Cass. civ., sez. II, sentenza 06/10/2021, n. 27086
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Nella divisione ereditaria e in quella ordinaria, il giudice non può procedere al regolamento, sulla massa, dei debiti dipendenti dal rapporto di comunione senza che, in aggiunta alla domanda principale, sia stata anche proposta istanza di rendiconto, mentre, assolto tale presupposto, può autonomamente provvedere, anche in assenza di apposita domanda, alla liquidazione di tale regolamento col sistema dei prelevamenti ovvero con l'incremento della quota, costituendo questa autonoma attività giudiziale, ferma restando la possibilità di deroga pattizia delle norme sull'imputazione e sui prelevamenti, nonché di quelle che stabiliscono l'ordine delle operazioni divisionali.
Nello scioglimento della comunione ereditaria, al pari di quanto accade per quella ordinaria ai sensi dell'art. 1115, comma 3, c.c., il regolamento, sulla massa, dei debiti dipendenti dai rapporti di comunione, in quanto afferenti alla gestione della stessa, previsto dagli artt. 724 e 725 c.c., può essere realizzato dai compartecipi creditori attraverso il prelievo di beni dalla massa in proporzione alle rispettive quote ovvero, quando ciò non sia avvenuto o non sia possibile, attraverso l'incremento delle loro quote di concorso rispetto a quelle risultanti dal titolo della comunione. Con riguardo a quest'ultima modalità, applicabile anche in caso di unico immobile indivisibile, l'individuazione del titolare della quota maggiore si effettua con riferimento alla situazione esistente al momento della relativa pronuncia giudiziale.
Sul provvedimento
Testo completo
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE 27086-21 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Oggetto SUCCESSIONI Dott. PASQUALE D'ASCOLA Presidente - Dott. E P - Consigliere - Dott. GIUSEPPE TEDESCO - Rel. Consigliere - Ud. 28/04/2021 - PU Dott. A S - Consigliere - R.G.N. 11563/2016 Rep. CI Dott. GIUSEPPE FORTUNATO - Consigliere - ha pronunciato la seguente CROM 27086 SENTENZA sul ricorso 11563-2016 proposto da: C T, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 7, presso lo studio dell'avvocato A A, rappresentata e difesa dall'avvocato M Z;
- ricorrente -
contro
C G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI D'AMATO, rappresentato e difeso dagli avvocati A S e A S;
- controricorrente -
V,C M, COPPOLINO COPPOLINO ANTONIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1523/2015 della CORTE D'APPELLO di N, depositata il 31/03/2015;
1322/21 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO. Letta la relazione del Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d'appello di Napoli ha definito la causa di divisione fra i fratelli C derivante dalla duplice successione dei comuni genitori. In particolare, la Corte d'appello ha attribuito l'immobile oggetto di divisione, in comproprietà per quote uguali fra i coeredi, a C Giuseppe, la cui istanza è stata preferita rispetto a quella avanzata da C T, che era stata accolta in primo grado. La Corte d'appello, in via preventiva rispetto all'attribuzione, ha dichiarato inammissibili, confermando sul punto la decisione del Tribunale, i capitoli di prova per testimoni dedotti da C T. La stessa Corte, nell'argomentare in ordine alla preferenza nell'attribuzione del bene indivisibile, fra le contrapposte istanze di C T e C Giuseppe, ha posto l'accento sul fatto che la prima aveva accumulato, nei confronti dei fratelli, un debito superiore al valore della sua quota, debito derivante dal godimento esclusivo della cosa comune. Quindi ha definito il giudizio nei termini sopra descritti, attribuendo l'immobile a C Giuseppe, con addebito dell'eccedenza in favore dei fratelli;
ha poi condannato C T al pagamento di una indennità per l'uso esclusivo della cosa comune;
