Cass. civ., sez. VI, sentenza 23/03/2012, n. 4720
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In tema di responsabilità disciplinare dei notai, l'art. 145-bis della legge n. 89 del 1913, introdotto dall'art. 28 del d.lgs. n. 249 del 2006, prevedendo l'oblazione in caso di infrazione "punibile con la sola sanzione pecuniaria", ha riguardo alla sanzione applicabile in astratto e non a quella applicata in concreto; pertanto, l'oblazione non è consentita per le infrazioni punibili con la sospensione, anche se per esse sia stata irrogata una sanzione pecuniaria a seguito della concessione delle attenuanti.
In materia di responsabilità disciplinare dei notai, l'art. 147 della legge n. 89 del 1913 individua con chiarezza l'interesse meritevole di tutela (dignità e reputazione del notaio, decoro e prestigio della classe notarile) e determina la condotta sanzionabile in quanto idonea a compromettere l'interesse tutelato, condotta il cui contenuto, sebbene non tipizzato, è integrato dalle regole di etica professionale e, quindi, dal complesso dei principi di deontologia oggettivamente enucleabili dal comune sentire di un dato momento storico; ne consegue, da un lato, che la norma menzionata è rispettosa del principio di legalità ex art. 25 Cost. (peraltro attinente alla sola materia penale), e dall'altro che la concreta individuazione della condotta disciplinarmente rilevante, da parte del giudice di merito, non è sindacabile dalla Corte di cassazione, il cui controllo di legittimità sull'applicazione, da parte del giudice del merito, di concetti giuridici indeterminati e clausole generali può solo mirare a verificare la ragionevolezza della sussunzione in essi del fatto concreto.
Sul provvedimento
Testo completo
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere -
Dott. SEGRETO ON - rel. Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3869/2011 proposto da:
AL IO [...], elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avv. AL ANGELO, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI BARI, ARCHIVIO NOTARILE DISTRETTUALE DI LECCE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 95/2010 della CORTE D'APPELLO di BARI del 26.1.2010, depositata il 03/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dellr8/03/2012 dal Consigliere Relatore Dott. IO SEGRETO;
È presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con provvedimento del 9.2.2009, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina della regione Puglia dichiarava il notaio ON LA responsabile della violazione di cui alla L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 28, per avere richiesto l'iscrizione di un
atto costitutivo di società a responsabilità limitata in assenza delle condizioni richieste dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art.106 ("capo I/A));
della violazione della L. 3 febbraio 1989, n. 39, art. 5, comma 3, lett. b), per avere rogato il suddetto atto
costitutivo di società, prevedendo quale oggetto sociale tanto l'esercizio di attività di mediazione che di attività imprenditoriale (capo 1/B));
della violazione del R.D. 10 settembre 1914, n. 1326, art. 54, per avere rogato un atto in cui chi compariva
quale rappresentante esorbitava dai poteri conferiti dal rappresentato (capo 2).
La COREDI irrogava la sanzione pecuniaria di Euro 10.400,00, in relazione alla contestazione di cui al capo 1/A) e quella dell'avvertimento con riferimento alle contestazioni di cui ai capi 1/B) e 2).
La Corte di Appello di Bari, con sentenza depositata il 3.2.2010, in parziale accoglimento del reclamo del notaio L. 16 febbraio 1913, n.89, ex art. 158, escludeva la rilevanza disciplinare del
comportamento di cui al capo 1/B) e confermava nel resto il provvedimento della Commissione Amministrativa.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il notaio. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in relazione alla L. n.89 del 1913, art. 28, e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, artt. 28 e 138 bis, e D.Lgs. n. 385 del 1993, art.106. Il ricorrente deduce che l'attività di assunzione di
partecipazioni in altre società ed aziende per conto proprio e di terzi era prevista, nello statuto, solo quale strumentale al raggiungimento dello scopo sociale.
Secondo il ricorrente il legislatore avrebbe inteso vietare l'esercizio di attività finanziaria al pubblico al di fuori dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106, o di quelli in deroga previsti dalle norme regolamentari, mentre non esiste una norma che preclude ad una compagine sociale di esercitare in futuro l'attività di cui all'art. 106 T.U.B., allorché si sia in futuro in presenza dei requisiti di legge.
2.1. I due motivi sono infondati.
Va, anzitutto rilevato che L. n. 89 del 1913, art. 138 bis, aggiunto dalla L. 24 novembre 2000, n. 340, art. 32, e poi sostituito dal D.Lgs. n. 249 del 2006, art. 23, statuisce che "1. Il notaio che chiede l'iscrizione nel registro delle imprese delle deliberazioni di società di capitali, dallo stesso notaio verbalizzate, quando risultano manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge, viola l'art. 28, comma 1, n. 1, ed è punito con la sospensione di cui all'art. 138, comma 2, e con la sanzione pecuniaria da 516 Euro a 15.493 Euro.
2. Con la stessa sanzione è punito il notaio che chiede l'iscrizione nel registro delle imprese di un atto costitutivo di società di capitali, da lui ricevuto, quando risultino manifestamente inesistenti le condizioni richieste dalla legge".
Il giudice di merito ha osservato che nella fattispecie nessuna limitazione v'è nella previsione di cui all'art. 3, lett. C), dello statuto che, nel campo finanziario indica, tra gli scopi della società, l'assunzione "di partecipazioni in altre società ed aziende per conto proprio e di terzi".
Nessun rilievo pratico, in uno statuto nel quale la società si prefigge compiti attinenti ad ogni campo dell'attività, ha la disposizione finale secondo la quale la società "potrà, infine, relativamente agli scopi prefissati, assumere partecipazioni in altre aziende o permetterle nella propria".
La parola "infine", fa comprendere che la dizione in questione non costituisce una precisazione, una limitazione di quanto previsto alla precedente lettera e), ma un ulteriore potere concesso alla società. Quindi è come se, tra gli scopi richiamati da tale ultima disposizione vi sia anche quello di assumere partecipazioni in altre società ed aziende per conto proprio e di terzi, di cui alla precedente lettera c).
2.2. Come rileva correttamente la sentenza impugnata, proprio con riguardo alla prevista attività nel campo finanziario (lett. C, dello statuto) era contemplato che la società potesse assumere partecipazioni in altre società o aziende per conto proprio o di terzi in aperta violazione del disposto normativo che riserva tale attività a soggetti qualificati (art. 106 T.U. Bancario);
2.3. Neppure può ritenersi che nella specie non si abbia un atto espressamente proibito dalla legge (ai sensi dell'art. 28 L. N.), ma al più un atto invalido, poiché, a norma dell'art. 138 bis, la richiesta di iscrizione nel Registro delle Imprese di un atto costitutivo di società dallo stesso richiedente ricevuto, quando risultino manifestamente insussistenti le condizioni di legge, integra di per sè e per espressa previsione (ben giustificata dal venir meno del controllo del Tribunale in sede di omologazione) una violazione della L. n. 89 del 1913, art. 28. 3.1. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 145 bis. Lamenta il ricorrente che la sentenza impugnata erroneamente non ha ritenuto che nella fattispecie egli potesse