Cass. civ., sez. III, sentenza 09/03/2018, n. 05654

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 09/03/2018, n. 05654
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05654
Data del deposito : 9 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso 1551-2014 proposto da: DE MATTEIS AUGUSTO, domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato M P S giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE

80415740580 in persona del Ministro pro tempore, M IRASTRUTTURE E TRASPORTI in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per legge;
GIOFFREDA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAllINI, 73, presso lo studio dell'avvocato A D V, rappresentata e difesa dagli avvocati ANGELA ELEONORA STASI, LUIGI PASTORE giusta procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 757/2013 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 21/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. C G;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per inammissibilità del ricorso;
udito l'Avvocato

LUIGI PASTORE;

1551/2014

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 19 dicembre 1996 il Ministero delle Finanze e il Ministero della Marina Mercantile convenivano davanti al Tribunale di Lecce A D M, esponendo che dal 1981 egli aveva occupato un'area del demanio marittimo di mq 203, costruendovi pure un fabbricato, e che quindi il 30 novembre 1995 era stato condannato per abusiva occupazione ai sensi dell'articolo 1161 cod. nav.;
chiedevano perciò che fosse condannato al rilascio di tale terreno, alla demolizione di quanto vi aveva costruito e al risarcimento dei danni nella misura di L. 53.430.000 fino al 1991, oltre ai danni successivi. Il D M si costituiva, eccependo tra l'altro difetto di giurisdizione e maturata prescrizione del diritto all'indennizzo;
adduceva poi che aveva preso in affitto il terreno da tale Maria Gioffreda, che chiamava in causa. Quest'ultima si costituiva resistendo e negando ogni sua responsabilità, e chiedeva la condanna per lite temeraria del D M. Il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 2168/2008 pronunciata ex articolo 281 sexies c.p.c., per quanto qui interessa dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al rilascio e alla demolizione del manufatto, condannava il D M a corrispondere ai Ministeri la somma di C 59.095, oltre interessi e rivalutazione dal marzo 2005 al saldo, quale indennità di occupazione per indebito arricchimento, e lo condannava altresì ex articolo 96 c.p.c. nei confronti della Gioffreda. Avendo proposto appello principale i due Ministeri - nel frattempo divenuti Ministero della Economia e delle Finanze e Ministero dei Trasporti - e proposto appello incidentale il D M, resistendo la Gioffreda, la Corte d'appello di Lecce con sentenza non definitiva del 23 febbraio-16 maggio 2012 si pronunciava definitivamente sul rapporto tra i Ministeri e la Gioffreda e non definitivamente per il resto, rigettando parte dell'appello incidentale e disponendo con separata ordinanza la prosecuzione sul decimo motivo del suddetto appello. Con sentenza definitiva del 24 settembre-21 ottobre 2013 la corte territoriale accoglieva parzialmente l'appello incidentale nei confronti dei Ministeri rideterminando la condanna del D M quanto alla sorte, che riduceva a C 30.541,15, e rigettava l'appello incidentale nei confronti della Gioffreda.

2. Ha presentato ricorso il D M sulla base di tredici motivi;
si difendono con controricorso la Gioffreda - che ha presentato anche memoria - e con altro controricorso i Ministeri.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.