ha poi riconosciuto in favore di T un credito, per anticipazione nell'interesse comune, della somma di € 3.718,25, condannando i fratelli a rimborsarle la loro quota. Per la cassazione della sentenza C T ha proposto ricorso, affidato a tre motivi. C Giuseppe ha resistito con controricorso. Ric. 2016 n. 11563 sez. S2 - ud. 28-04-2021 -2- C Massimo, C V, C A sono rimasti intimati. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 720 c.c. Con esso la ricorrente si duole dell'attribuzione dell'immobile indivisibile al fratello Giuseppe, invece che a sé stessa, e ciò sotto una pluralità di profili, che esigenze di chiarezza impongono di esaminare analiticamente. A) Il primo errore, che la ricorrente rimprovera alla Cotte d'appello, è quello di avere considerato Cozzolino Giuseppe titolare di una quota maggiore in dipendenza del credito, maturato nei confronti dell'attuale ricorrente, per il godimento esclusivo dell'immobile comune esercitato dalla stessa. Si sostiene che la decisione impugnata, in relazione a questo aspetto, è contraria al principio di Cass. n. 2394/2009, la quale ha chiarito che le vicende obbligatorie fra compartecipi, nella divisione ereditaria, non possono alterare la misura delle quote derivanti dalla successione. La censura è infondata. I. Ex art. 720 c.c., nel caso di non comoda divisibilità dell'immobile, questo deve preferibilmente essere compreso per intero, con addebito dell'eccedenza, nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore o anche nelle porzioni di più coeredi, se questi ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. È principio acquisito che l'art. 720 c.c. non pone una disciplina inderogabile, bensì un trattamento preferenziale in favore del titolare della maggiore quota, dal quale il giudice può discostarsi quando ciò gli sembri più consono agli interessi comuni dei condividenti (Cass. n. 6469/1982;
n. 4775/1983;
n. 7716/1990;
n. 8629/1998;
n. 22857/2009;
n. 24832/2019;
n. 7869/2019). Ai fini della concessione della preferenza of Ric. 2016 n. 11563 sez. S2 - ud. 28-04-2021 -3- al titolare della quota maggiore è sufficiente il mero riscontro delle condizioni richieste dalla legge (Cass. 626/1971;
n. 4251/1980;
n. 7716/1990), mentre l'adozione di un diverso criterio di preferenza impone al giudice di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata. Egli, cioè, è tenuto a indicare i motivi per i quali, in caso di più richiedenti, abbia preferito l'uno piuttosto che l'altro (Cass. n. 3310/1969;
n. 24053/2008;
n. 22857/2009;
n. 11641/2010;
n. 16376/2014). II. La individuazione del titolare della quota maggiore, al fine di poter applicare il criterio preferenziale previsto dall'art. 720 c.c., si effettua con riferimento alla situazione economica (consistenza e valore) e giuridica (numero ed entità delle quote) dei beni al momento della divisione e, quindi, alla situazione presa in esame dalla relativa pronuncia giudiziale, e non a quella esistente al momento dell'apertura della successione o della proposizione della domanda (Cass. n. 7588/1995). Si deve quindi tenere conto anche delle successive vicende negoziali e della eventuale concentrazione delle quote in capo ai coeredi (Cass. n. 14321/2007). La preferenza stabilita dall'art. 720 c.c. opera così anche a favore di colui che sia diventato maggiore quotista a seguito dell'acquisto della quota di altro coerede (Cass. n. 4619/1979;
n. 1874/1985;
