Cass. pen., sez. V, sentenza 14/12/2022, n. 47329
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: T E nato a SPINEA il 22/08/1968 B F nato a DOLO il 27/02/1960 avverso la sentenza del 06/07/2021 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore O M che ha concluso chiedendo udito il difensore IN
FATTO E IN DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza con cui il giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale di Pordenone, in data 11.4.2018, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato T E e B F, nelle rispettive qualità, ciascuno alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai più fatti di bancarotta e ai reati tributari in rubrica loro ascritti, dichiarava non doversi procedere nei confronti dei predetti imputati in ordine al reato, di cui al capo B), perché estinto per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell'entità del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole agli imputati, confermando nel resto la sentenza impugnata.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l'annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione, con distinti atti di impugnazione, i suddetti imputati.
2.1. In particolare, nel ricorso a firma dell'avv. L S, la T lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di determinazione dell'entità del trattamento sanzionatorio, non avendo la corte considerato il ruolo di secondo piano svolto dalla T, formale titolare di tre società cartiere, nella sua qualità di mero prestanome del vero dominus dell'intera vicenda, il coimputato L A, senza tacere l'ulteriore violazione di legge, con riferimento al disposto dell'art. 192, c.p.p., in ordine alle dichiarazioni con cui il L ha affermato di avere condiviso i proventi del reato con i coniugi Barina-T;
2) violazione di legge in ordine al ritenuto concorso del reato ex art. 10, clAgs n. 74 del 2000, con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, non configurabile nel caso, come quello in esame, in cui l'Erario è l'unico creditore;
3) violazione di legge in punto di affermazione dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale in capo alla T;
4) violazione di legge in punto di mancata qualificazione della condotta in termini di bancarotta documentale semplice;
5) violazione di legge con riferimento al ritenuto concorso tra i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale di bancarotta impropria per operazioni dolose;
6) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 219, n. 2), I. fall. e di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza;
7) violazione di legge in punto di determinazione della pena, essendo eccessivo l'aumento operato a titolo di continuazione sulla pena-base 2.2. Nel ricorso del Barina, marito della T, sempre a firma dell'avv. Spampatti, vengono reiterati gli stessi motivi di ricorso, con l'aggiunta di un motivo specifico con cui si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza in capo all'imputato della qualità di amministratore di fatto delle società fallite.
3. Con requisitoria scritta del 27.7.2022, depositata sulla base della previsione dell'art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili 4. I motivi posti a fondamento di entrambi i ricorsi appaiono inammissibili, ma la sentenza impugnata va comunque annullata con rinvio per nuovo esame, limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie "fallimentari" per le ragioni di seguito indicate.
4.1. Iniziando con i motivi comuni a entrambi i ricorrenti, non può non rilevarsi l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto con esso vengono poste questioni sul merito della dosimetria della pena, non scrutinabili in sede di legittimità. La corte territoriale, del resto, nella parte della motivazione della sentenza oggetto di ricorso dedicata alla determinazione dell'entità del trattamento sanzionatorio, ha fatto specifico riferimento alla particolare gravità dei reati per cui si procede, alla gravità del danno arrecato con essi, alla intensità del dolo degli imputati e alla mancanza di condotte risarcitorie da questi ultimi poste in essere successivamente alla commissione dei reati, con una valutazione che dimostra con assoluta evidenza come i criteri di cui all'art. 133, c.p., siano stati osservati non solo ai fini della determinazione degli aumenti applicati sulla pena-base ai fini della continuazione e della esclusione dei benefici contemplati dagli artt. 163 e 175, c.p., ma anche della dosimetria della stessa pena- base (cfr. pp. 16-17). Inammissibile appare anche il secondo rilievo, articolato nel primo motivo di ricorso, con il quale si deduce l'inutilizzabilità della chiamata di correo del L nei confronti dei ricorrenti, per violazione del disposto dell'art. 192, co. 3, c,p.p., posto che, come affermato dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (cfr. Cass., Sez. 2, n. 7986 del
udita la relazione svolta dal Consigliere A G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore O M che ha concluso chiedendo udito il difensore IN
FATTO E IN DIRITTO
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza con cui il giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale di Pordenone, in data 11.4.2018, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato T E e B F, nelle rispettive qualità, ciascuno alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai più fatti di bancarotta e ai reati tributari in rubrica loro ascritti, dichiarava non doversi procedere nei confronti dei predetti imputati in ordine al reato, di cui al capo B), perché estinto per prescrizione, con conseguente rideterminazione dell'entità del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole agli imputati, confermando nel resto la sentenza impugnata.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l'annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione, con distinti atti di impugnazione, i suddetti imputati.
