Cass. pen., sez. IV, sentenza 04/05/2023, n. 18509
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: P V nato a PALMI il 09/01/1966 avverso l'ordinanza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIAudita la relazione svolta dal Consigliere M C;lette le conclusioni del PG RITENUTO IN FATTO 1. P V ha impugnato l'ordinanza della Corte di Appello di Reggio Calabria datata 15.12.2022, con cui è stata rigettata la sua istanza ex artt. 314 cod.proc.pen. di riparazione per ingiusta detenzione patita dal 18 luglio 2014 al 20 maggio 2015 in regime di arresti domiciliari in esecuzione dell'ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria per i reati di cui agli artt. 648 bis cod.pen. e 12 quinquies I. n. 356 del 1992, entrambi aggravati dall'art. 7 I. n. 203 del 1991. 2. Con sentenza del 26.7.2017, definitiva in data 23.2.2018, il Tribunale di Palmi Io aveva assolto per non aver commesso il fatto dal reato di cui all'art. 648 bis cod.pen. mentre aveva dichiarato estinto il secondo reato per intervenuta prescrizione, previa esclusione dell'aggravante contestata. 3. La Corte di Appello ha rigettato l'istanza rilevando che, nel momento in cui è stata adottata la misura cautelare, ne sussistevano i presupposti, atteso che il reato di intestazione fittizia consentiva l'applicazione di misura cautelare, risultando infondata la tesi difensiva secondo cui il reato sarebbe stato prescritto già al momento dell'adozione della misura e che la contestazione formulata trovava aggancio nella condotta del P. 4. Il ricorrente ha impugnato tale provvedimento deducendo con un unico motivo di ricorso l'inosservanza e/o l'erronea applicazione dell'art. 314, comma 2, cod.proc.pen., e la mancanza di motivazione in riferimento agli artt. 546 e 533, comma 2, cod.proc.pen. in relazione agli artt. 314, 315, 273 e 274 cod. proc. pen. Assume che la Corte d'appello non ha affrontato la questione che la misura cautelare é stata dichiarata illegittima allorché il Tribunale di Reggio Calabria ha annullato l'ordinanza reiettiva di modifica/revoca della misura cautelare disponendo che lo stesso fosse rimesso in libertà, pur sottoponendolo alla misura dell'obbligo di presentazione alla P.G., difettando l'ordinanza impugnata di qualsiasi motivazione sul punto. 5. La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso é infondato. Nella fattispecie in esame trova applicazione il consolidato principio sancito dalla Suprema Corte, che in questa sede si intende ribadire, secondo cui in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, ove il provvedimento restrittivo della libertà sia fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste - sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà - impedisce il sorgere del diritto, salvo che per l'eventuale parte di custodia sofferta soverchiante la pena che in astratto avrebbe potuto infliggersi per il detto reato, essendo irrilevante il pieno proscioglimento nel merito dalle altre imputazioni, sempre che non si versi in ipotesi di c.d. «ingiustizia formale» (ex plurimis: Sez. 4, n. 30404 del 05/07/2022, Maggi, non massimata;Sez. 4, n. 29623 del 14/10/2020, Russo, Rv. 279713;Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, C, Rv. 258607;Sez. 4, n. 31393 del 18/04/2013, L, Rv. 257778;Sez. 4, n. 27466 del 26/03/2009, M, Rv. 245108;si vedano altresì Sez. U, n. 4187 del 30/10/2008, dep. 2009, P, Rv. 241855, Sez. 4, n. 2058 del 15/02/2018, D, Rv. 273264, nonché, anche per il riferimento al rilievo dell'eventuale «ingiustizia formale»: Sez. 3, n. 2451 del 09/10/2014, dep. 2015, D, Rv. 262396;Sez. 4, n. 44492 del 15/10/2013, C, Rv. 258086;Sez. 4, n. 34661 del 10/06/2010, M, Rv. 248076) Si versa in particolare in una situazione nella quale il richiedente ha beneficiato di una pronuncia di prescrizione alla quale non ha inteso rinunciare, pur avendone il diritto (art. 156 cod. pen.) esercitabile anche al fine di giovarsi della precondizione alla quale l'art. 314, cod. proc. pen., subordina l'accoglibilità della domanda di riparazione. Qualora il richiedente avesse voluto perseguire l'interesse della riparazione del periodo di restrizione cautelare sofferto, in presenza di reati prescritti, avrebbe difatti dovuto, rinunciando alla prescrizione, chiedere e ottenere sentenza che, assolvendolo nel merito, al tempo stesso avrebbe conclamato l'ingiustizia della custodia cautelare. Né una tale scelta avrebbe posto l'instante in una situazione d'irragionevole pregiudizio, stretto tra la necessità di assicurarsi, comunque, un esito penalmente favorevole e l'utilità di poter coltivare successivamente l'azione di ristoro per l'ingiusta detenzione. Trattasi, appunto e all'evidenza, di due esigenze