Cass. civ., sez. I, ordinanza 31/05/2021, n. 15176

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 31/05/2021, n. 15176
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15176
Data del deposito : 31 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso n. 19396/2015 proposto da: Impresa Pizzarotti & C. S.p.a. (già G S.p.a., società incorporata nella Impresa Pizzarotti & C. S.p.a.) nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti F C e C G ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla via Emilia, n. 88, in virtù di procura a margine del ricorso per cassazione.

- ricorrente -

contro

Consorzio Alta Velocità Milano Torino - C.A.V.TO.MI, nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, in virtù di procura a margine del controricorso e ricorso incidentale, dall'Avv. B G C e dall'Avv. G P, ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, via degli Scipioni, n. 288. - controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza della Corte di appello di ROMA n. 3277/2015, pubblicata in data 28 maggio 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal consigliere L C;

RILEVATO CHE

1. Con sentenza del 28 maggio 2015, la Corte di appello di Roma ha dichiarato la nullità del lodo pronunciato il 3 dicembre 2009, avente ad oggetto il contratto di appalto dell'Il marzo 2005, n. 8400000036, con il quale il Consorzio Alta Velocità Torino Milano aveva affidato alla G Conicos Impresa Costruzioni Generali s.p.a. (poi G s.p.a. e poi incorporata nella Impresa Pizzarotti & C. s.p.a.) l'esecuzione delle opere complete, comprese tra la progressiva Km 115+357,80 e la progressiva Km 121 + 443, 41, della tratta Torino - Milano.

2. Con il lodo impugnato, gli arbitri avevano condannato il Consorzio al pagamento, in favore della G, della somma di euro 1.015.400,56, oltre interessi legali dalla data di sottoscrizione del lodo sino al soddisfo.

3. La Corte di appello ha accolto il primo motivo di gravame del Consorzio, ritenendo la nullità della notificazione della domanda di arbitrato e restando irrilevante l'incompetenza dell'ufficiale giudiziario che aveva proceduto alla notificazione, posto che non potevano trovare applicazione le norme sulle notificazioni;
i giudici di secondo grado hanno affermato che l'unica forma della notifica della nomina dell'arbitro con cui si dava impulso al procedimento arbitrale era quella della forma scritta dell'avvenuta notifica e, quindi, della documentazione scritta della avvenuta notifica;
che, tuttavia, all'atto con il quale si esercitava l'opzione contraria al procedimento arbitrale era applicabile il termine di sospensione feriale in quanto il rispetto del termine costituiva una condizione dell'esercizio del diritto di agire in giudizio e che non poteva trovare applicazione il principio espresso da questa Corte con la sentenza n. 24866 del 2008, che riguardava in modo specifico il termine per il deposito del lodo;
che non valeva ad escludere l'applicabilità dell'istituto della sospensione feriale il carattere negoziale dell'arbitrato, occorrendo indagare di volta in volta il termine con riferimento al quale la sospensione era invocata e se il termine si poneva come condizione per fare valere in giudizio un diritto doveva ritenersi operante la sospensione dei termini;
che, quindi, doveva affermarsi la tempestività della declinatoria di arbitrato notificata dal Consorzio il 30 ottobre 2007 e, quindi, nel termine di 45 giorni, decorrenti per effetto della sospensione feriale dal 15 settembre 2009;
sussisteva l'incompetenza del collegio arbitrale, con conseguente nullità del lodo, a cui non poteva seguire la fase rescissoria.

4. L'Impresa Pizzarotti & C. S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato a due motivi.

5. Il Consorzio Alta Velocità Milano Torino resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

6. L'Impresa Pizzarotti & C. S.p.a. ha depositato controricorso.

7. La società ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1. Va preliminarmente rigettata, perché infondata, l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente sul presupposto che lo stesso sarebbe proposto in violazione del disposto di cui all'art. 360 bis, primo comma, n. 1, cod. proc. civ., posto che la condizione di ammissibilità del ricorso, indicata nell'art. 360 bis n. 1 cod. proc. civ., introdotta dall'art. 47 della legge 69 del 2009, non è integrata dalla mera dichiarazione, espressa nel motivo, di porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, laddove non vengano individuate le decisioni e gli argomenti sui quali l'orientamento contestato si fonda (Cass., 8 febbraio 2011, n. 3142).

2. In via gradatamente preliminare va rigettata l'eccezione di inammissibilità sollevata dal Consorzio controricorrente per la violazione del principio di specificità, avendo la società ricorrente specificato le norme che si assumono essere state violate e avendo dedotto con censure distinte la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e l'omesso esame di fatti decisivi (Cass., 31 ottobre 2013, n. 24553;
Cass., 7 maggio 2018, n. 10862).

3. Va disattesa, in ultimo anche l'eccezione di inammissibilità del ricorso per la violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consente a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass., 4 ottobre 2018, n. 24340).

