciò in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Vi si censura la motivazione della sentenza impugnata, innanzitutto là dove, confermando la valutazione della sentenza di primo grado sottoposta a critica con il secondo motivo di appello, avrebbe erroneamente negato la violazione del diritto della ricorrente al consenso informato ed in particolare di prestare un nuovo consenso rispetto a quello a suo tempo fornito, in ordine al diverso sviluppo assunto dall'intervento chirurgico durante la sua esecuzione. p.
2.1. La motivazione sottoposta a critica sotto tale profilo è enunciata dalla Corte territoriale dopo avere disatteso il primo