3.1.1 Il primo motivo lamenta violazione dell'articolo 281 sexies c.p.c., ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c. Si tratta di una censura già proposta in sede di appello, e respinta dalla corte territoriale, secondo la quale la sentenza del giudice di primo grado sarebbe nulla perché all'udienza di precisazione delle conclusioni nessuna parte avrebbe chiesto la discussione orale, e alla sentenza comunque mancherebbero la data di emissione, la sottoscrizione del cancelliere e la prova del deposito in cancelleria, non essendo stata la sentenza posta a verbale, bensì in autonomo documento. All'udienza del 7 novembre 2006 la causa era stata trattenuta in decisione con i termini di cui all'articolo 190 c.p.c.;
con ordinanza del 6 agosto 2008 fu però fissata al 1 ottobre 2008 udienza ai sensi dell'articolo 281 sexies c.p.c. In questo il ricorrente ravvisa violazione dell'articolo 281 quinquies c.p.c.;
lamenta inoltre che la sentenza non fu comunque emessa, ex articolo 281 sexies c.p.c., all'esito di una discussione che in realtà non vi sarebbe stata, dovendosi invece presumere che sia stata depositata nei modi ordinari in cancelleria. Quindi la sentenza sarebbe nulla perché viziata nella fase di formazione, alla stregua dell'articolo 429 c.p.c.;
e tale censura, secondo il ricorrente, sarebbe stata rigettata nella sentenza non definitiva della corte territoriale senza "alcuna congrua motivazione sul punto". Invero, nella motivazione della sentenza d'appello si riscontrano specifici argomenti con cui è stata confutata la corrispondente censura proposta dal D M quale primo motivo dell'appello incidentale. Così infatti motiva sul punto la corte territoriale (pagine 9s.) : "La censura è infondata. Premesso, infatti, che le ipotesi di nullità della sentenza sono indicate dal legislatore in modo specifico e tassativo e che le circostanze dedotte dall'appellante incidentale non rientrano in alcuna di tali ipotesi, rileva la Corte che la scelta del Tribunale di emettere una sentenza ai sensi e con le modalità di cui all'art. 281 sexies c.p.c. non richiede in alcun modo che le parti abbiano chiesto la discussione orale della causa, mentre la data della sentenza è chiaramente desumibile dal verbale dell'udienza dell'i ottobre 2008, al termine della quale la sentenza stessa è stata pronunciata (veds. verbale in atti, ove al termine leggesi: "il giudice decide come da separato atto ex art. 281 sexies c.p.c."). L'art. 281 sexies citato non impone infine che la sentenza sia dettata al Cancelliere che redige il verbale, per cui ben può la stessa essere contenuta in un autonomo documento". Il ricorrente, quindi, ha pretermesso queste specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, in tal modo inadempiendo al suo obbligo di confutarle e al contrario attestandosi su un asserto di assenza di "alcuna congrua motivazione sul punto" non solo generico, ma altresì non corrispondente all'effettivo contenuto della sentenza impugnata.Non può invero non rilevarsi che l'oggetto del ricorso per cassazione non consiste in quanto era stato proposto alla cognizione del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, bensì nella sentenza impugnata stessa, rispetto al cui contenuto si deve parannetrare la specificità dei motivi del ricorso (cfr., da ultimo, Cass. sez. 1, 29 gennaio 2016 n. 1755). Questi infatti devono apportare una adeguata confutazione di tale contenuto, così da mettere in luce l'errore giuridico in cui è incorso il provvedimento impugnato (cfr., benché a proposito dell'appello, S.U. 25 novembre 2008 n. 28057), provvedimento che, altrimenti, verrebbe ad essere come espunto dalla sequenza processuale svoltasi, avendo luogo una sorta di regressione allo stadio di proposizione della impugnazione dinanzi al giudice che ha emesso poi la sentenza oggetto del ricorso per cassazione. La doglianza in esame è pertanto inammissibile, per difetto di specificità nel senso di mancanza di precisa e adeguata confutazione di quanto argomentato al riguardo dalla corte territoriale.. 3.1.2 Si osserva quindi meramente ad abundantiam che quanto il ricorrente ripropone al giudice di legittimità dopo averlo denunciato al giudice d'appello è del tutto privo di consistenza, se non altro perché il ricorrente non indica quale concreta lesione del diritto di difesa egli abbia subito per le modalità di pronuncia della sentenza di primo grado. Né, si rileva ancora ad abundantiam, è sostenibile che la pronuncia ex articolo 281 sexies c.p.c. sia condizionata a una richiesta delle parti in tal senso. Al contrario, il primo comma dell'articolo conferisce al giudice una scelta discrezionale ("può ordinare la discussione orale della causa") che trova l'unico limite nella identificazione della udienza in cui la discussione orale debba essere tenuta: il giudice infatti può ordinare la discussione "nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva". Né infine - come ha proprio evidenziato il giudice d'appello - la doglianza invoca alcuna nullità normativamente prevista;
e la sentenza, ai sensi del secondo comma dell'articolo 281 sexies c.p.c., viene comunque pubblicata "con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene", senza che sia prevista la sua sottoscrizione da parte del cancelliere, l'eventuale utilizzazione, per depositarla, di un documento autonomo rispetto al verbale non essendo d'altronde sanzionata (cfr., sulla non derivazione di nullità della sentenza dal fatto che il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria e non vi abbia posto data e sottoscrizione, Cass. sez. 3, 29 maggio 2015 n. 11176;
e cfr., in generale, Cass. sez. 1, 14 maggio 2014 n. 10453 sull'assenza di sanzione di nullità qualora la pronuncia ex articolo 281 sexies c.p.c. abbia raggiunto lo scopo della sua immodificabilità).
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