Cass. civ., sez. II, sentenza 05/09/2013, n. 20406
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La morte di una parte nel corso del giudizio comporta la necessità della prosecuzione del procedimento nei confronti dei suoi eredi, ma la circostanza che questi ultimi non vengano citati con la formale enunciazione di tale qualità non implica, di per sé, un difetto di legittimazione passiva degli stessi, allorché dall'atto di riassunzione emerga in modo inequivoco che i predetti sono stati evocati in giudizio non in proprio, ma quali successori della parte defunta.
Non essendo la mancanza di un provvedimento formale di dichiarazione di contumacia di per sé causa di nullità del procedimento o della sentenza, quando risulti che il contraddittorio sia stato comunque ritualmente costituito nei confronti della parte non costituita, neppure è imposto dal codice di rito un termine perentorio per la relativa declaratoria.
Sul provvedimento
Testo completo
0020406/13 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO *EDILIZIA E URBANISTICA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G.N. 14628/2007 SECONDA SEZIONE CIVILE R.G.N. 19135/2007 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Cron. 20406 Dott. FRANCESCO FELICETTI Presidente Rep.3488 - Dott. EMILIO MIGLIUCCI Consigliere Ud. 12/06/2013 Rel. Consigliere Dott. LINA MATERA PU Dott. VINCENZO CORRENTI - Consigliere Dott. ALDO CARRATO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 14628-2007 proposto da: C.F.[...],AS IL QUALE EREDE DI AS RI E IG EN C.F.[...]IN PROPRIO E QUALE EREDE DI AS RI, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA Probate DARDANELLI 13, presso lo studio dell'avvocato SPINGARDI LUCA, rappresentati e difesi dagli avvocati 2013 PALUMBO ALFONSO, CAROPRESO GAETANO;
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- ricorrenti -
contro
AN PA, AN ON;
intimati - sul ricorso 19135-2007 proposto da: AN PA QUALE EREDE DI FANESI DORIA C.F.[...], AN ON IN PROPRIO E C.F. [...], QUALE EREDE DI FANESI DORIA ROMA, PIAZZA SAN elettivamente domiciliati in GIOVANNI IN LATERANO 26, presso lo studio rappresentati edell'avvocato CUGINI LANFRANCO, difesi dall'avvocato MARCELLINI MARCELLINO;
controricorrenti e ricorrenti incidentali
contro
EN, GN AS IL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DARDANELLI 13 , presso lo estudio dell'avvocato SPINGARDI LUCA, rappresentati difesi dagli avvocati PALUMBO ALFONSO, CAROPRESO GAETANO;
· controricorrenti al ricorso incidentale- avversO la sentenza n. 418/2006 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 07/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;
udito l'Avvocato Palumbo Alfonso difensore dei ricorrenti che si riporta agli atti;
udito l'Avv. Cigliano Francesco con delega depositata in udienza dell'Avv. Marcellini Marcellino difensore dei controricorrenti e ricorrenti incidentali che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per Generale l'inammissibilità del ricorso principale, e perdita efficacia del ricorso incidentale. Lind atora SVOLGIMENTO DEL PROCESSO SS RI e GN LE, comproprietari dell'Hotel Beaurivage, costituito dal fabbricato di viale Europa 92 di San Benedetto del Tronto, convenivano dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno SI OR e RM NT, comproprietari della confinante Pensione OR, esponendo che i convenuti, sullo spazio tra il fabbricato della loro Pensione ed il muro posto a confine, avevano realizzato un ampio manufatto costituito da elementi di ferro, alcuni fissati in un muro realizzato in aderenza a quello preesistente, con copertura in eternit, in violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni. Gli attori, pertanto, chiedevano la condanna dei convenuti alla demolizione dei manufatti (tettoia e muretto), con l'autorizzazione a provvedere, in mancanza, alla demolizione a spese dei resistenti, oltre al risarcimento dei danni. Nel costituirsi, i convenuti contestavano la fondatezza della domanda, deducendo che il manufatto era stato regolarmente assentito dal Comune, e che le opere realizzate non avevano le caratteristiche della costruzioni soggette alle norme sulle distanze. Essi, inoltre, chiedevano in via riconvenzionale l'arretramento del fabbricato attoreo sino alla distanza di metri cinque dal confine, oltre al risarcimento dei danni. Con sentenza in data 2-2-2004, pronunciata nei confronti di indnative RM NT e di RM OL, quali eredi di SI 1 OR, deceduta nelle more, e il primo anche in proprio, il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice, ordinando la demolizione della tettoia e del muretto a confine e facultando gli attori, in difetto, a provvedere a spese dei convenuti;
