Cass. pen., sez. I, sentenza 13/10/2022, n. 38771
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LAMANNA GIUSEPPE nato a BOTRICELLO il 19/10/1986 avverso l'ordinanza del 09/09/2021 del TRIB. LIBERTA' di CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO AUGUSTO MANCUSO;lette/sentite le conclusioni del PG PIERGIORGIO MOROSINI Il Procuratore Generale conclude per il rigetto del ricorso udito il difensore L'avvocato G VO difensore fiducia di LAMANNA GIUSEPPE insiste nei motivi del ricorso e ne chiede l'accoglimento RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 23 febbraio 2021, il Tribunale di Catanzaro, adito per il riesame, confermava l'ordinanza del 13 gennaio 2021 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di G L per il reato di partecipazione a un'associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di reati di riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento di valori, emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., di cui al capo provvisorio di imputazione "22", ipotesi di reato oggetto di un procedimento penale più ampio nel corso del quale era stato autorizzato lo svolgimento di intercettazioni, individuate con RIT 746/17 e RIT 1273/17, nei confronti di A G. Quest'ultimo era a sua volta indagato per il reato di partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso di cui all'art. 416-bis cod. pen., oggetto del provvisorio capo di imputazione "1" e per il reato di partecipazione, quale promotore, alla citata associazione a delinquere di cui al provvisorio capo di imputazione "22". Secondo l'ipotesi accusatoria, G si era avvalso della propria intraprendenza imprenditoriale per gestire in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese, per accaparrarsi appalti con enti pubblici - anche attraverso il potere intimidatorio derivante dal vincolo associativo - per incamerare illeciti profitti mediante condotte ai danni dell'Erario e degli enti previdenziali, compiute con modalità ingannevoli per il tramite di società cartiere. In particolare, G sarebbe stato il promotore di una organizzazione volta, mediante le citate società cartiere, ad emettere fatture per operazioni inesistenti;ad accumulare credito IVA con il quale estinguere i debiti verso l'Erario mediante compensazione;a prelevare la somma complessiva di denaro in più tranches mediante soggetti specificamente delegati;a ripartire le somme illecite ottenute, conferendole agli organizzatori dell'associazione per delinquere, ai sodali a titolo di provvigione e alle organizzazioni mafiose di riferimento. Sulla base delle citate conversazioni intercettate, il giudice del riesame affermava: che L aveva ricoperto la funzione di ragioniere personale di G;era consapevole sia del passato criminale, sia dell'attuale e concreto apporto alla criminalità organizzata fornito dallo stesso G;era stato coinvolto nel compimento di omaggi ai membri delle cosche 'ndrine di riferimento del sodalizio;aveva custodito documentazione inerente all'attività illecita;aveva elargito consigli e fornito supporto logistico a G;dunque, non si era limitato al ruolo di un mero ragioniere, ma aveva ricoperto il ruolo di un vero e proprio collaboratore. Il giudice del riesame riteneva infondate le doglianze difensive tendenti a negare l'utilizzabilità nei confronti di L delle citate intercettazioni di conversazioni.2. Avverso l'ordinanza del 23 febbraio 2021, la difesa di L proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra l'altro, la mancata valutazione e applicazione da parte del giudice del riesame dei principi di diritto espressi dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 277395-01, C, secondo la quale, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'art. 266 cod. proc. pen. 3. Con sentenza del 17 giugno 2021, la Quinta Sezione penale della Corte di cassazione accoglieva il ricorso di L limitatamente alla mancata valutazione circa la sussistenza di un'ipotesi di connessione ex art. 12 cod. proc. pen. ai fini del tema della diversità dei procedimenti ai sensi dell'art. 270 cod. proc. pen., secondo l'interpretazione fornita dalla citata sentenza delle Sezioni Unite. 4. Con ordinanza datata 9-10 settembre 2021, il Tribunale di Catanzaro, giudice del rinvio, confermava l'ordinanza genetica del 13 gennaio 2021. Il giudice del rinvio innanzitutto affermava la diversità dei titoli di reato di cui ai provvisori capi di imputazione "1" e "22" e notava che le intercettazioni di conversazioni erano state autorizzate formalmente per il solo reato di associazione di stampo mafioso. Lo stesso giudice riteneva sufficientemente motivati i decreti di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni e basava la propria valutazione sulla considerazione secondo la quale i citati provvedimenti avevano operato un rinvio integrale e indiretto alle annotazioni di polizia giudiziaria, le quali a loro volta avevano segnalato una piattaforma indiziaria in continua evoluzione, anche in relazione all'associazione criminosa di cui al capo provvisorio di imputazione "22". Il giudice del rinvio riteneva inoltre sussistente un'ipotesi di connessione tra i procedimenti, ai sensi dell'art. 12 cod. proc. pen., sulla base delle due seguenti considerazioni: da un lato, che dalla caratura criminale di G - personaggio estremamente attivo nel settore imprenditoriale, capace di sfruttare una rete di relazioni e di rapporti trasversali con varie consorterie della 'ndrangheta e capace anche di esercitare ingerenze nel mondo economico a favore delle predette consorterie - era possibile desumere la strumentalità dell'associazione di cui al provvisorio capo di imputazione "22" rispetto alla realizzazione del programma criminoso indeterminato dell'associazione mafiosa di cui al provvisorio capo di imputazione "1";dall'altro lato, che, indipendentemente dal periodo di contestazione delle due citate associazioni, quella di stampo mafioso aveva tra le proprie finalità l'acquisizione diretta e indiretta di attività economiche, obiettivo perseguito in concreto anche attraverso la realizzazione del sodalizio partecipato da L. 5. Avverso l'ordinanza del 9-10 settembre 2021 la difesa di L ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in sei motivi. 5.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato, richiamando l'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e lamentando violazioni degli artt. 309 e 627 cod. proc. pen. Il ricorrente sostiene che il giudice del rinvio avrebbe violato il principio di diritto fissato nella sentenza di annullamento del 17 giugno 2021, poiché, secondo le doglianze difensive, si sarebbe dovuto limitare a verificare la sussistenza di un'ipotesi di connessione e non avrebbe dovuto approfondire anche la questione relativa alla portata dei decreti di autorizzazione. Il ricorrente sostiene che la citata sentenza di annullamento avrebbe implicitamente escluso che i citati provvedimenti in materia di intercettazioni fossero riferibili anche al reato di cui al capo provvisorio di imputazione "22". 5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato, richiamando l'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e lamentando vizi di motivazione. Secondo le doglianze difensive, la motivazione del provvedimento ora impugnato sarebbe innanzitutto contraddittoria, laddove, da un lato, ha affermato la diversità tra il reato di associazione per delinquere semplice e il reato di associazione di stampo mafioso;dall'altro lato, ha ritenuto che i decreti di autorizzazione e proroga delle intercettazioni fossero riferibili anche al reato di associazione per delinquere di cui al capo provvisorio di imputazione "22". Il ricorrente sostiene che la motivazione del provvedimento ora impugnato sarebbe inoltre apparente, poiché, secondo le doglianze difensive, il solo richiamo alle annotazioni di polizia giudiziaria, tra l'altro nemmeno individuate in modo specifico, non permetterebbe di comprendere il percorso argomentativo seguito dal giudice. Infine, il ricorrente sostiene che la motivazione del provvedimento ora impugnato sia carente circa l'individuazione del numero di RIT delle intercettazioni e delle annotazioni di polizia giudiziaria che avrebbero integrato la motivazione dei decreti in materia di svolgimento delle intercettazioni. Perciò, secondo le doglianze difensive, il citato provvedimento avrebbe violato i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di motivazione per relationem.
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