2.1. In particolare, nel ricorso a firma dell'avv. L S, la T lamenta: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di determinazione dell'entità del trattamento sanzionatorio, non avendo la corte considerato il ruolo di secondo piano svolto dalla T, formale titolare di tre società cartiere, nella sua qualità di mero prestanome del vero dominus dell'intera vicenda, il coimputato L A, senza tacere l'ulteriore violazione di legge, con riferimento al disposto dell'art. 192, c.p.p., in ordine alle dichiarazioni con cui il L ha affermato di avere condiviso i proventi del reato con i coniugi Barina-T;
2) violazione di legge in ordine al ritenuto concorso del reato ex art. 10, clAgs n. 74 del 2000, con il reato di bancarotta fraudolenta documentale, non configurabile nel caso, come quello in esame, in cui l'Erario è l'unico creditore;
3) violazione di legge in punto di affermazione dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale in capo alla T;
4) violazione di legge in punto di mancata qualificazione della condotta in termini di bancarotta documentale semplice;
5) violazione di legge con riferimento al ritenuto concorso tra i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale di bancarotta impropria per operazioni dolose;
6) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 219, n. 2), I. fall. e di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza;
7) violazione di legge in punto di determinazione della pena, essendo eccessivo l'aumento operato a titolo di continuazione sulla pena-base 2.2. Nel ricorso del Barina, marito della T, sempre a firma dell'avv. Spampatti, vengono reiterati gli stessi motivi di ricorso, con l'aggiunta di un motivo specifico con cui si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza in capo all'imputato della qualità di amministratore di fatto delle società fallite.
3. Con requisitoria scritta del 27.7.2022, depositata sulla base della previsione dell'art. 23, co. 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili 4. I motivi posti a fondamento di entrambi i ricorsi appaiono inammissibili, ma la sentenza impugnata va comunque annullata con rinvio per nuovo esame, limitatamente alla determinazione della durata delle pene accessorie "fallimentari" per le ragioni di seguito indicate.
4.1. Iniziando con i motivi comuni a entrambi i ricorrenti, non può non rilevarsi l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto con esso vengono poste questioni sul merito della dosimetria della pena, non scrutinabili in sede di legittimità. La corte territoriale, del resto, nella parte della motivazione della sentenza oggetto di ricorso dedicata alla determinazione dell'entità del trattamento sanzionatorio, ha fatto specifico riferimento alla particolare gravità dei reati per cui si procede, alla gravità del danno arrecato con essi, alla intensità del dolo degli imputati e alla mancanza di condotte risarcitorie da questi ultimi poste in essere successivamente alla commissione dei reati, con una valutazione che dimostra con assoluta evidenza come i criteri di cui all'art. 133, c.p., siano stati osservati non solo ai fini della determinazione degli aumenti applicati sulla pena-base ai fini della continuazione e della esclusione dei benefici contemplati dagli artt. 163 e 175, c.p., ma anche della dosimetria della stessa pena- base (cfr. pp. 16-17). Inammissibile appare anche il secondo rilievo, articolato nel primo motivo di ricorso, con il quale si deduce l'inutilizzabilità della chiamata di correo del L nei confronti dei ricorrenti, per violazione del disposto dell'art. 192, co. 3, c,p.p., posto che, come affermato dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (cfr. Cass., Sez. 2, n. 7986 del
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