4. Con il primo motivo la società ricorrente deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge n. 742/1969 riferibile alle sole giurisdizioni ordinarie ed amministrative e non anche alle procedure arbitrali e degli artt. 43 e 47 del d.P.R. n. 1063/1962, norme previste al fine di non rendere obbligatorio l'accesso ad una procedura arbitrale normativamente imposto dal d.P.R. n. 1063/1962. Si duole il ricorrente che la Corte di appello non aveva considerato che la facoltà di declinare la competenza arbitrale era frutto di libere e precise scelte convenzionali e non di disposizioni normative di carattere processuale e che la giurisprudenza richiamata dai giudici di secondo grado riguardava ipotesi di procedimenti arbitrali «normativi» disciplinati dagli artt. 43 e ss. del d.P.R. n. 1063/1962, quest'ultimo abrogato dall'art. 231 del d.P.R. n. 554/1999, e non ipotesi di arbitrati tra privati;
appariva, quindi, gravemente illegittimo e, comunque, erroneo il ragionamento della Corte di appello che, al fine di affermare la soggezione del termine di declinatoria alla sospensione feriale, aveva applicato alla fattispecie in esame, una normativa abrogata in epoca di gran lunga precedente alla proposizione della domanda arbitrale, oltre che relativa a procedimenti arbitrali in cui era parte una pubblica amministrazione;
il fatto che la clausola compromissoria contenuta nell'art. 18 delle condizioni generali di contratto fosse frutto di una libera scelta delle parti e che la facoltà di declinare l'arbitrato discendesse da una pattuizione convenzionale escludeva che alla stessa potesse essere applicata la normativa in materia di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, in quanto veniva in evidenza un atto di autonomia privata, non soggetto alla normativa prevista per i procedimenti giurisdizionali.

4.1 II motivo è infondato.

4.2 In proposito, va ricordato che l'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, nella formulazione all'epoca vigente, prima della modifica introdotta dall'art. 16, comma 1, del decreto legge n. 132/2014, convertito con modificazioni, dalla legge n. 162/2014, dispone che «Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative è sospeso di diritto dal 1° al 15 settembre di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione».

4.3 Il tenore letterale della norma ha ricondotto l'operatività della sospensione feriale dei termini al presupposto della natura processuale dell'atto soggetto alla sospensione e della sua riconducibilità alla giurisdizione.

4.4 L'esame dei presupposti indicati ha portato questa Corte, ad affermare che la disciplina sulla sospensione dei termini, posta dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, riconnettendosi alla necessità della difesa tecnica in giudizio, perché istituto nato dall'esigenza di assicurare un adeguato riposo agli avvocati durante la pausa estiva, valga per i soli termini processuali (Cass., 22 febbraio 2010, n. 4170) e che la richiamata disciplina non sia applicabile al termine dell'art. 820, primo comma, cod. proc. civ., essendo detta sospensione, quale istituto tipico della giurisdizione, condizionata dalla sussistenza di un requisito soggettivo, consistente nella celebrazione di un processo da parte di un giudice, ordinario od amministrativo, mentre l'arbitrato, sia rituale che irrituale, costituisce espressione di autonomia negoziale e rinviene il suo fondamento nel potere delle parti di disporre dei diritti soggettivi rinunciando alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria ed è caratterizzato dall'esigenza di celerità, la quale costituisce una delle ragioni fondanti della scelta delle parti per la risoluzione delle controversie attraverso questo mezzo alternativo alla giurisdizione che, a sua volta, fonda una serie di deroghe alla stessa legge n. 742 del 1969 ed è coerente con l'inapplicabilità allo stesso dell'istituto in esame (Cass., 8 ottobre 2008, n. 24866).

4.5 A fronte di tali principi, pure affermati da questa Corte, deve darsi atto dell'avvenuto superamento dell'assunto della natura contrattuale dell'arbitrato in linea con la diversa tesi, affermata anche di recente, della sua riconducibilità alla giurisdizione, ciò che supera di rilevanza le diffuse argomentazioni esposte dalla società ricorrente sulla differenza tra l'arbitrato «normativo» e l'arbitrato tra «soggetti privati». Ed invero, la questione che viene in rilievo è la configurabilità o meno della «natura giurisdizionale» dell'arbitrato, come «modalità di risoluzione delle controversie alternativa a quella giudiziale», e la natura o meno di «atto processuale» della declinatoria della competenza arbitrale in quanto atto di esercizio di una facoltà di scelta del giudice competente, tematiche che fanno venire meno il fondamento sistematico dell'esclusione della sospensione dei termini individuato dalla società ricorrente in relazione alla natura pubblica o privata dei soggetti che decidono di devolvere la controversia ad arbitri, perché, per l'appunto, ciò che diventa dirimente è determinare quale natura abbia un atto con il quale una persona privata o pubblica, fisica o giuridica, si sceglie un giudice competente (arbitro o giudice ordinario) e se il giudice scelto, arbitro, eserciti un'attività che ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario.
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