condannava i convenuti al risarcimento dei danni, che liquidava in via equitativa in euro 50.000,00, oltre interessi legali;
rigettava la domanda riconvenzionale. Avverso la predetta decisione proponevano appello RM NT e OL, il primo in proprio e quale erede di SI OR, ed il secondo in questa sola veste. Resistevano SS EM e GN LE, la prima quale erede di SS RI, deceduto nelle more, e la seconda anche in proprio. Con sentenza in data 7-7-2006 la Corte di Appello di Ancona accoglieva per quanto di ragione l'appello e, per l'effetto, rigettava la domanda attrice di demolizione del manufatto realizzato dai convenuti e di risarcimento danni;
confermava nel resto la sentenza di primo grado. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso SS EM e GN LE, in proprio e nella qualità, sulla base di Lindhatna due motivi. 2 RM NT e RM OL hanno resistito con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale, affidato a sei motivi. I ricorrenti principali hanno resistito al ricorso incidentale con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 1) Con il primo motivo le ricorrenti principali denunciano l'omessa e insufficiente motivazione in ordine all'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui gli attori si erano limitati a lamentare sic et simpliciter la violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni, e mancava la prova della dedotta violazione di tali distanze. Sostengono, in particolare, che in appello gli attori hanno chiarito e provato, mediante la produzione di uno stralcio delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale di San Benedetto del Tronto approvato il 6-6-1974, che all'epoca della loro costruzione e di quella nuova realizzata dai convenuti la distanza minima da rispettare era di tre metri dal confine interno. Rilevano, inoltre, che gli appellati, nella comparsa di costituzione, hanno chiesto l'ammissione di consulenza tecnica d'ufficio e avanzato richiesta di informazioni al Comune di San Benedetto, ex Lindicative 3 art. 213 c.p.c., in ordine allo strumento urbanistico in vigore e alla distanza dai confini dallo stesso prevista. 2) Preliminarmente si rileva che non ha pregio l'eccezione di inammissibilità del motivo in esame, sollevata dai ricorrenti sul rilievo della mancanza del momento di sintesi richiesto dall'art. 366 bis c.p.c. Tale momento di sintesi, infatti, è ravvisabile a pag. 14-15 del ricorso, là dove si deduce che "la Corte di Appello di Ancona ha affermato che gli attori si sono limitati a lamentare la violazione delle norme sulle distanze tra le costruzioni sic et simpliciter, mentre, nella realtà, gli attori-appellati, attuali ricorrenti, hanno, invece, allegato e provato, producendo uno stralcio delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale di San Benedetto del Tronto 1974, adottato con delibera 15-5-1971 ed approvato il 6-6-1974, che, secondo lo strumento in vigore all'epoca in cui avevano costruito loro, in vigore anche all'epoca della nuova costruzione operata dai convenuti, era di mt. 3 dal confine". Il motivo, tuttavia, deve essere disatteso. Le censure mosse difettano di specificità ed autosufficienza, non indicando il momento in cui, nel corso del giudizio di appello, sarebbe stata dedotta l'esistenza di disposizioni regolamentari locali a carattere integrativo e sarebbe stato prodotto uno stralcio delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale di San Benedetto del Tronto approvato il 6-6-1974. Lind stars 4 Le deduzioni svolte dalle ricorrenti, pertanto, per la loro genericità, non appaiono idonee a scalfire l'apprezzamento espresso dalla Corte di Appello, secondo cui gli attori, per tutto il corso del giudizio, non hanno svolto alcuna attività deduttiva, non essendo andati oltre l'affermazione che il manufatto (tettoia o pensilina) era stato realizzato dai convenuti in violazione delle distanze tra le costruzioni. In una simile situazione, non avendo gli istanti nemmeno allegato l'esistenza di norme regolamentari più restrittive rispetto a quelle codicistiche, il giudice del gravame ha ritenuto di dover valutare la fondatezza della domanda attrice