n. 14231/2007). È stato anche chiarito che, nel caso in cui taluno dei condividenti affermi, ai sensi dell'art. 1115 c.c., di avere diritto ad un incremento della propria quota per aver pagato un debito in solido per la cosa comune senza ottenere alcun rimborso, non è possibile procedere all'assegnazione di immobili non divisibili senza aver prima accertato i rapporti di credito e di debito tra i condividenti (Cass. n. 2574/1985). La regola si spiega in considerazione di quanto prescrive l'ultimo comma della norma: «Il partecipante che ha pagato il debito in solido e non ha ottenuto il Ric. 2016 n. 11563 sez. S2 - ud. 28-04-2021 -4- ک ہ ا rimborso concorre nella divisione per una maggiore quota corrispondente al suo diritto verso gli altri condividenti>>. III. La giurisprudenza di legittimità ha talvolta dubitato che un risultato analogo sia configurabile nella divisione ereditaria, la cui disciplina non contiene una norma analoga a quella dell'art. 1115 c.c., che per la divisione ordinaria dispone l'incremento di quota del partecipante, in misura corrispondente al rimborso dovutogli». Pertanto, «se eredi legittimi sono soltanto i due figli del de cuius, ciascuno di essi ha diritto ad una metà del patrimonio relitto, senza che il coerede che abbia sostenuto oneri anche nell'interesse dell'altro possa vedersi riconoscere il diritto ad un corrispondente incremento della propria quota o anche soltanto alla scelta tra le quote uguali predisposte nel progetto di divisione, dovendosi ritenere che, a parità di quote, il metodo tendenziale di assegnazione, derogabili solo in presenza di situazioni di apprezzabile opportunità, sia quello del sorteggio previsto dall'art. 729 c.c.» (Cass. n. 2394/2009). IV. Innanzitutto si chiarisce che, nella giurisprudenza della Corte, si rinviene un diverso orientamento, il quale, proprio con riferimento all'identificazione del titolare della quota maggiore per gli effetti previsti dall'art. 720 c.c., ha riconosciuto l'applicabilità dell'art. 1115 c.c. anche nella divisione ereditaria (Cass. n. 1299/1991). A un attento esame, la soluzione di Cass. n. 2394 del 2009, ampiamente richiamata nel ricorso, non si può condividere, perché frutto di una lettura parziale delle norme sulla divisione ereditaria in tema di regolazione dei debiti dipendenti dalla comunione. In sede di divisione, sia di eredità che di cose comuni, non può prescindersi dall'obbligo del reciproco rendiconto tra i condividenti, data l'esigenza di accertare quanto spetti a ciascuno di essi sulla massa و د ر Ric. 2016 n. 11563 sez. S2 - ud. 28-04-2021 -5- da dividere ed essendo scopo del giudizio divisionale quello di definire tutti i rapporti inerenti alla comunione (Cass. n. 366/1985). Lo scopo della resa dei conti è quello di rendere definitivi e, quindi, liquidi debiti e crediti di ciascun condividente verso gli altri, determinati da eventuali atti di godimento separato di beni comuni o da eventuali atti di amministrazione compiuti nell'interesse comune. La ragione per la quale l'art. 723 c.c., nello stabilire l'ordine delle operazioni divisionali, esige che la resa del conto tra condividenti avvenga prima della «formazione dello stato attivo e passivo dell'eredità» risulta chiara da quanto dispone il secondo comma dell'art. 724 c.c.: ciascun coerede deve imputare alla sua quota» non solo le somme di cui era debitore verso il defunto, ma anche «quelle di cui è debitore verso i coeredi in dipendenza dei rapporti di comunione», cioè per debiti relativi alla gestione della comunione. Sono esclusi dall'imputazione i debiti che hanno una genesi diversa (Cass. n. 975/1967;
n. 1498/1974;
n. 1100/1977). V. È osservazione generalmente condivisa che il legislatore, pur riunendo formalmente «collazione e imputazione» nell'art. 724 c.c. e pur riunendo, sempre formalmente, imputazione dei debiti e imputazione delle donazioni nel successivo art. 725 c.c., ha tenuto separata la disciplina dei due istituti. Il secondo comma dell'art. 724 c.c. ha infatti riguardo esclusivo all'imputazione dei debiti;
ed il fatto che l'art. 725 c.c. accomuni le operazioni di prelevamento relative a beni donati e le operazioni di prelevamento relative ai debiti del coerede verso