aventi lo stesso rango valoriale, di talché assicurandosi il soddisfacimento di una delle dette, perciò stesso, si deve rinunciare ingiustamente all'altra. Ove in presenza di rischio processuale l'imputato scientemente decida di avvantaggiarsi dell'effetto estintivo della prescrizione, la rinuncia, conseguente, alla possibilità di ottenere pronuncia assolutoria di merito, condizione necessaria per domandare in seguito l'indennizzo per l'ingiusta detenzione, non appare sotto alcun profilo irragionevole, trattandosi, per l'appunto di un effetto per così dire indesiderato ampiamente secondario rispetto al raggiunto primario obiettivo dell'esonero dalla penale responsabilità (cfr., Sez. 4, n. 30404 del 2022 Maggi, cit., in motivazione;Sez. 4, n. 5621/2014, C, cit., in motivazione;si veda altresì, ex plurimis: Sez. 4, n. 2058/2018, D, cit., in motivazione). Al riguardo, si è altresì osservato che il proscioglimento per prescrizione richiede, pur sempre, una valutazione di merito, ancorché limitata alla verifica della inesistenza delle cause previste dal secondo comma dell'art. 129 cod. proc. pen., che consente, già di per sé, di escludere l'ingiustizia della detenzione (Sez. 4, n. 30404 del 2022 Maggi, cit., in motivazione;Sez. 4 n. 34661 del 2010, M, cit.). Trattasi, peraltro, di interpretazione conforme all'intervento di Corte cost. n. 219 del 2008, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 314, cod. proc. pen., nella parte in cui, nell'ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all'equa riparazione all'assoluzione o al proscioglimento nel merito dalle imputazioni. La rilevanza della citata pronuncia nel caso di specie va apprezzata in relazione alle sottese ragioni. Il giudice delle leggi ha infatti chiarito - con riferimento all'insorgenza del diritto all'equo indennizzo - che la situazione del prosciolto o assolto nel merito è equiparabile a quella del condannato, ma solo per la parte di custodia cautelare sofferta dal primo che soverchi la pena inflitta o che in astratto avrebbe potuto infliggersi. È stato in particolare evidenziato che non risulta in tal caso violato l'art. 2, comma 1, n. 100 della I. n. 81 del 1987 (di delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), in quanto non vi sono ragioni per ritenere che la legge-delega abbia voluto introdurre direttamente una clausola generale di riparabilità della detenzione «ingiusta» che sia affidata al filtro dell'interprete, anziché a quello «fisiologico» della norma delegata. Con l'ampiezza della espressione utilizzata, il delegante ha anzi voluto rimettere al delegato l'individuazione e la specificazione di tali ipotesi. Non è stato peraltro ritenuto dalla Consulta violato il principio direttivo dell'adeguamento delle norme del codice di procedura penale alle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e del processo penale. Né l'art. 9, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il 19 dicembre 1966 (che ha per oggetto le sole ipotesi, riconducibili all'art. 314 cod. proc. pen., comma 2, nelle quali, a prescindere dall'esito del giudizio, difettassero in origine le condizioni legali per applicare o mantenere una misura custodiale), né l'art. 5, § 5, Convenzione E.D.U. (che si applica alle ipotesi in cui taluno sia stato privato della libertà personale al di fuori dei casi indicati dalla legge nazionale e previsti nel § 1 dello stesso articolo, ovvero in violazione delle modalità e dei tempi disciplinati dai §§ 2, 3 e 4) valgono difatti a far ritenere che il legislatore delegante abbia inteso prevedere la riparazione dell'ingiusta detenzione senza porre alcuna limitazione circa il titolo della detenzione stessa o le ragioni dell'ingiustizia (in merito al rilievo nella fattispecie in esame delle ragioni sottese alla citata pronuncia della Consulta si vedano, ex plurimis: Sez. 4, n. 2058 del 2018, D, cit., in motivazione;Sez. 4, n. 5621 del 2014, C, cit., in motivazione, nonché Sez. 4, n. 30404 del 2022 Maggi, cit., la quale chiarisce che, per medesimezza di ratio, i principi di cui innanzi operano anche nel caso in cui il proscioglimento per taluni reati, sottesi all'ordinanza cautelare, sia avvenuto con sentenza di non luogo a procedere, quindi in sede di udienza preliminare, in ragione dell'esplicito richiamo a tale tipologia di sentenza operato dall'art. 314, comma 3, cod. proc. pen, e a prescindere dalla circostanza che il proscioglimento nel merito, con riferimento agli altri reati sottesi all'ordinanza cautelare, sia avvenuto con sentenza emessa all'esito di giudizio celebrato in forza di rinvio a giudizio disposto nel corso dell'udienza preliminare).
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