Cass. civ., sez. I, sentenza 19/06/2003, n. 9807

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

La sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale non opera (ai sensi dell'art. 3 della legge n. 742 del 1969, in relazione all'art. 92 dell'ordinamento giudiziario approvato con R.D. n. 12 del 1942) con riguardo al termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza resa in grado di appello nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, ancorché il fallimento sia stato dichiarato in sede di risoluzione del concordato preventivo.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 19/06/2003, n. 9807
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9807
Data del deposito : 19 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. C W - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. C M R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
L L, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI CESTARI 34, presso l'avvocato M T P, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
M P S S, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA BRESSANONE 3, presso l'avvocato M L C C, rappresentato e difeso dall'avvocato G S, giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

e
CURATELA FALLIMENTO L L;

- intimato -

avverso la sentenza n. 389/00 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 02/05/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2002 dal Consigliere Dott. M R C;

udito per il resistente l'Avvocato S che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R C che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 22/30.12.89, Luigi L fu ammesso dal tribunale di Bari alla procedura di amministrazione controllata, nel corso della quale, e segnatamente il 15.5.90, il M d P di Siena, presso il quale il detto imprenditore aveva aperto il conto corrente n. 29410.52 a lui intestato, comunicò ad Armida Romita, madre del L e terza datrice di pegno di titoli di Stato dati a garanzia del detto rapporto di c/c, che, a seguito della chiusura del conto, era residuato un saldo negativo, e la invitò a provvedere, preavvertendola che, in mancanza, si sarebbe avvalso della facoltà di vendere i titoli. Il 4.9.90, la banca escusse la garanzia, imputando il ricavato della vendita dei titoli, ottenuto in L. 195.997.000, a parziale soddisfo del suo credito.
In questa procedura la banca dichiarò il suo credito in L. 220.151.672.
In data 10.11.90 il L chiese ed ottenne di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo, che fu quindi omologato con sentenza 16.79 1, divenuta cosa giudicata. In questa procedura la Banca dichiarò il suo credito in L. 429.223.187.
In data 14.4.92, in corso di procedura e dopo l'omologazione, la banca comunicò al Commissario la modifica del suo credito in L. 658.106.538, imputando il maggior importo rispetto alla somma iniziale alla fideiussione prestata dal L alla s.r.l. L, che intanto era stata dichiarata fallita, che il debitore contestò sul presupposto che la sua esposizione debitoria si era ormai cristallizzata nella somma inizialmente chiesta, indicata nella sentenza di omologazione. Avendo appreso, solo in tale sede, e segnatamente il 11.8.92, che suddetto istituto aveva già incamerato l'importo ricavato dalla vendita dei titoli oggetto del pegno, il L diede ingresso ad ordinario giudizio avente ad oggetto l'accertamento dell'entità della pretesa della banca, con atto notificato il 5.10.92.
Il Commissario, a sua volta, in data 7.11.92, relazionò al giudice delegato sostenendo che il concordato aveva avuto regolare esecuzione.
Il 2.7.93, il M d P chiese al Tribunale fallimentare la risoluzione del concordato, sull'assunto che il concordato era rimasto inadempiuto sia nei suoi confronti che nei confronti di altro creditore - la ditta Speciale Moda - cui spettava come percentuale concordataria, la somma di L. 18.000.000. Il tribunale, quindi, accertato che il concordato non era stato adempiuto, con sentenza 15.7.93, lo risolse e dispose la dichiarazione di fallimento.
Contro questa sentenza di fallimento il L propose opposizione al tribunale di Bari, sull'assunto che il debito verso la banca si era ormai cristallizzato nella somma indicata nella sentenza di omologazione del concordato, divenuta cosa giudicata, sicché, la somma, riscossa dall'ente creditizio a seguito della vendita dei titoli oggetto del pegno, era stata sufficiente a coprire la percentuale concordataria che gli spettava. L'ente anzidetto aveva, perciò, ottenuto completa soddisfazione, ed il suo inadempimento doveva essere escluso. Fece, altresì, presente che la stessa banca era in possesso di cambiali in garanzia per L. 250.000.000 di cui non aveva mai dato conto, il cui importo, ovviamente, andava a scomputo del dovuto.
Il tribunale rigettò l'opposizione con sentenza n. 1352 del 17.3.97, contro la quale il L propose impugnazione innanzi alla corte d'appello di Bari lamentando che:
1. - contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, egli non era stato reso edotto da parte della banca della vendita dei titoli oggetto del pegno, tanto che non aveva

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi